di Luciana Matarese, Huffington Post, 23.3.2018
– Intervista a Lamberto Maffei, presidente della Fondazione “Lincei per la Scuola”. Il neuroscienziato ha presentato a Roma il corso “Cultura e creatività digitale” di Miur e Accademia dei Lincei. “Ma dico no allo smartphone in classe”.
Il segreto è “l’entusiasmo”. Lamberto Maffei lo ripeterà spesso. Dall’entusiasmo è scaturita l’idea di organizzare un corso di formazione per gli insegnanti per promuovere l’educazione digitale nelle scuole superiori, l’entusiasmo è il sentimento che bisogna suscitare nei ragazzi e, ascoltando bene le sue parole, anche negli insegnanti. “È dagli insegnanti che la scuola deve ripartire, purtroppo gli è stata tolta la dignità sociale, la loro voce è poco ascoltata, come se fossero cittadini di serie B. Devono fare i conti con risorse sempre più esigue, d’altra parte i fondi non vengono dati alla parte che guarda al futuro del Paese”, aggiungerà parlando con HuffPost il neuroscienziato, già presidente dell’Accademia dei Lincei, oggi della Fondazione “I Lincei per la scuola”, che insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca hanno promosso il corso “Cultura e creatività digitale”.
Venti ore di formazione per animatori digitali e docenti per rafforzare le competenze sull’educazione digitale e promuovere il legame tra innovazione didattica e tecnologie, come previsto nel Piano nazionale scuola digitale.
“Progetto pilota”, “sperimentazione”, così è stata definita durante la presentazione, l’iniziativa “è scaturita – ha sottolineato Maffei – anche dalla considerazione che l’educazione digitale può essere trasformata da informazione a formazione finalizzata alla costruzione del cittadino critico e inserito nella sua società, nel suo tempo. Montaigne, in un suo saggio, diceva che il giovane non va riempito di nozioni, gli va acceso il fuoco della conoscenza. Al digitale i giovani di oggi sono già pronti, il fuoco è pronto per essere acceso”.
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Professor Maffei, il digitale è innovativo in sé?
“Il digitale ha invaso il nostro mondo. Dal punto di vista della strumentazione è certamente nuovo. Su un piano più complessivo, la rivoluzione digitale è un fenomeno di scienza avvenuto rapidamente, che ha già prodotto degli effetti, modificando il comportamento delle persone. Pensiamo all’attaccamento sviluppato dai ragazzi verso i vari dispositivi tecnologici”.
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A questo proposito, tempo fa il ministro Fedeli ha detto di essere d’accordo all’uso del telefonino in classe. Lei è dello stesso avviso?
“No. Io sono per la scuola della parola, del pensiero. Il telefonino in classe è un elemento di distrazione, mi sembra poco didattico. Sulla questione io e la ministra ci siamo confrontati, la sua mi sembra una visione ottimistica. Però sull’attaccamento dei giovani ai dispositivi vorrei aggiungere un’altra considerazione”.
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Prego.
“Quello è un effetto collaterale della rivoluzione digitale che è in atto e andrà avanti, bisogna capacitarsene. Anche persone anziane e conservatrici, come possiamo essere io e i soci lincei, non possono chiudere gli occhi davanti alla realtà. Come non si possono chiudere gli occhi davanti alla necessità e all’efficacia dei vaccini. È proprio andare contro la ragione. ‘È la scienza, bellezza’, verrebbe da dire rifacendosi alla celebre espressione di Bogart sulla stampa”.
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Nel suo “Elogio della ribellione”, lei ha scritto che la scuola deve mirare alla sapienza più che alla conoscenza, alla formazione più che all’informazione. Si può coniugare questa impostazione con la visione della “Buona scuola” che la considera quasi al pari di un’azienda?
“La scuola deve ripartire dagli insegnanti, ai quali è stato tolto tanto. A partire dalla dignità sociale. Ne incontro molti e sono migliori di tanti docenti universitari che si coccolano al calduccio del loro focherello. Ma non vengono considerati”.
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In che senso?
“La loro voce è poco ascoltata, come fossero cittadini di serie B. Devono fare i conti con risorse sempre più esigue, d’altra parte i fondi non vengono dati alla parte che guarda al futuro del Paese. Quando si incontrano gli insegnanti c’è sempre da imparare. Ogni giorno hanno la possibilità di dirigere l’interesse dei ragazzi verso entusiasmo e creatività”.
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Torna la parola “entusiasmo”.
“La terapia dell’entusiasmo è la terapia di chi ci crede, dei missionari. La Fondazione “I Lincei per la scuola” e, prima, l’Accademia, lavorano così, per diffondere la cultura e rinfrescare gli insegnanti non solo nelle nozioni ma, appunto, nell’entusiasmo. Anche con il digitale, il nostro indirizzo è gestirlo nella maniera più educativa possibile. Fare educazione più che informazione”.
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Il progetto “I Lincei per una nuova didattica nella scuola: una rete nazionale” è partito, in collaborazione con il Miur, nel 2010. Otto anni dopo, di che segno è il bilancio?
“Positivo, assolutamente. Abbiamo registrato via via una partecipazione spontanea, tanti soci hanno chiesto di poter dare il loro contributo e i nostri interventi sono molto richiesti. Andiamo avanti, prestando la nostra opera a titolo gratuito, da volontari. E senza perdere l’entusiasmo”.
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