L’insegnante è un pubblico ufficiale, e come all’offesa consegue l’oltraggio. A quanto pare, non tutti lo sanno, soprattutto sui social.

L’utilizzo dei social da parte dei genitori di ragazzi in età scolare, per scambiarsi opinioni spesso non molto costruttive o veritiere sugli insegnanti, è diventato un vero e proprio problema. Ma non parliamo soltanto di Facebook, dove ogni commento diventa di pubblico dominio. Le chat di Whatsapp dei genitori sono diventante vera e propria fonte di pettegolezzo e disinformazione: i ragazzi riportano le loro notizie dalla scuola a casa, i genitori la diffondono a loro volta.

Troppo spesso nelle chat tra genitori i messaggi sono pieni di offese, i docenti ridicolizzati, screditati e sminuiti. Un po’ quello che succede (e forse è sempre successo) davanti al cancello o al portone della scuola, ma amplificato, soprattutto nella sua negatività, dalla tecnologia. Più facile e comodo distruggere, mettere in discussione il lavoro degli insegnanti, che costruire, creare un dialogo utile e produttivo.

In questo modo non perdono prestigio e dignità soltanto gli insegnanti, ma tutto il mondo della Scuola, come istituzione. Il ruolo sociale dei docenti oggi è ai minimi termini, le bombe via social rischiano davvero di dargli il colpo di grazia. Quale competenza hanno i genitori per giudicare le scelte didattiche dei docenti? E cosa sanno, riportato dai figli, su quanto succede tra le mura di un’aula?

Oggi si è perso non soltanto il ruolo del docente: alcuni genitori hanno perso la bussola. Le scelte strategiche circa la didattica e l’insegnamento non possono essere oggetto di un giudizio incompetente e indiscriminato da parte dei genitori, che dovrebbero dimostrarsi collaborativi, e non soltanto stupidi. È in gioco il futuro dei loro figli.

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