Il popolo della scuola, studenti, insegnanti e personale amministrativo in piazza, da nord a sud, contro la riforma voluta da Renzi. Sette cortei in sette città, e comizi, flash mob e dibattiti per manifestare il dissenso per i contenuti del disegno di legge 2994, in corso di approvazione al Parlamento. A sfidare il governo, insieme a sindacati e studenti, anche alcuni esponenti della minoranza Pd, come Stefano Fassina – che è stato oggetto di contestazione da parte dei manifestanti – e Pippo Civati.
Scuole chiuse
Centomila i manifestanti a Roma, decine di migliaia le persone nelle altre piazze, per quello che alcuni sindacalisti hanno definito «lo sciopero più grande di sempre». Centinaia le scuole chiuse in tutta Italia, con tassi di adesione fino all’80%, secondo gli organizzatori.
«Ascoltiamo le proteste»
Una giornata che sembra aver smosso le acque: da Bolzano, dove ha partecipato a una convention Pd, il premier Matteo Renzi (contestato da un centinaio di studenti, radunati gridando slogan contro la riforma della scuola davanti al teatro della città, dove era atteso l’intervento del premier), a fine mattinata ha aperto a possibili modifiche: «È giusto ascoltare la protesta e affrontarla nel merito», ha detto. «Ma – ha puntualizzato – abbiamo messo 3 miliardi sulla scuola. Qualcuno dice che sono pochi, ma certo più di prima che non c’erano». Poco prima l’apertura del Presidente del Senato, Piero Grasso: «C’è la disponibilità del Senato a sentire i docenti che oggi hanno scioperato», ha detto. «Perché per la buona scuola serve un confronto positivo per arrivare a soluzioni possibilmente condivise. La scuola è dei docenti e dei ragazzi ed è il futuro del Paese».
I Cobas
La manifestazione è stata indetta dalle principali sigle sindacali (Flc-Cgil, Cis e Uil Scuola, Snals, Gilda) in sette città: Aosta, Milano, Roma, Bari, Catania, Palermo, Cagliari. Hanno manifestato anche i Cobas – Usb, Unicobas, Anief e sigle minori – in dodici città. Protesta, quella dei Cobas, che proseguirà anche mercoledì 6 e martedì 12, per tentare di boicottare i test Invalsi, che avrebbero dovuto svolgersi oggi nelle seconde e quinte delle primarie, rinviati all’ultimo momento per non farli coincidere con la giornata di protesta.
In piazza
Scuole vuote, dunque. Strade e piazze piene. E dietro ai sindacati con lo striscione più utilizzato – «L’unione fa la scuola» – anche lavoratori di comparti diversi dalla scuola. Gli studenti erano 80mila, afferma l’Uds. Mentre gli organizzatori snocciolano i dati complessivi, città per città: oltre ai centomila di Roma, i trentamila di Milano (i cortei più partecipati), ci sono stati i 25mila di Bari, i 5mila di Cagliari, i seimila di Palermo, le migliaia a Catania e Aosta.
A scioperare i precari della scuola, ma anche i prof assunti, contro gli albi territoriali e la mobilità. Gli studenti sono scesi in piazza contro gli sgravi alle scuole paritarie decisi dal ddl, contro i finanziamenti privati alla scuola pubblica, per chiedere più soldi per l’edilizia scolastica, la riforma dei cicli, un ripensamento dell’autonomia. In piazza anche parlamentari e leader delle principali sigle sindacali. «Se il Governo non ci ascolterà – hanno scritto gli studenti in una nota – continueremo a mobilitarci: boicotteremo i test Invalsi il 12 maggio e lotteremo congiuntamente agli insegnanti per bloccare gli scrutini».
Le ragioni della protesta
A scioperare i precari della scuola, ma anche i prof assunti, contro gli albi territoriali e la mobilità. Gli studenti sono scesi in piazza contro gli sgravi alle scuole paritarie decisi dal ddl, contro i finanziamenti privati alla scuola pubblica, per chiedere più soldi per l’edilizia scolastica, la riforma dei cicli, un ripensamento dell’autonomia. In piazza anche parlamentari e leader delle principali sigle sindacali. «Se il Governo non ci ascolterà – hanno scritto gli studenti in una nota – continueremo a mobilitarci: boicotteremo i test Invalsi il 12 maggio e lotteremo congiuntamente agli insegnanti per bloccare gli scrutini».
In prima fila nel corteo contro la riforma della scuola di marca renziana il segretario federale della Cgil, Susanna Camusso. «Qui in piazza – dice – c’è il mondo che la scuola la fa: c’è il mondo degli studenti, degli insegnanti, del personale tecnico e delle famiglie. Sarà una minoranza rumorosa del Paese ma è quella che costruisce il futuro del Paese». Un riferimento, quello della Camusso, a una frase del sottosegretario Davide Faraone che bollava appunto come «minoranza rumorosa» il fronte dei docenti contrario al Ddl. Camusso ha poi affermato: «Ora vedremo gli effetti di questa protesta. Se sarà necessario troveremo altre modalità per continuare la nostra lotta». E ha parlato di «grande arroganza» nel voler tirare dritto di fronte a ogni obiezione. Annamaria Furlandella Cisl, in piazza a Milano, ha detto: «questa riforma l’ho letta bene, non mi piace»; mentre Carmelo Barbagallo, della Uil, ha affermato che la scuola italiana «non ha bisogno di podestà», ma di essere «pubblica, libera e democratica».
Leave a Comment