“In pratica Panebianco, dopo aver esaltato la Gelmini come uno dei migliori ministri di questo governo (è vero che ci vuole poco ad essere sopra la media, … )” Diego Gavini 4.10.2010
“La Riforma [costituzionale] non è perfetta, ma i suoi nemici hanno torto” Angelo Panebianco 10.5.2016
“Per il futuro vedremo ma la verità è che, fino a questo momento, il ministro Gelmini ha fatto pochi errori. I provvedimenti fino ad ora adottati sono di buon senso e per lo più tesi ad arrestare il degrado della scuola.” Angelo Panebianco 28.9.2008
“O le parole per nulla critiche nei confronti della Gelmini pronunciate (a proposito della polemica sull’impreparazione di certi insegnanti meridionali) da uno che di scuola se ne intende: l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer.” Angelo Panebianco 28.9.2008

I danni da incuria nella nostra scuola

Bisogna chiedersi se il nostro sistema educativo non sia diventato, per una parte non piccola, un sistema (dis)educativo, un sistema che produce ignoranza anziché istruzione

Per capirlo bisogna guardare a ciò di cui quasi tutti, da sempre, si disinteressano: la scuola e quanto accade in essa. Bisogna chiedersi se il nostro sistema educativo non sia diventato, per una parte non piccola, un sistema (dis)educativo, un sistema che produce ignoranza anziché istruzione, incultura anziché cultura.

Nella scuola italiana ci sono due categorie di insegnanti. La prima è composta da persone di qualità, che si dedicano con passione e sacrifici all’insegnamento (e fortunati gli studenti che li incontrano) . Sono insegnanti che remano contro, refrattari allo spirito del tempo, che cercano , fra mille difficoltà, di dare davvero istruzione ai ragazzi di cui sono responsabili. Ma ci sono purtroppo anche gli altri, ci sono presidi (non tutti , naturalmente) che non vogliono bocciature per timore dei ricorsi ai Tar, e insegnanti rassegnati (o anche semplicemente incapaci) che seguono la corrente: la tacita e generale richiesta è che si promuovano gli impreparati? Che problema c’è? Li promuoviamo e basta.

E’ interessante il fatto che nel Paese ove i diplomi hanno valore legale e dove , per di più, vige l ‘obbligatorietà dell’azione penale , presidi e insegnanti di certi istituti superiori noti per il fatto di dare voti altissimi a tutti non siano mai stati perseguiti (e nemmeno indagati) per falso ideologico e truffa. Ed è significativo che la classe politica, da decenni, non riesca a esprimere un vero ministro della pubblica istruzione. Un vero ministro, infatti, si preoccuperebbe di capire il perché di tanto lassismo e proporrebbe rimedi. Al di là di quale soglia una massa di diplomati , ma ormai da un pezzo anche laureati, senza qualità e senza vera istruzione, comincia a esercitare effetti negativi sulla sfera pubblica? Forse quella soglia è stata superata.

Non si fraintenda, questa non è una lamentazione per il fatto che ad avere voce in capitolo sulla cosa pubblica non siano soltanto i più istruiti, «color che sanno». Per niente. Costoro in varie occasioni si sono dimostrati non meno ottusi di altri. Chi scrive non ha mai condiviso la tesi di Umberto Eco secondo cui uno che legge libri, per definizione, ne vale due che non lo fanno. Niente , inoltre, ha forse danneggiato di più la causa della libertà in Occidente che la «politica degli intellettuali», quasi sempre oscillante fra velleitarismo ,disinformazione, e disponibilità a legarsi al carro di partiti illiberali.

Qui il problema è un altro. Che cosa ha reso possibile, ad esempio, la diffusione di tante insensatezze sui vaccini, i grandi ascolti di cui ha goduto la campagna no-vax? E ancora: a quale segmento di pubblico si rivolgono coloro che sono impegnati — come ha notato il presidente della Accademia della Crusca Claudio Marazzini (La Stampa, 21 gennaio) — in una guerra senza quartiere contro la lingua italiana, e contro la «casta» composta da coloro che ne sanno fare un uso corretto?

Le gradazioni sono pressoché infinite ma possiamo dire , semplificando, che ci sono tre tipi di cittadini. Il primo è dotato di una istruzione superiore formale ma dispone anche di una , più o meno ragguardevole, ma comunque autentica , cultura , letteraria o scientifica che sia. Il secondo è privo di istruzione superiore ma è anch’egli colto: dispone di un «sapere pratico», di una intelligenza delle cose, che lo qualificano come una persona competente e capace nel suo lavoro (quale che esso sia) e degno di essere ascoltato per tutto ciò di cui ha esperienza e conoscenza. Il terzo tipo, infine, è il prodotto della decadenza dei sistemi educativi: dispone di titoli di istruzione superiore (diploma o laurea) ma a quei titoli non corrispondono conoscenze e competenze. In compenso, possiede l’arroganza di chi crede che basti il possesso di un diploma per attestare le suddette conoscenze e competenze. E’ la presenza di questo terzo tipo la causa principale del deterioramento (oltre che delle varie professioni) anche della sfera pubblica, della democrazia. Circola un fotomontaggio ispirato al film Guerre Stellari: un candidato-premier con la spada-laser in mano grida: «Che la forza sarebbe con voi». La battuta è fiacca. La fantasia non riesce a tener dietro alla realtà.

 23 gennaio 2018 (modifica il 23 gennaio 2018 | 21:10)
http://www.corriere.it/opinioni/18_gennaio_24/i-danni-incuria-0a8d18a0-0075-11e8-9961-f20884a97d4b.shtml
http://rstampa.pubblica.istruzione.it/utility/imgrs.asp?numart=7JTGG4&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1

Il patto (con scambio) che ha rovinato la scuola
L’unico scopo è stato assorbire occupazione Non importa se gli insegnanti siano capaci o no. Importa solo che siano tanti (quindi, inevitabilmente, mal pagati)
Un disegno di Doriano SolinasUn disegno di Doriano Solinas

Il patto di cui parlo venne tacitamente siglato fra la Democrazia Cristiana, allora al potere, e i sindacati della scuola, e coinvolse anche il Partito comunista. Il patto venne sottoscritto con il consenso tacito dell’opinione pubblica (disinteressata e spesso complice quasi tutta la classe colta, gli intellettuali). I termini del patto erano i seguenti: la scuola ha un unico vero scopo , assorbire occupazione . Non importa se gli insegnanti reclutati siano capaci o no, preparati o no. Importa solo che siano tanti (il che significa , inevitabilmente , mal pagati) . E neppure importa che siano condannati a una lunga e umiliante esperienza di precariato. Gli effetti di tutto ciò sulla qualità dell’ insegnamento erano, per i contraenti del patto, irrilevanti. Anche perché l’assenso degli utenti, famiglie e studenti, poteva essere ottenuto grazie al valore legale del titolo di studio. Ciò che conta è il diploma, il pezzo di carta. Non ha importanza che dietro quel pezzo di carta ci sia o no una solida formazione. Per giunta, contribuiva al mantenimento del patto un clima culturale nel quale il diritto costituzionale allo studio era da molti interpretato come diritto al diploma.

Nell’età post- democristiana le cose non sono cambiate. Non ci sono più quegli attori politici ma l’eredità che hanno lasciato è sempre viva. Tutto ciò che ha a che fare con i processi educativi continua ad essere trattato nello stesso modo. Si pensi all’ultima imbarcata di precari: l’importante era assumere docenti. Il fatto che fossero competenti o no era irrilevante. E tanto peggio per il congiuntivo.

Sappiamo, ad esempio, da molti anni, che uno dei gravi problemi della scuola riguarda l’insegnamento della matematica. Le carenze in questo campo sbarrano di fatto, a tanti futuri studenti universitari, l’ingresso nei corsi di laurea scientifici. La ragione per cui tanti giovani si orientano verso le umanistiche (nonostante le minori probabilità di occupazione post- laurea) anziché verso le scientifiche, ha a che fare con questo problema. Ma qualcuno forse, in tutti questi anni, se ne è mai preoccupato? La ministra Fedeli ha ribadito, anche in questa occasione, ripetendo un antico ritornello, che occorrono più «laureati». Mi dispiace ma detto così non è vero. Occorrono più laureati ( anzi, tanti di più) in materie scientifiche. Ne occorrono di meno in materie umanistiche e quei «meno» dovrebbero essere tutti di qualità elevata.

Il Tar del Lazio, in fondo, si è uniformato a un antico andazzo. L’Università di Milano vuole il numero chiuso per garantire la qualità dell’insegnamento? E perché mai dovremmo preoccuparci di una cosa simile? Poi c’è, naturalmente, il paravento della legge. Che però deve essere interpretata. I sistemi giuridici sufficientemente flessibili da essere al servizio degli umani (a differenza di quelli che mettono gli umani al proprio servizio) tengono conto degli stati di necessità. Per rispettare quel rapporto studenti/docenti che è necessario per garantire la qualità dell’insegnamento, l’Università di Milano ha optato per il numero chiuso. Ma poiché la qualità dell’insegnamento non ha alcun valore agli occhi di tanti, lo stato di necessità non è stato riconosciuto e accettato.

Non ci si deve meravigliare se ci sono tanti diplomati e laureati ignoranti. Ciò che invece fa meraviglia (è questo il vero mistero da risolvere) è il fatto che ci siano anche, a dispetto dei santi, molti giovani bravi e preparati, nonché molti docenti bravi e preparati. Sono questi ultimi «i singoli insegnanti appassionati che dedicano, controcorrente, la loro vita agli studenti » (Nuccio Ordine, sul Corriere di ieri).

È tutto abbastanza chiaro: la sentenza del Tar è figlia di una lunga tradizione nazionale. Resta però la curiosità di sapere qualcosa su questi giudici del Tar del Lazio, da molti anni impegnati, come ricordava ieri Aldo Grasso, a dire «no» a tanti provvedimenti positivi. A differenza di ciò che capita nel caso di altre istituzioni, dal Parlamento alla Corte costituzionale, abbiamo idee vaghe sui criteri di reclutamento e sulla composizione. Tenuto conto dell’importanza assunta dalle loro decisioni, ciò meriterebbe più attenzione.

http://www.corriere.it/opinioni/17_settembre_04/patto-politica-che-ha-rovinato-scuola-694e3da2-90da-11e7-8eb0-0c961f9191ec.shtml

L’ARTICOLO DI PANEBIANCO SUL CORRIERE DI OGGI.

di Stefania Fabris da ReteScuole, 28.9.2008

Eccolo finalmente (eravamo in astinenza!) l’ulteriore articolo “chiarificatore” di Angelo Panebianco sulla scuola: un disco rotto di slogan e di autocitazioni (siamo addirittura all’ipse dixit riferito a se stessi!), di contraddizioni a non finire. Poi l’arroganza di chi ritiene di avere dalla propria il buon senso e la verità, a fronte dell’ideologia, quella cattiva che è sempre quella degli altri, rievocando addirittura il complotto clerico-comunista. E giù bacchettate a Veltroni che non mantiene le promesse nei confronti degli interessi di quella parte di elettorato “moderno e riformista”, che l’ha sostenuto grazie al discorso del Lingotto…!E poi naturalmente gli insulti, pessimi, infondati e abbondanti, nei confronti della scuola, che è come l’Alitalia, che è un disastro rispetto alla preparazione dei giovani, che è un covo strabordante di insegnanti pezzenti, cogestito in modo clientelare da politica e sindacato per ragioni elettorali. Non intendo parlare di Veltroni, né dell’Alitalia, né degli evidenti drammatici e penosi problemi dei giornalisti e della stampa che, poveretti, dovendo sbarcare anch’essi il lunario sotto la minaccia di essere precari, magari per improvvisa retrocessione, insultano la propria stessa intelligenza. Sono questioni sociali di cui mi interesso da semplice cittadina e su cui faccio veramente fatica a capire tante cose. Ma sulla scuola, noi insegnanti di professione abbiamo il dovere di rinviare al mittente le affermazioni più false.

1. NON E’ VERO CHE LA SCUOLA ITALIANA NEI CONFRONTI INTERNAZIONALI RAGGIUNGE RISULTATI SCADENTI nella preparazione dei ragazzi. Semplicemente non è vero: i risultati sono decisamente positivi, apprezzabili e anche molto apprezzati all’estero specificamente per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e il sistema dei licei. Per quanto riguarda la scuola secondaria superiore nel Nord del Paese raggiungono ottimi risultati, decisamente al di sopra della stramaledetta media OCSE, anche gli Istituti tecnici. RISULTATI scadenti sono raggiunti purtroppo invece dalla scuola privata a livello di superiori in tutto il Paese e dall’istruzione professionale in genere, ma soprattutto dalla formazione professionale gestita a livello regionale, con picchi di negatività al Sud. I settori del sistema scuola che rispetto alle ultime rilevazioni si sono mantenuti fedeli ai programmi elaborati nella seconda metà degli anni ’80 fino all’inizio degli anni ’90, nonostante l’errore madornale (questo sì per la volontà e comunque l’accondiscendenza di Berlinguer e della CGIL) dell’autonomia scolastica, hanno raggiunto i risultati positivi di cui si diceva. Tali risultati sono il frutto di una valutazione internazionale, sono pubblici, e sono scritti nero su bianco al di là di tutta una serie di considerazioni che è pur giusto comunque fare, ma soprattutto al di là dei pregiudizi e delle bufale montate dai poveri giornalisti! Il settore su cui abbiamo meno dati, ma che sappiamo essere invece in sofferenza è, a parte la scuola secondaria privata, ancorché paritaria, e la formazione professionale anche e soprattutto realizzata attraverso i percorsi integrati voluti da Moratti, la scuola media, cioè il settore più selvaggiamente morattizzato.Infatti vorrei ricordare che mentre l’indagine ultima sui bambini della primaria riguardava la classe IV nel 2007, quindi bambini che non hanno usufruito in modo massiccio dei disastri della Legge53/2003, i ragazzi della media valutati nel 2007 erano già tutti entrati nel 2004 con la riforma Moratti.

2. L’ATTUALE MOBILITAZIONE DEGLI INSEGNANTI CONTRO L’INTERVENTO DISTRUTTIVO DEL DECRETO GELMINI È EFFETTIVAMENTE TESA A DIFENDERE LO STATUS QUO DI TUTTI GLI ASPETTI POSITIVI DEL SISTEMA SCUOLA IN ITALIA visto che tale decreto va a colpire proprio quei settori più produttivi che derivano in parte da una lunga tradizione ( si pensi all’impianto gentiliano del liceo classico) e in parte da una ventennale attività di ricerca e di sperimentazione che ha visto protagonisti la scuola, il Ministero e l’Università e che, non senza difficoltà e conflitti, ha comunque prodotto quei programmi per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di cui possiamo assolutamente vantarci a tutt’oggi. Da quei Programmi della scuola primaria, datati 1985, è derivata, dopo lunga e capillare sperimentazione, la legge del ’90 citata da Panebianco che ha posto fine all’esperienza del maestro unico. Questo nella scuola statale, non nella privata dove le logiche del profitto hanno sempre risparmiato sugli insegnanti, allora come oggi. Ma c’è di più: negli anni ’90 si è proceduto all’innalzamento della preparazione dei maestri con la nascita del corso di laurea in scienze della formazione primaria e con l’abrogazione dell’Istituto magistrale che ancora formava questo grado di insegnanti. Ma mentre da un lato si procedeva in questa direzione, dall’altro avanzava l’idea di privatizzare e di disinvestire denaro pubblico in un’istituzione che, molto erroneamente, si pensava avesse esaurito la sua forza propulsiva e avesse raggiunto lo scopo necessario e sufficiente per una società che galoppava verso la globalizzazione. Questo doppio vincolo ha avuto un unico, inequivocabile ed inqualificabile esito: la precarizzazione, ma soprattutto la dequalificazione del corpo insegnante. Connivente, in questo sì davvero, il sindacato e segnatamente la CGIL. E così non sono stati più banditi concorsi pubblici per il reclutamento, sono stati realizzati i peggiori obbrobri : corsi di riconversione professionale, sanatorie di ogni tipo, riconoscimento al 100% del punteggio maturato nelle scuole private, fino ai corsi di abilitazione speciali gestiti dall’Università e a pagamento. Sul punto effettivamente non è ancora arrivato qualcuno a denunciare l’Università per ciò di cui si è resa colpevole: mentre da un lato gestiva corsi quadriennali a numero chiuso, dall’altro conferiva la stessa abilitazione su un corso di sei mesi, in parte on-line, mentre istituiva la lodevolissima esperienza delle SSIS ( come in Francia come ovunque in un Paese civile) accettava sottobanco ogni genere di sconto, abbreviazione, corso speciale ex articolo pinco pallino. Anche lì, naturalmente per sopravvivere, anche loro poveretti con le pezze…Ma con questo siamo arrivati alla cronaca, ovvero al conto alla rovescia iniziato per la scuola statale con l’ingresso nel terzo millennio e poi nel lungo governo Berlusconi.

3. La SCUOLA ITALIANA HA CRITICITA’, certamente, criticità che condivide con tutti i Paesi avanzati, e poi criticità specifiche derivanti dalla sua storia e prodotte soprattutto dalle scelte politiche degli ultimi dieci anni. Non c’è alcun degrado da fronteggiare, non c’è alcuna emergenza bullismo. C’è una forte emergenza “ballismo” come giustamente denunciano gli striscioni di questi giorni dei ragazzi dei migliori licei del Paese.

4. I PROVVEDIMENTI PRESI DAL MINISTRO GELMINI SONO PROFONDAMENTE ERRATI perché non affrontano nessuna delle reali criticità, creano problemi inutili, sono figli della peggiore demagogia, tagliano risorse preziose senza razionalizzare gli sprechi reali che pure ancora ci sono, tolgono fiducia, continuità e speranza a insegnanti e genitori. Trovo semplicemente aberrante la proposta di abbassare il livello dei programmi per tutti gli ordini di scuola e segnatamente per la scuola primaria come inevitabile contropartita del maestro unico. Trovo immotivata ed isterica la proposta del 5 in condotta ( quando avevamo già lo strumento dell’allontanamento in casi gravissimi di problemi comportamentali) come se gli insegnanti non avessero altra carta a disposizione, a fronte delle situazioni difficili che devono affrontare con competenza professionale, che la minaccia autoritaria. Non ritengo in alcun modo accettabile che d’autorità si imponga agli insegnanti non un nuovo sistema di valutazione, magari più in linea con altri sistemi a livello internazionale ( magari!), ma il non sistema di Tremonti che con tanti studi di matematica che deve aver pur fatto per essere un’economista, confonde scale ordinali con scale numeriche.

5. Voglio essere propositiva: ritengo che SE LO STATO VUOLE RISPARMIAREsulla scuola perché vuole finanziare CAI, piuttosto che la guerra, piuttosto che il Ponte sullo Stretto, possa farlo eliminando il finanziamento alle scuole private, l’insegnamento della religione cattolica, i finanziamenti alle Regioni che poi finanziano aziende che fanno i loro privati interessi nelle scuole, i finanziamenti all’industria dei ciclomotori, piuttosto che di software per passivizzare e rendere criticamente impotenti i giovani a cui lasciamo il fardello di questa bella società.

6. Infine per quanto mi riguarda, rispetto a quei “fino a 7000” euri virtuali che, se mi comporto bene e mi vendo l’anima, potrei anche avere nel 2012 ( o 3012, non ricordo), dico subito che li devolvo volentieri alla scuola. Non ce li ho ancora, non li avrò mai, ma li devolvo!! Se poi la scuola statale non ci sarà più li devolverò a chi ne avrà più bisogno. Chissà se esisterà ancora una libera informazione ….

http://win.gildavenezia.it/docs/Archivio/2008/sett2008/articolo_panebianco.htm


DEMOCRATICI E CASO SCUOLA

Il riformismo bocciato

di Angelo Panebianco – 28 settembre 2008

Walter Veltroni, nell’eccellente discorso del Lingotto (27 giugno 2007) con cui ufficializzò la sua candidatura a leader del Partito democratico, e nei discorsi dei mesi successivi, mise a punto la carta di identità di una moderna sinistra riformista proponendola al neonato partito. Veltroni batteva allora con vigore su un tasto: il Partito democratico avrebbe sviluppato una reale capacità di intercettare le aspirazioni degli elettori e dei ceti sociali più dinamici e orientati alla modernizzazione del Paese, solo se avesse abbandonato, su un ampio arco di problemi, le posizioni conservatrici che avevano in passato caratterizzato la sinistra. La visione articolata da Veltroni appariva allora forte ed efficace ma restavano sospesi due interrogativi. Sarebbe egli riuscito a imporre un così radicale cambiamento di prospettiva a tanti militanti fino ad allora di diverso orientamento? Sarebbe riuscito, soprattutto, a ottenere un riposizionamento e un rinnovamento, culturale e di proposte, di quel sindacato (la Cgil in primo luogo) il cui appoggio è necessario a un partito di sinistra riformista? Non solo quel riposizionamento del sindacato non c’è stato ma è lo stesso Partito democratico a reagire oggi alle difficoltà suscitate dalla sconfitta ritornando sui propri passi, abbandonando la strada del rinnovamento, ridando spazio a quelle posizioni conservatrici che il Veltroni del Lingotto sembrava determinato a combattere.

Il miglior test per sondare lo «spessore riformista» di un partito italiano consiste nel valutare le posizioni che esso assume sulla scuola. La scuola pubblica è come l’Alitalia: rovinata da decenni di management interessato a garantirsi clientele e da un sindacalismo cui si è consentito di cogestirla con gli scadenti risultati (in tema di preparazione dei ragazzi) che i confronti internazionali ci assegnano. Solo che nel caso della scuola pubblica non ci sono cordate di imprenditori o compagnie straniere cui affidarla. Proprio nel caso della scuola il Partito democratico sta fallendo il test sullo spessore riformista. Perché ha scelto ancora una volta (come faceva il Pci/Pds/Ds) di accodarsi acriticamente alle posizioni della Cgil, di un sindacato che, in concorso con altri, porta pesanti responsabilità per lo stato disastrato in cui versa la scuola, un sindacato interessato solo alla difesa dello status quo (come è successo, del resto, nel caso di Alitalia fin quando ha potuto). Prendiamo la questione del ritorno al maestro unico deciso dal ministro Gelmini. Sembra diventato, per la sinistra, sindacale e non, il simbolo del «vento controriformista» che soffierebbe oggi sulla scuola. Al punto che, come è accaduto a Bologna, si arriva persino a far sfilare i bambini contro il ministro (nel solco di una tradizione italiana, antica e spiacevole, di uso dei bimbi per fini politici). Si fa finta di dimenticare che la riforma della scuola elementare del 1990, quella che abolì il maestro unico, fu un classico prodotto del consociativismo politico-sindacale che caratterizzava tanti aspetti della vita repubblicana. Nel caso della scuola funzionava allora un’alleanza di fatto fra Dc, Pci e sindacati. L’abolizione del maestro unico fu dettata esclusivamente da ragioni sindacali.

E’ antipatico citarsi ma alla vigilia dell’approvazione della legge scrissi su questo giornale: «Nonostante le nobili e altisonanti parole con cui l’operazione viene giustificata la ratio è una soltanto: bloccare qualsiasi ipotesi di ridimensionamento del personale scolastico come conseguenza del calo demografico e anzi porre le premesse per nuove, massicce, assunzioni di maestri. Non a caso sono proprio i sindacati i più entusiasti sostenitori della riforma (…) Questa classe politica ha sempre trattato così la scuola, incurante delle esigenze didattiche ma attentissima a quelle sindacali» (Corriere della Sera, 22 novembre 1989). Veltroni e il Partito democratico dovrebbero spiegarsi: è quella cosa lì che, ancora una volta, vogliono difendere? Per il futuro vedremo ma la verità è che, fino a questo momento, il ministro Gelmini ha fatto pochi errori. I provvedimenti fino ad ora adottati sono di buon senso e per lo più tesi ad arrestare il degrado della scuola. Ma, anziché riconoscerlo e dare il proprio contributo di idee e di proposte (come dovrebbe fare un vero partito riformista, ancorché all’opposizione), il Partito democratico preferisce ripercorrere l’antica strada: quella della «mobilitazione», della sponsorizzazione dei sindacati, anche quando questi difendono posizioni indifendibili.

Non è casuale che proprio sulla scuola la Cgil si appresti a fare lo «sciopero generale ». Difende un potere di cogestione che viene da lontano e che ha contribuito a danneggiare assai la scuola (dove la quasi totalità delle risorse se ne va in stipendi a insegnanti troppo numerosi, mal pagati e mal selezionati). Un potere di cogestione che fino ad oggi ha sempre potuto contare sulla complicità di governi e opposizioni. Non è plausibile che nel Partito democratico siano tutti felici di queste scelte (che danno un brutto colpo alla credibilità del Pd come partito riformista). E infatti non è così. Ricordo un intervento critico di Claudia Mancina (Il Riformista) sulle attuali posizioni del Pd sulla scuola. O le parole per nulla critiche nei confronti della Gelmini pronunciate (a proposito della polemica sull’impreparazione di certi insegnanti meridionali) da uno che di scuola se ne intende: l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer. Sarebbe bene che anche molti altri, dentro il Partito democratico, venissero allo scoperto. Ha senso continuare a trattare la scuola pubblica come un «dominio riservato» del sindacalismo?

28 settembre 2008

http://www.corriere.it/editoriali/08_settembre_28/editoriale_riformismo_bocciato_panebianco_c530a266-8d2b-11dd-90cc-00144f02aabc.shtml


In pratica Panebianco, dopo aver esaltato la Gelmini come uno dei migliori ministri di questo governo (è vero che ci vuole poco ad essere sopra la media, dati i nostri ministri, ma indicare Mariastella come uno dei migliori è già chiaro segno di capire poco di politica) si rammarica del procrastinamento della discussione sul ddl Gelmini alla Camera. Come ci racconta infatti il giornalista del Corriere, con la situazione politica che si è creata, rimandare è un rischio, perché il governo potrebbe cadere da un giorno all’altro. E se cadesse, la riforma finirebbe in un nulla di fatto. Tale evento, che suscita le speranze di ogni studente sano di mente, è invece additato da Panebianco come un grandissimo rischio, perché: “La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università“.

https://unileftorvergata.wordpress.com/tag/angelo-panebianco/


La Riforma non è perfetta, ma i suoi nemici hanno torto

Non esiste alcun progetto autoritario dietro il piano del governo: ci sono molti interessi che alimentano la coalizione del no, ma il punto è che in politica il buon senso è raro
http://www.corriere.it/opinioni/16_maggio_11/i-troppi-nemici-riforma-e37368e2-16d2-11e6-a3a2-ca09c5452a5d.shtml
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https://www.tuttoscuola.com/la-riforma-meritocratica-delluniversit-e-della-scuola-aiuterebbe-luscita-dalla-crisi-ma/

Poiché sembra che la Gelmini (detta anche GeLLLmini) sia particolarmente cattiva, occorre darle il merito che ha: nessuno. Coloro che con metodo, denaro ed un lavoro decennale di lobbying hanno prodotto la riforma nota come Gelmini è la TreeLLLe, un’associazione patrocinata da Confindustria.
http://www.fisicamente.net/SCUOLA/index-1895.htm
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Associazione Treellle – Memoria “Buona Scuola” – novembre 2014
http://www.treellle.org/files/lll/Memoria%20buona%20scuola.pdf

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