Insegnanti

Il mito dello staff del dirigente scolastico: divide et impera

di Teresa Celestino, Roars, 14.9.2020.

L’Associazione Nazionale dei Collaboratori dei Dirigenti Scolastici (A.N.Co.Di.S.) sta chiedendo a gran voce l’istituzione di una nuova figura contrattuale: il cosiddetto “quadro intermedio”, la cui introduzione renderebbe possibile un avanzamento di carriera per una parte degli insegnanti. Questo provvedimento, profondamente divisivo per la comunità scolastica, è stato più volte auspicato dall’Associazione Nazionale Presidi in riferimento a un “middle management” di docenti fedeli al dirigente, per accedere al quale l’A.N.Co.Di.S. propone una vera e propria sanatoria nascosta dietro una procedura concorsuale (regionale e riservata alle sole figure che hanno dapprima usufruito di una apposita e discrezionale nomina dirigenziale). I cambiamenti imposti dalla pandemia in corso potrebbero accelerare questo ulteriore processo di destrutturazione della scuola pubblica, nella quale la dimensione culturale della professione docente è sempre più vilipesa. Il presente articolo esamina le implicazioni etiche e culturali dell’introduzione di gerarchie stabili all’interno della classe docente.

Nel corso di una intervista del 2017 Alessandro Barbero, noto professore di Storia medievale presso l’Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, si è espresso in modo chiaro e sintetico sulla retribuzione degli insegnanti in base al merito, criterio difficilissimo da stabilire nell’ambito della docenza:

Di parere opposto sembra essere la prof.ssa Elisabetta Nigris, presidente del CdL in Scienze della Formazione Primaria dell’Università Milano Bicocca, che in una recente dichiarazione pubblicata su IoDonna del 23 agosto 2020 dice:

«Sarebbe giusto dare incentivi, economici e di carriera ai docenti innovatori, ai vicari (gli ex vicepresidi), e agli insegnanti che si occupano di progetti. E basta considerare i presidi solo dei manager: sono professionisti dell’educazione. Infine, non se ne può più delle sanatorie: negli ultimi due anni sono entrati 45mila diplomati senza titolo con un concorso “non selettivo”, bastava che avessero due anni di supplenza alle spalle».

Non è chiaro il riferimento alle sanatorie; probabilmente riguarda l’annosa vicenda delle maestre con il vecchio diploma magistrale, peraltro escluse dalle graduatorie utili per l’immissione in ruolo dopo una lunga vicenda giudiziaria. Giova ricordare che, parallelamente al progressivo passaggio da funzioni di direzione didattica a quelle di gestione amministrativa, le sanatorie hanno riguardato anche la categoria dei Dirigenti scolastici (DS); [1] basti pensare ai concorsi che riservavano una quota variabile di posti a favore di coloro che avessero esercitato per qualche anno la funzione di “preside incaricato”, assunta da insegnanti senza alcuna qualifica dirigenziale e spesso già operanti nel ruolo di vicepresidi.

Consideriamo ora il ruolo degli ex vicepresidi (oggi “collaboratori del DS”), ritenuto così importante dalla professoressa Nigris. Si tratta di insegnanti che collaborano con il dirigente e da questo individuati a sua discrezione, sebbene previa formale approvazione del collegio dei docenti (che rarissimamente contesta la scelta del DS). Da qualche anno essi sono rappresentati dall’A.N.Co.Di.S., Associazione Nazionale dei Collaboratori dei Dirigenti Scolastici. L’Associazione comprende le cosiddette figure “di sistema” o “di staff” (secondo le diciture in voga al momento): il primo collaboratore (figura la cui evoluzione normativa [2] ne ha via via definito compiti e funzioni), il secondo collaboratore, i responsabili di plesso; una recente apertura [3] prevede la prossima accoglienza di altri insegnanti che svolgono le funzioni più disparate: si va da coloro che assumono le cosiddette “Funzioni strumentali” agli “Animatori digitali”, passando per i Responsabili del servizio di prevenzione e protezione e i Coordinatori di dipartimento. Si tratta dunque di docenti che svolgono funzioni profondamente diverse per mansioni e responsabilità.

Questo articolo si concentra sulla figura dei più stretti collaboratori del DS, i soli che hanno diritto all’esonero totale o parziale dall’attività in aula. È superfluo precisare (ma è bene farlo comunque) che le criticità qui evidenziate non riguardano l’intera categoria, ma solo una parte di essa. Si tratta di aspetti che i collaboratori del DS onesti e competenti avrebbero il dovere di evidenziare, se non altro per evitare di alimentare il sospetto di interessi corporativi a esclusivo sostegno delle loro richieste di miglioramento di status professionale.

Il concetto di “merito” è la bandiera dell’Associazione: la convinzione di essere insegnanti meritevoli per la particolarità del ruolo sinora ricoperto ha dato luogo alle reiterate richieste dell’A.N.Co.Di.S., i cui rappresentanti sono stati recentemente ricevuti dal Ministro Lucia Azzolina e da altri rappresentanti politici.

L’Associazione chiede un riconoscimento di natura diversa dal semplice incremento della retribuzione prelevata dal FIS (Fondo Integrativo d’Istituto, di provenienza statale), o dalla estensione dell’esonero dalle attività di insegnamento per svolgere al meglio tutte quelle funzioni considerate indispensabili nella scuola dell’autonomia.

[Vale la pena aggiungere, a proposito di autonomia, che la stessa distribuzione del salario accessorio destinato ai collaboratori del dirigente non è affatto uniforme tra i vari istituti e ordini scolastici, o tra le diverse zone del paese. L’incremento retributivo proveniente dal FIS, infatti, sebbene attualmente assai misero nella maggior parte dei casi, in altri viene invece “integrato” con una prassi assai discutibile: usando i fondi privati provenienti dal “contributo volontario” versato dalle famiglie, [4] formalmente utilizzati per la retribuzione relativa a progetti di varia natura (genericamente considerati “ampliamento dell’offerta formativa”). In questo modo le famiglie, in alcune realtà territoriali molto munifiche, di fatto contribuiscono non solo alla dotazione e al funzionamento degli istituti scolastici, ma alimentano una diversificazione salariale autonomamente gestita dai dirigenti scolastici e avallata dalle stesse organizzazioni sindacali.]

Cosa chiede dunque l’A.N.Co.Di.S.? L’associazione si batte per l’istituzione di una vera e propria figura contrattuale sinora inesistente nella normativa scolastica: il cosiddetto “quadro intermedio”, la cui introduzione renderebbe finalmente possibile una prospettiva di avanzamento di carriera per una parte degli insegnanti.

Si noti che l’introduzione del “middle management” [5] (già auspicata dall’ANP [6]) non è di fatto osteggiata da sindacati come la CISL (che pubblicizza convegni promossi dall’A.N.Co.Di.S.) o la FLC-CGIL (il cui sito ospita articoli in cui si discutono ambiguamente le proposte a riguardo di TreeLLLe [7]) a conferma dell’endemica propensione italica all’ope legis – nel caso l’esperienza accumulata (e mai sottoposta a valutazione) diventi il principale requisito per l’accesso a questo ipotetico ruolo semi-dirigenziale. Ciò è altamente probabile, come dimostrano i criteri richiesti dai concorsi riservati per DS prima accennati. A ulteriore conferma, si riportano di seguito due punti della proposta A.N.Co.Di.S. presentata al Senato: [8]

  • nuova progressione di carriera (parallela/integrata) che – oltre l’anzianità di servizio – riconosca il lavoro e la professionalità di tutti i Collaboratori dei DS;
  • previsione dell’accesso alla carriera dirigenziale – attraverso concorso regionale – di quanti hanno assunto ruoli e mansioni nell’ambito del funzionamento gestionale ed organizzativo di una scuola.

Dunque, una sanatoria a tutti gli effetti ben ammantata dalla parola “concorso” (regionale e riservato alle sole figure che hanno prima usufruito di una apposita e discrezionale nomina dirigenziale!). Per non parlare della proposta di “riapertura delle graduatorie per gli incarichi di gestione nelle scuole prive di DS per qualsiasi ragione”, importante premessa di una ulteriore probabile sanatoria come viatico per accedere alla dirigenza con i famigerati “concorsi riservati”.

Una sostanziale differenza rende questo scenario qualcosa di diverso e più grave di una sanatoria ope legis: non si tratterebbe infatti di una regolarizzazione all’interno di ruoli già esistenti, ma della istituzione di una nuova figura che sarebbe occupata d’emblée da un gruppo di insegnanti selezionato in partenza, in ragione di una loro esperienza considerata positiva e fruttuosa a prescindere. È questo il senso del riconoscimento dell’esperienza: quest’ultima potrebbe diventare la sola chiave di volta nella distinzione tra insegnanti meritevoli e non di un ruolo maggiormente prestigioso all’interno della scuola.

Questo aspetto è abilmente nascosto dalla proposta [3] di un “percorso annuale di formazione e specializzazione, anche universitaria, su temi relativi ai modelli organizzativi e gestionali nella PA, al diritto del lavoro, alla gestione delle risorse umane, seguito da un tirocinio conclusivo di un anno”. Non è infatti ben chiara l’utilità di un corso universitario di questo tipo per l’accesso nella specifica area contrattuale, se finora i membri dell’A.N.Co.Di.S. hanno svolto egregiamente le loro funzioni. Piuttosto, è ragionevole temere una deriva mercantilistica di questo tipo di corsi, come accaduto nel caso dell’acquisto (in senso letterale) dei 24 CFU e delle certificazioni linguistiche accreditate dal MIUR.

Torniamo alla questione della valorizzazione dell’esperienza acquisita, le cui implicazioni sono di grossa portata e si riassumono nell’interrogativo: la funzione crea l’oggetto o l’oggetto è creato per l’uso?

I coltelli da cucina esistono per tagliare gli alimenti nel modo più efficace; a un certo punto qualcuno decide che anche le forchette possano essere utilizzate per il medesimo scopo. Così molti coltelli finiscono con il giacere inutilizzati tra gli arnesi culinari con gran soddisfazione delle forchette, stanche del ruolo per cui erano state originariamente fabbricate. Passato un po’ di tempo le forchette, avendo imparato a tagliare (ma non certo come i coltelli) si riuniscono in una associazione per “valorizzare l’esperienza acquisita”. Assumendo a pieno titolo la funzione di tagliare in modo permanente.

Battezzerei questo processo come “evoluzione professionale lamarckiana”: nel caso il prof. Rossi desideri assumere una determinata funzione all’interno della sua scuola, egli non è selezionato in base al suo percorso accademico, alle sue credenziali professionali o all’attività pubblicistica. Piuttosto, è l’esercizio della funzione a priori che modifica il prof. Rossi e lo rende adatto a esercitare un certo ruolo.

[In realtà, a un esame più attento ci si accorge che anche in questo caso le teorie darwiniane hanno la meglio, in quanto la selezione a monte esiste comunque: a volte (spesso?) favorisce chi possiede le caratteristiche che lo rendono particolarmente in grado di adattarsi all’ambiente clientelare, ad esempio.]

È innegabile che la sola prassi comporti alla lunga l’acquisizione di alcune abilità ad essa connesse; tuttavia una forchetta resta una forchetta, un coltello resta un coltello….

Come si riconosce un coltello? Forse cominciando a considerare il curriculum di un docente?

L’istituzione scolastica è preposta all’acquisizione di conoscenze e all’erogazione di titoli culturali con valore legale. Quale esempio è dato agli studenti nel momento in cui le figure di responsabilità della scuola che frequentano sono scelte senza alcun riguardo per gli studi compiuti? Si dirà loro che le conoscenze degli insegnanti non contano quanto le fumose competenze? Quali competenze?

Perché si parla da anni di valorizzazione del dottorato di ricerca nella P.A., senza che nessuno muova un dito perché questo titolo assuma una effettiva rilevanza nella scuola?

Perché la pubblicazione di libri di testo, articoli e saggi è così sottostimata?

Come è possibile che i docenti che svolgono o hanno svolto professioni di elevato profilo in ambito tecnico-scientifico, artistico o musicale non siano considerati una risorsa, a parte alcune lodevoli eccezioni?

Chi saprà porre un argine alle logiche servilistiche animate dalla mera necessità di soggetti che assicurino appoggi politici, sindacali, economici?

Si potrebbe obiettare che le questioni poste sul tavolo dall’A.N.Co.Di.S. investono in realtà problematiche ben diverse da quelle strettamente inerenti alla funzione docente, relegando in secondo piano l’aspetto culturale: come ben sa chi lavora nella scuola, i collaboratori del DS si occupano per lo più di aspetti organizzativi e gestionali, spesso resi improbi da valanghe di compiti burocratici. Tuttavia sarebbe un errore ridurre a mera burocrazia compiti che il più delle volte rivelano in diversa misura la loro natura politica. La gestione della scuola, soprattutto della scuola pubblica, è un atto politico: negare la fondamentale importanza della sensibilità culturale di chi se ne prende la responsabilità indica una preoccupante disonestà intellettuale. Lo stereotipo dello studioso negato nei rapporti con il personale è troppo ingenuo e scontato; quando accade, chiediamoci piuttosto perché gli insegnanti particolarmente preparati si sentano spesso a disagio nell’habitat lavorativo che sono costretti a frequentare.

La situazione dell’attuale pandemia non ha fatto che complicare ulteriormente la confusione nel guazzabuglio di norme e circolari, indicazioni e linee guida ministeriali ai fini del rientro in sicurezza nelle nostre scuole. E l’A.N.Co.Di.S. rivendica un ruolo chiave nel supportare i DS in questo delicato e difficile periodo. [9] Dunque non si tratterebbe di “ammanicarsi il preside, accettare incarichi aggiuntivi e vuoti, inventarsi progetti inutili”, secondo le colorite espressioni pre-pandemia del prof. Barbero? Questioni più serie sarebbero in ballo, ora che il Covid-19 sta imponendo un diverso assetto organizzativo: la sicurezza, innanzitutto; la didattica digitale; le problematiche dovute alla mancata o parziale inclusione degli studenti svantaggiati, coloro che più risentono dell’assenza di un contatto diretto con la scuola.

Ma attenzione: la recente situazione di crisi può indurre a non considerare le richieste dell’A.N.Co.Di.S. nella giusta prospettiva. Un conto è circoscrivere il problema in termini emergenziali, un altro è la messa a regime di un congegno che continuerà a funzionare quando questa emergenza sarà un lontano ricordo. Alla luce di quanto riportato, non è difficile valutare se le modifiche richieste dai collaboratori dei DS potranno contribuire a migliorare realmente la scuola italiana. Bene ha fatto l’A.N.Co.Di.S. a sfruttare astutamente la recente emergenza Covid-19 per cercare di ottenere un riconoscimento richiesto a gran voce ormai da qualche anno. Una pandemia può paradossalmente rivelarsi un’ottima occasione di avanzamento di carriera. Ma poi? Cosa accadrà quando le richieste avanzate in stato di emergenza saranno esaudite e continueranno a sussistere oltre la situazione contingente?

Proviamo a inquadrare i termini della questione dapprima con una prospettiva a grandangolo, in seguito regolando l’obiettivo per una migliore messa a fuoco (anche nell’ottica di motivare alcune proposte finali di effettivo riconoscimento del merito non lesive della dignità di tutti gli insegnanti).

Originariamente i vicepresidi erano eletti dal collegio dei docenti; questa modalità garantiva l’assunzione dell’incarico da parte di insegnanti considerati espressione della comunità di appartenenza, spesso con molti anni di servizio nell’istituto e mediamente capaci di mediare tra i colleghi e il preside. Il meccanismo elettivo, infatti, scoraggiava i comportamenti caratteristici del cosiddetto mobbing scolastico verticale; [10] quest’ultimo è sovente messo in atto da figure che non detengono un reale potere sanzionatorio, ma che esercitano la loro influenza soprattutto presso le figure apicali, specialmente se queste sono inesperte e/o deboli; o, più semplicemente, tendono a delegare per garantirsi una minore esposizione ad eventuali critiche con conseguente perdita in termini di consenso.

Il meccanismo elettivo costituiva però un grosso impedimento per i DS, talvolta costretti a collaborare fianco a fianco con docenti la cui diversità di vedute poteva costituire un serio intralcio alla loro funzione dirigenziale. Questo era particolarmente evidente quando il vicepreside era anche un RSU maggiormente attento a incrementare il numero di tessere del proprio sindacato che non a contribuire al buon andamento della macchina scolastica. Dunque, nel 2001 la figura del vicepreside è stata abolita a favore di quella del “collaboratore” di esclusiva nomina dirigenziale. Ciò ha comportato nuovi inconvenienti: innanzitutto i DS, soprattutto negli istituti sotto-dimensionati, non sono realmente liberi nella scelta dei collaboratori: occorre tenere conto delle figure destinate al cosiddetto potenziamento dell’offerta formativa, [11] onde evitare di travalicare i limiti di spesa pubblica. Non è infrequente che validi DS freschi di nomina si trovino a dover interagire quotidianamente con collaboratori non solo poco competenti, ma impegnati in una continua opera di ostracismo volta a mantenere un potere ombra con mezzi più raffinati di quanto si possa immaginare. Di contro, la libertà di nomina da parte di dirigenti non esemplari ha dato luogo ad attività poco trasparenti, nelle quali la stessa cricca si spartisce per anni gran parte del FIS pur muovendosi formalmente nel recinto della legalità (non sempre, come sopra accennato). Non tutti gli istituti scolastici pubblicano il bilancio sul proprio sito web, complice il silenzio del Consiglio di Istituto – la cui omertà rende in molti casi inutile la funzione alla quale è preposto. Altro inconveniente è rappresentato dalla impunità dello staff dirigenziale, per i cui componenti sono tacitamente ammessi ritardi, comportamenti poco rispettosi dell’etica professionale e, ahimè, la non presenza in aula durante le lezioni; quest’ultima infrazione è spesso commessa approfittando di eventuali collaboratori in compresenza, o semplicemente lasciando le classi incustodite.

Questa “libertà di non insegnamento” e tutti i su citati comportamenti pesano come un macigno sulle spalle della maggioranza silenziosa degli insegnanti validi, ormai tristemente avvezzi alla presenza di un “cerchio magico” negato da chi ne fa parte con tutti i possibili artifici retorici. Questi insegnanti sanno infatti che denunciare determinate prassi comporta isolamento e stress. Non è un caso che negli ultimi anni si sia verificato un consistente aumento del numero di contenziosi nella scuola, [12] in particolare dovuti a mobbing orizzontale e verticale.

Dunque non sempre è il puro spirito di servizio a indurre molti insegnanti ad assumere incarichi mal pagati che di fatto costituiscono un secondo lavoro. Non è infrequente la spinta di altre motivazioni: l’esercizio di una certa influenza verso il DS e i colleghi; le agevolazioni nell’accaparrarsi parte del FIS con un progettificio permanente; la possibilità di far valere l’esperienza acquisita per futuri ruoli dirigenziali (come già accaduto); il prestigio agli occhi  di studenti, genitori e, in generale, del territorio; l’esonero parziale o totale dall’insegnamento che, non dimentichiamolo, è una attività faticosissima soprattutto nelle scuole inserite in contesti socio-economici svantaggiati.

A dimostrazione dell’appetibilità di tali vantaggi, è noto che la funzione di collaboratore del DS è generalmente molto ambita da una parte dei docenti; non molti, ma certamente in numero superiore a coloro che la esercitano. Non stupisce dunque l’insofferenza verso incarichi di collaborazione che si protraggono talvolta ben oltre il decennio, magari con esonero totale dalle attività didattiche; incarichi che potrebbero terminare da un anno all’altro, ad esempio per l’arrivo di un nuovo DS, e che comporterebbero il ritorno nelle aule di docenti che hanno sospeso l’insegnamento per molti anni: cosa rimarrà della loro preparazione disciplinare?

Una valorizzazione delle funzioni di collaborazione del DS è possibile senza invocare l’istituzione di figure contrattuali ulteriormente divisive in una comunità professionale già frammentata, che continua a esercitare un lavoro difficile con stipendi da manovale.

I collaboratori del DS dovrebbero essere individuati all’interno di una ristretta cerchia di insegnanti distinti per meriti culturali, attività pubblicistica (con particolare riguardo a lavori di natura didattica e di ricerca), esperienze professionali di un certo calibro, anni di permanenza nell’istituto.

Questi potranno candidarsi per essere eletti dal collegio dei docenti, ponendo un limite al numero delle candidature per favorire la rotazione dei collaboratori.

È certamente necessario un incremento e un utilizzo più trasparente e razionale del FIS, così come una estensione dell’esonero dall’insegnamento. Tuttavia queste misure da sole non possono garantire qualità senza la presenza di professionisti di alto profilo.

Dimensione culturale, eleggibilità e rotazione delle cariche potrebbero senza dubbio scoraggiare la deriva verticistica delle nostre scuole i cui collegi dei docenti, nati come luogo di confronto democratico, somigliano sempre più a organi di ratifica di decisioni prese altrove dal capo e dai suoi fedelissimi.

 


L’immagine di copertina è tratta da:

Riferimenti

[1] Si legga l’articolo “Procedure concorsuali per i dirigenti scolastici”, pubblicato sul sito dell’Associazione Docenti e Dirigenti Scolastici Italiani all’indirizzo:

http://adiscuola.it/Pubblicazioni/Fin2007/Fin07_530_reclutamento.htm

[2] “ANCODIS: da vicepreside a “Collaboratore principale”, una evoluzione semantica che non corrisponde ad una innovazione giuridica”, pubblicato su Orizzonte Scuola il 04/08/2018:

[3] “ANCODIS: il futuro dei Collaboratori dei DS e delle figure di sistema verso l’orizzonte sindacale”, pubblicato su La Tecnica della Scuola in data 08/06/2020:

[4] “Fondo di Istituto: illegittimi i progetti intramoenia che gonfiano il FIS”, articolo di Lucio Ficara pubblicato su La Tecnica della Scuola in data 08/02/2020:

[5] “Ancodis: convegno nazionale sul middle management nella scuola italiana”, articolo di Lucio Ficara pubblicato su La Tecnica della Scuola il 14/05/2019:

[6] “Associazione Nazionale Presidi: fine della scuola della Costituzione e pieni poteri al capo”, articolo di Giovanni Carosotti e Rossella Latempa pubblicato su ROARS il 28/05/2020:

[7] L’articolo, comparso sul sito della FLC-CGIL il 6 luglio 2019 (http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/governo-della-scuola-e-middle-management-tra-dubbi-e-immagini-di-futuro.flc), “Governo della scuola e Middle Management: tra dubbi e immagini di futuro”, a firma di Antonio Valentino, è stato originariamente pubblicato su Scuola Oggi il 05/07/2019:

[8] La proposta è reperibile all’indirizzo:

http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/117/701/Ancodis.pdf

[9] “ANCoDiS: la scuola deve ripartire e ciascuno deve poter dire di aver contribuito a vincere la grande sfida”, articolo pubblicato su Orizzonte Scuola il 31/08/2020:

[10] “Il mobbing nelle istituzioni scolastiche”, di Daniela Giannini. Articolo pubblicato su Diritto dei Lavori, Anno VI, n. 2, giugno 2012, reperibile all’indirizzo: http://www.csddl.it/csddl/attachments/764_Il %20mobbing%20nelle%20istituzioni%20scolastiche.pdf

[11] “Collaboratori dirigente scolastico, quanti se ne possono individuare? Come e quanti retribuirne?” Articolo pubblicato su Orizzonte Scuola il 18/02/2018:

[12] “Aumentano contenziosi disciplinari docenti, costi per difendersi elevati: ci vuole una Camera della Conciliazione”, articolo di Marco Barone pubblicato su Orizzonte Scuola in data 11/11/2019:

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Il mito dello staff del dirigente scolastico: divide et impera ultima modifica: 2020-09-14T21:16:47+02:00 da
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