È arrivata una nuova campagna di slogan basata sui dati OCSE-PISA riguardanti i livelli di apprendimento dell’italiano, la matematica e le scienze degli studenti italiani, confrontati con quelli degli studenti OCSE.
Al centro di questa campagna, il sottinteso “le lamentele degli insegnanti sul decadimento dell’istruzione sono infondate, lo dicono i dati”.
Ora, a fronte di affermazioni apodittiche di persone che conoscono la scuola soprattutto dal punto di vista della propria carriera politica o accademica, andrebbero poste delle domande senza pretendere di avere necessariamente delle risposte:
La tesi di alcuni tra gli entusiasti dei risultati OCSE è questa: avete visto? Nonostante quello che dicono quei lamentosi degli insegnanti, i dati mostrano che le “riforme” e le “innovazioni” che hanno cambiato il nostro sistema scolastico negli ultimi decenni non fanno peggiorare gli apprendimenti (certo nemmeno migliorare, a quanto dice il rapporto stesso: “La tendenza complessiva del rendimento in lettura in più di due decenni può essere descritta come stabile – né in miglioramento, né in declino. Se oggi il risultato dei nostri studenti è mediamente superiore a quello medio dei Paesi OCSE è dunque per la sostanziale tenuta delle abilità di lettura dei nostri studenti in un contesto internazionale di forte calo generalizzato dei risultati. Come a dire, non siamo noi che miglioriamo nel tempo ma sono gli altri che, mediamente, peggiorano”).
Ma, a parte tornare alla domanda 1, qui è indispensabile aggiungere un paio di considerazioni.
È in corso da molti anni una campagna di delegittimazione degli insegnanti italiani, di cui si denuncia l’arretratezza e la lentezza ad adeguarsi a un presunto progresso pedagogico-didattico incentrato soprattutto sulla retorica delle “competenze”, di matrice economicistica, sposata in pieno da organismi sovranazionali europei e mondiali (emblematiche le raccomandazioni UE sulle otto competenze-chiave di cittadinanza). Ora, la considerazione viene da sé: come mai nel nostro paese le cose vanno meglio rispetto a realtà che quelle indicazioni applicano con più diligenza di quanto facciano – a detta di chi li considera “vecchi” e poco aggiornati rispetto ai dettami del pedo-burocratese – gli insegnanti italiani?
E qui, in attesa di spiegazioni senz’altro migliori, formuleremmo un’ipotesi che alla luce dei fatti potrebbe essere sensata: in Italia le cose vanno meglio NONOSTANTE riforme che – rispetto ad altre realtà, dove sono in atto da più tempo – non sono ancora riuscite a cancellare del tutto i benefici di una lunga tradizione di scuola pubblica di qualità, che ha caratterizzato e probabilmente caratterizza ancora il nostro Paese.
Il rapporto OCSE-PISA 2022 e la scuola italiana ultima modifica: 2023-12-07T06:35:42+01:00 da
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