Il caldo, l’edilizia scolastica, i piani estate: come buttare via i soldi del PNRR

Gilda Venezia

di Fabrizio Reberschegg, Gilda degli insegnanti di Venezia, 6.7.2025.

La sottoutilizzazione degli edifici scolastici è uno dei tanti scandali italiani. E il Ministero si è dimenticato di un semplice fatto: in estate fa caldo, sempre più caldo e le scuole non sono dotate di strumenti di climatizzazione. Stare in un’aula con un caldo di 35-40 gradi diventa impossibile. Ne sanno qualcosa i ragazzi che affrontano gli esami di Stato.

Gilda Venezia

400 milioni di euro sono stati investiti nel famoso “Piano Estate” che prevede l’apertura delle scuole anche durante i mesi estivi, offrendo attività educative, ricreative e sportive, con l’obiettivo di “promuovere la socialità e il potenziamento delle competenze”. A tutt’oggi mancano i monitoraggi dei progetti legati al Piano Estate validi  per gli anni scolastici 2023/24 e 2024/25 e non si prevede alcun rifinanziamento per gli anni futuri.

La finalità del Piano Estate era chiara: tenere bambini e bambine, ragazzi e ragazze a scuola nei mesi di chiusura delle tradizionali attività didattiche per dare un servizio ai genitori impegnati nel lavoro nei mesi estivi che, per un paese molto legato al settore turistico, non sono pochi.

Riteniamo che gli obiettivi di potenziamento delle competenze nel Piano siano marginali e saltuari senza una visione sistemica del ruolo della scuola e delle strutture scolastiche al di là dei periodi scolastici formali.

Le scuole non sono di proprietà del Ministero dell’Istruzione (e del merito). Sono di proprietà dei Comuni (ciclo primario e secondaria di primo grado), delle Province e delle Città Metropolitane (ciclo secondario di secondo grado). Come accade in altri paesi dell’UE gli edifici scolastici sono gestiti dall’ente locale  che si occupa di garantire l’apertura dopo le ore di lezioni tradizionali per servizi alla popolazione locale (biblioteche, strutture sportive, locali per riunioni e progetti extrascolastici). Questi particolari servizi sono di norma affidati ad associazioni partecipate a livello cittadino o direttamente da uffici dell’ente locale..

Tutto questo in Italia non esiste. Gli edifici scolastici sono di fatto di proprietà della dirigenza scolastica e dei Consigli di Istituto che possono opporsi, salvo per le convenzioni con l’ente locale sulle strutture sportive, al loro utilizzo se considerano le possibili utilizzazioni da parte di terzi non coerenti con i progetti di offerta formativa dell’istituzione scolastica o non profittevoli in termini di canone.  L’autonomia scolastica prevede infatti nella sua logica aziendalista di poter concedere l’utilizzo di spazi scolastici solo previo pagamento insieme alla concessione effettuata dall’ente locale. In pratica per avere la possibilità di utilizzare uno spazio nell’edificio scolastico bisogna pagare la scuola e l’ente locale con cifre spesso molto elevate. Concretamente edifici pubblici pagati con i soldi dei contribuenti sono di fatto appannaggio di poteri semiprivati.

La sottoutilizzazione degli edifici scolastici è uno dei tanti scandali italiani derivati da miopia politica e da una organizzazione della burocrazia in cui nessun dirigente vuole farsi carico delle responsabilità connesse all’uso e alla concessione dei beni pubblici.

Il Piano Estate è stato un tentativo malfatto e ancor peggio gestito per aprire le scuole all’ ”utenza” durante giugno, luglio ed agosto seguendo la logica che il tempo dedicato dovesse essere sempre assimilato ad attività didattica e formativa. Un tempo pieno assimilabile ai centri estivi organizzati dai comuni che però hanno scopi sostanzialmente di socializzazione.

Ma i geni del Ministero si sono dimenticati di un semplice fatto: in estate fa caldo, sempre più caldo e le scuole non sono dotate di strumenti di climatizzazione. Stare in un’aula con un caldo di 35-40 gradi diventa impossibile. Ne sanno qualcosa i ragazzi che affrontano gli Esami di Stato.

Il PNRR prevedeva un budget di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole. Una cifra enorme che ha consentito parzialmente di mettere in sicurezza alcuni edifici e di ristrutturane altri. I ritardi nella programmazione del piano PNRR sono oggettivi. Nel caso delle scuole si sconta il fatto che gli enti locali sono competenti degli interventi con situazioni diffuse di impreparazione degli uffici preposti e di frammentazione della progettazione.

Quello che salta agli occhi è che nel piano di resilienza il problema del cambiamento climatico sia stato affrontato marginalmente. Molta dell’edilizia scolastica esistente risale agli anni settanta e ottanta del secolo scorso con modalità di progettazione incompatibili con il cambiamento climatico in essere. Si tratta spesso di edifici progettati modularmente con materiali poveri e con grande uso del cemento. Oltre alla loro riqualificazione strutturale il PNRR poteva essere usato per la coibentazione, per l’installazione di pannelli fotovoltaici sui lastrici solari e sui tetti, la creazione di sistemi di elettrificazione e climatizzazione autonomi. Era possibile introdurre sistemi di centrali fotovoltaiche di rete con le scuole come hub.  Nulla di questo è stato fatto e le nostre scuole restano invivibili soprattutto nei mesi estivi.

Intanto sono stati spesi miliardi per progetti spesso inutili o ridondanti. Si pensi alle centinaia di milioni spesi per implementare la digitalizzazione che si è spesso trasformata in un upgrade di strumentazioni già esistenti. Si pensi alle centinaia di milioni spesi per progetti di formazione della cui utilità si esprimono grandi perplessità.

Sembra che il governo sia solo impegnato a dimostrare di spendere il soldi del PNRR senza preoccuparsi degli effetti della spesa e tacendo che parte di tali finanziamenti è un debito che sarà pagato da tutti i contribuenti. Una spesa Keynesiana in progetti privi di respiro.

 

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Il caldo, l’edilizia scolastica, i piani estate: come buttare via i soldi del PNRR ultima modifica: 2025-07-06T04:16:29+02:00 da

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