Giulio Iraci, metro 26.6.2015.
Tra le enormità del ddl-scuola approvato ieri in Senato, ce n’è una talmente grande da essere sfuggita a tutti. Questioni di dita e di lune. Una modifica del maxiemendamento, passato con una fiducia che disvela la farsa della “consultazione”, prevede infatti che i fortunati neoassunti avranno l’obbligo di fare domanda in tutte le province italiane. Tutte. Significa che dal prossimo anno scolastico decine di migliaia di docenti, esauriti gli incarichi nella propria provincia e in quelle limitrofe, dovranno trasferirsi in un’altra regione, a centinaia di chilometri di distanza.
Poco importa se questi docenti hanno una famiglia (compagni di vita che lavorano e non possono trasferirsi, figli che vanno a scuola, genitori anziani), saranno comunque costretti a vivere lontano da casa per almeno un triennio. Certo, è possibile che chi applicherà questo insano provvedimento mostrerà maggiore buon senso di chi l’ha proposto (e votato). Può darsi che i dirigenti chiameranno prevalentemente docenti della provincia di appartenenza o almeno della propria regione, e che le inevitabili assegnazioni d’ufficio del MIUR saranno effettuate da funzionari più ragionevoli e compassionevoli della loro Ministra.
Una cosa, però, appare oggi del tutto improbabile, e cioè che questo subemendamento della vergogna sia emendato. Alla Camera, infatti, il ddl dovrà passare così com’è, con una seconda e più agevole fiducia, altrimenti dovrebbe tornare al Senato, dove più di una senatrice e più di un senatore verrebbero assaliti dai demoni che li hanno braccati la notte scorsa. Gli ottusi, si sa, non si caratterizzano solo per una obnubilante chiusura mentale. I veri ottusi sono quelli che si ‘pre-cludono’ la possibilità di cambiamento, di ravvedimento. Sono quelli che si chiudono in uno steccato che essi stessi hanno costruito: per viverci beoti, pardon, beati. A causa di questa ottusità maggioritaria, decine di migliaia di docenti e le loro famiglie verranno trattati alla stregua di pedine, pacchi, capi di bestiame (scegliete voi la metafora). I ministri dell’Economia e del Lavoro la chiamerebbero flessibilità. Curioso che a farlo siano stati i sostenitori della famiglia tradizionale, quella canonica: il nucleo fondante, dicono loro, dell’autentica società italiana. È proprio vero, “signori miei”, non c’è più religione.
* GIULIO IRACI, insegnante dei Gessetti Rotti
Il subemendamento della vergogna ultima modifica: 2015-06-29T22:21:44+02:00 da