I falsi miti sul sistema retributivo (ultime notizie)

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di Lorenzo Torrisi, il Sussidiario, 5.2.2018

– Riforma pensioni novità 2018, oggi 5 febbraio. I falsi miti sul sistema retributivo. Tutte le novità e le ultime notizie sui principali temi previdenziali.

Giuliano Cazzola ritiene che nella testa degli italiani si sia fatta larga l’errata idea che “per fare giustizia sarebbe indispensabile ricalcolare con il metodo contributivo i trattamenti erogati con quello retributivo”. Con un articolo pubblicato su Il diario del lavoro, l’ex deputato ricorda infatti che l’Inps ha riconosciuto che per quanto riguarda le pensioni dei magistrati, “l’eventuale ricalcolo con il sistema contributivo non ridurrebbe di molto l’importo degli assegni perché tale metodo premia proprio chi accumula molti anni di contributi e ritarda il pensionamento”. Cazzola specifica quindi che “il sistema retributivo non è una sorta di Eldorado se messo a confronto con gli stenti e lo stridore di denti imposti dal  contributivo. Un lavoratore ‘povero’ diventa un pensionato ‘povero’ in ambedue i sistemi. Un lavoratore ad alto reddito, invece, è maggiormente penalizzato, sul piano del rendimento dei suoi contributi, dal calcolo retributivo che non da quello contributivo”.

“Nel primo sistema, infatti, i lavoratori effettuano i versamenti sull’intera retribuzione percepita, ma il rendimento è pari al 2% per ogni anno di servizio fino a 45mila euro di stipendio. Per le quote eccedenti, invece, l’aliquota è decrescente (dal 2% fino allo 0,90%). In pratica il percettore di una retribuzione elevata che  vada in quiescenza col retributivo e 40 anni di versamenti  non percepisce l’80%  canonico della retribuzione pensionabile, ma il 60%”. Cazzola ricorda anche che nel retributivo “la pensione è sottoposta ad un tetto massimo di 40 anni: quelli lavorati in più subiscono il  prelievo sulla retribuzione, ma ‘non fanno’ anzianità”.

FASSINA, “PD-BONINO SBAGLIANO TUTTO SULLE PENSIONI”

Ancora un intreccio tra pensioni ed elezioni in queste ore caldissime di campagna elettorale: dopo lo sfogo di Sibilia ora è Stefano Fassina, Sinistra Italiana-LeU, ad intervenire sui social per attaccare le ultime proposte contenute nel programma del Pd. In particolare, a non convincere per nulla il politico di SI è quel «populismo thatcheriano di Pd+Europa» che propone ancora tagli e rigida austerità. Non solo, secondo Fassina tutto questo non fa che favorire l’estremismo di destra ormai ad un mese dalle elezioni: «Perché il populismo thatcheriano di Pd+Europa con Emma Bonino alimenta le destre: propongono pareggio bilancio da 2019, altri 40 md di tagli all’anno a pensioni, ancora tagli a sanità e scuola pubblica e svalutazione lavoro». Intervenendo poi con un lungo articolo su Huffington Post, Fassina prosegue nel suo attacco contro il programma dem: «L’unico incremento significativo della spesa primaria previsto nel Def, nonostante le mazzate delle “riforme” Berlusconi-Lega prima e Monti-Fornero poi, è per le pensioni: aumentano di circa 8 miliardi all’anno. Quindi, per bloccare le uscite in termini nominali, sarebbe necessario un abbattimento di circa 40 miliardi all’anno. Un obiettivo da far rimpiangere il Governo Monti». (agg. di Niccolò Magnani)

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