di Alberto Diaspro, la Repubblica, 1.1.2020
– La Professoressa Maria Oelker Colombo, insegnante di Lettere della scuola media statale Parini di Genova, era una “formatrice” globale e sapeva portare elementi fuori programma indimenticabili. Leggendo (Robinson 28 dicembre) del laureato Nobel Albert Camus (1913-1960) raccontato dalla figlia Catherine Camus viene in mente il “suo” Camus, spiegato a quelle carte assorbenti che eravamo tra i banchi di scuola. Tornano in mente i suoi insegnamenti “extra”: la costruzione di una emeroteca ricordandosi di scrivere sempre su quel ritaglio di giornale la fonte e la data, il cameo della lettura di brani di “Canne al vento” (1913) di Grazia Deledda (1871-1936), laureata Nobel, oltre il verismo di Verga e con la relazione a Maksim Gor’kij (1868-1936), estimatore della Deledda, con lo studio di “Fra la gente” (1915). Un esperimento di galvanostegia, portato con orgoglio solitario all’esame dopo avere requisito tutte le chiavi delle porte di casa per ramarle in una soluzione di solfato di rame, concluse l’età delle medie portando alla scelta del liceo scientifico G.D.Cassini vissuto nella sezione “E”, mitica ancora oggi. La Scuola, così diversa dall’Università, luogo dove inizia la “carriera” del ricercatore universitario o di qualunque altra attività, ha bisogno di una svolta efficace. Una svolta che permetta di tenere aggiornati i docenti, li gratifichi il giusto e faccia si che gli studenti universitari di domani non studino per 3 volte “gli Egizi” trovandosi poi a chiedere di non affrontare un corso di Fisica universitario con “derivate o integrali”. La Scuola ha bisogno di una sua identità oltre al “volontariato” di alcuni e di risorse decisive con un prospettiva di impegno economico chiara. La mancata decisione di aumentare i fondi a scuola e università, anche oltre i 3 miliardi, lascia sconcertati non tanto per le dimissioni del Ministro Fioramonti ma per il silenzio intorno al fatto di per sè. Oggi, vedo il bicchiere “mezzo pieno” trovando positiva la divisione di competenze ministeriali tra scuola e università e le intenzioni del neo Ministro dell’Università e Ricerca, Manfredi, nel definire al più presto una certezza economica quinquennale di almeno cento milioni l’anno per assumere nuovi ricercatori (C. Sannino, Repubblica 29 dicembre). Sintonia con Paolo Comanducci che ha commentato che tecnicamente il cosiddetto taglio non è soldo in meno ma la dissoluzione di quel soldo in più su cui l’Ateneo genovese contava perché necessario per non “tagliare il futuro” (M.Bompani, Rep Genova 28 dicembre).
Sintonia con la lettera “preoccupata” della conferenza dei Rettori, presieduta proprio dal neo Ministro, distribuita a tutto l’Ateneo genovese dove, tra l’altro, si chiede “maggiore coraggio quando si pianifica il futuro del nostro Paese”.
Serve il supporto di tutti i cittadini per l’Ateneo genovese, datato 1481, che offre 128 corsi a 31500 studenti con i suoi 22 dipartimenti raccolti in 5 scuole. Un Ateneo distribuito in 4 campus in Città con 2 centri di eccellenza a Medicina e a Fisica, 40 progetti europei Horizon 2020, 40 spin-off, la Scuola superiore Ianua e la novità di 13 corsi in scienza e tecnologia del mare (fonte life.unige.it).
Un Ateneo con 10 Musei e 2 orti botanici che si “allunga”, come il profilo della Regione, a Imperia, Savona e La Spezia. Tagliare questo futuro significa alimentare il compiacimento dell’ignoranza e scomparire. La Scuola e l’Università con i loro percorsi differenti sono l’antidoto, dunque devono essere oggetto di una scelta economica che non prevede la frase “per questo non ci sono i soldi”. Si parla di un’Agenzia, si faccia pure e rapidissimamente ma la si progetti con una “governance” internazionale, la si renda capace di stroncare “da subito” possibili conflitti d’interesse e la si doti di un meccanismo di valutazione efficace.
Questa è lezione di Albert Camus. Servono decisione, coraggio e umiltà e quella “ricchezza che viene dal dubbio” (A.Camus, La Caduta, 1956) che non è cosa negativa se elaborato onestamente.
Altrimenti, tra gassette e pomelli, non resta che abbandonarci allo “Scciupón de fótta” così ben recitato da Gilberto Govi (1885, 1966), icona genovese.
.
.
.