I furbetti del vocabolario

di Concita De Gregorio, Repubblica blog, Invece Concita, 27.7.2017

– “Metà giugno, Roma. Scendo sotto casa a fare delle fotocopie in corso Trieste. Aspetto che i ragazzi della copisteria si liberino per darmi ascolto: è un negozio sempre affollato ma ci vado lo stesso, sono affezionata a quei ragazzi, sono sempre cosi gentili con tutti. Vedo che al momento l’attesa è dovuta al fatto che stanno rivedendo su schermo un lavoro richiesto da un bel signore abbronzato e allegro: ne stanno parlando fitto fitto, così va bene, questo un po’ più piccolo questo no, l’interlinea più piccola… Sul bancone c’è un vocabolario aperto”.

“Accanto a me un ragazzo del quartiere, chiaramente sotto esame. Ha due pacchetti di sigarette in mano, capelli un po’ lunghi, già leggermente abbronzato. Un ragazzo come a Roma Nord se ne vedono tanti. Il ragazzo ammicca al signore e gli dice anche lei? Il signore gli risponde eh sì, sì”.

“Siccome io non capisco e sono curiosa e l’accoppiata mi intriga chiedo di cosa stiano parlando. Il signore ridacchia, guarda il ragazzo e dice mah, alla signora meglio non dire nulla non si sa mai. Continuo a non capire. Il ragazzo dopo qualche minuto viene un po’ più vicino a me e mi sussurra “sa, signora, è per la terza prova della maturità. Qui vede mi ha aiutato mia madre che è molto brava, fa la grafica, qui in queste paginate ci sono tutte le formule e definizioni di fisica, matematica eccetera. Ma con mamma le abbiamo impostate in modo identico alla impaginazione grafica del vocabolario. Ora alla copisteria facciamo inserire queste pagine all’interno del vocabolario vero, una rilegatura professionale, così non si vede niente”.

“Il signore abbronzato esce dal negozio passando dietro di me insieme alla moglie col vocabolario in mano. Ciò che mi colpisce – oltre a tutto il resto – è l’espressione dei loro visi nei quali non vedo il trionfo della furbizia, no. Vedo solo una serena soddisfazione, vedo degli animi placati dall’idea di aver fatto una cosa buona e giusta per un povero figlio/figlia che sta passando dalle forche caudine della maturità”.

“Saluto il ragazzo: in fondo lui il trucchetto almeno se lo sta facendo da solo, si è preso la briga di uscire di casa ed è andato in copisteria, ha dimestichezza con queste illegalità da nulla. La coppia di genitori (so che non si giudicano le persone dall’aspetto esteriore ma li ho visti muoversi e parlare, ma sono certa di non sbagliare se dico che sicuramente sono gente che ha studiato, che vive in belle case borghesi, che gode di salute coperta da assicurazioni e fa belle vacanze), loro mi disturbano fortemente perché penso che è saltato addirittura il passaggio mentale sul ‘fare qualcosa di illegale'”.

“Loro sono passati direttamente all’atipico accudimento tutto italiano del ‘povero figlio mio ecco come posso esserti utile in questo momento cosi difficile ad alto rischio frustrazione’ al fare il trucchetto al suo posto, ché magari il ragazzo non aveva voglia di uscire. Mi è tornato in mente, rientrando a casa, quando una mia collega in ufficio il giorno del suo compleanno entrò dicendoci che il padre come regalo le aveva fatto un permesso disabili taroccato per la macchinetta. E gli altri a dire ma dai, fammelo vedere, ma lo sai che sembra proprio vero?”.

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I furbetti del vocabolario ultima modifica: 2017-08-01T21:18:12+02:00 da
Gilda Venezia

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