Insegnanti, presidi, paritarie, gender. La “buona scuola” spiegata dal sottosegretario Toccafondi

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di Gennaro Di Michele  Tempi,  13.7.2015.  

«Questa riforma è un inizio di cambiamento. E la divisione politica è sempre meno destra-sinistra è sempre più riformatori-conservatori». Intervista all’esponente di Area Popolare nel governo Renzi.

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Sottosegretario Toccafondi, come giudica la riforma della scuola appena approvata dal parlamento?
Parto da un paradosso che riassume il dibattito che ho visto. A fronte di 3 miliardi di investimento, 200 milioni in più per premiare insegnanti più bravi, 100 mila assunzioni, in Italia si è tornati allo sciopero unitario, a persone incatenate, a scioperi della fame a migliaia di emendamenti soppressivi. C’è una sproporzione immensa tra ciò che è stato proposto e la reazione. La politica si deve interrogare su questo. I partiti devono decidere da che parte vogliono stare e vedo sempre meno la divisione destra-sinistra, ma piuttosto tra chi cerca di modificare la situazione e chi la vuole mantenere così come è. Dopo decenni in cui sulla scuola non si investiva più e non si provava a cambiare, finalmente qualcosa si muove. Un inizio di cambiamento, un primo passo verso una nuova volontà di cambiare. Nessuno ci dica che il mantenimento della situazione attuale della scuola fosse la soluzione. Nessuno ci racconti che lo status quo sia il rimedio. O si cambia o da sola la situazione non migliora.

Alcuni aspetti centrali della riforma, da lei evidenziati come positivi, sono stati attacco da parte di molte realtà del mondo della scuola. Ci può spiegare meglio cosa cambia nella scuola?
Finalmente nel nostro sistema scolastico elementi come valutazione, autonomia, merito, diventano elementi fondamentali ed innovativi, una vera rivoluzione per il nostro paese. Con l’autonomia scolastica si dotano le scuole di risorse umane, materiali, finanziarie si riconosce la flessibilità necessaria a realizzare le scelte formative e organizzative. Il Dirigente Scolastico non potrà ancora scegliere la squadra ma qualcosa si muove. Non sarà né uno “sceriffo” né un dittatore. Gli insegnati assunti saranno scelti nelle graduatorie territoriali. Il dirigente scolastico chiamerà per insegnare, nella materia di cui la scuola ha bisogno, docenti che hanno un bagaglio esperienziale e un curriculum più attinente a quella sua scuola. Questa scelta è stata fatte partendo da un aspetto spesso dimenticato: la scuola è fatta per gli studenti, è dalle loro esigenze e dai loro obiettivi che dobbiamo partire, sono la loro crescita e la loro formazione lo scopo principale della riforma.

Sull’immissione in ruolo dei precari pare ci siano non poche difficoltà…
Sul tema delle assunzioni, siamo partiti da ciò di cui la scuola ha bisogno: il bene dei ragazzi, la scuola non è fatta per gli insegnanti – che sono fondamentali – ma è fatta per i ragazzi. Dal 1° settembre partiremo con l’assunzione della prima tranche degli insegnanti, coloro che sono decisivi per far ripartire la macchina scolastica. In seguito, entro pochi mesi, verranno assunti gli altri 50 mila per evitare le cosiddette “classi pollaio”, per garantire l’insegnamento della lingua inglese ovunque, l’insegnamento di storia dell’arte, di musica, di diritto, di economia; inoltre, avremo gli insegnanti tecnico-pratici per aprire i laboratori degli istituti tecnici e professionali. Il numero delle assunzioni, metà subito e metà dopo qualche mese, è una necessità realistica, data dal fatto che siamo ormai oltre il tempo massimo per arrivare a 100 mila assunzioni per il primo settembre.

Sulla libertà di scelta educativa, tema su cui lei si è speso molto, è stato fatto un passo in avanti oppure un occasione mancata come dicono alcuni?
Dare la possibilità alle famiglie che mandano i propri figli nelle scuole paritarie di detrarre fiscalmente parte del retta è il primo passo per riconoscimento della libertà di scelta educativa. E’ una vera e propria rivoluzione culturale, la novità sta nel fatto che tale misura abbia finalmente trovato spazio in un una legge e non in editoriale di qualche giornale o nel dibattito di qualche associazione. Da pochi giorni questo inizio di libertà di scelta è legge. In settant’anni di storia della Repubblica nessuno era mai riuscito a portare tale innovazione, questo governo sì. A chi parla di elemosina, di bicchiere mezzo vuoto, di montagna che ha partorito il topolino e via dicendo, rispondo che bisogna guardare come le cose stavano fino a ieri e come stanno oggi. Se il bicchiere è mezzo pieno, prima era intonso, non c’era il bicchiere e neppure qualcosa da metterci dentro.

Altro aspetto che sta facendo molto discutere è la cosiddetta “teoria del gender” che, a detta di alcuni, con l’approvazione della riforma avrà il via libera per entrare incontrastata nelle scuole. Lei ed altri esponenti del suo partito sostenete che con la riforma non si introduce “il gender” nelle scuole. Ci può spiegare meglio?
Cerchiamo di fare ordine: il comma 16 della “Buona scuola” parla chiaro, c’è la richiesta di tenere conto nell’attività didattica di tante cose tra le quali “la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”. Se le parole hanno un senso, in questa frase non vedo il problema denunciato. Il problema invece esiste quando qualche associazione vuole interpretare questi concetti forzandone il significato per introdurre in modo evidentemente strumentale la teoria del gender. Al di là del comma 16 della “buona scuola” è stata emanata una circolare una settimana fa, da parte del Ministero dell’Istruzione, in cui si ribadisce a tutte le scuole che tutto ciò che entra nella scuola, come attività curriculare o extracurriculare, deve essere visto, approvato e a conoscenza dei genitori (qui il testo integrale della circolare, ndr). Per queste ragioni, affermo in maniera convinta che la teoria del gender non viene introdotta dalla buona scuola. Piuttosto il Governo deve risolvere il ruolo dell’Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali (Unar), che fa capo al Dipartimento delle Pari opportunità alla presidenza del Consiglio. Il problema non è Unar in sé, ma la “nuova” e ambigua funzione che questo ufficio da tre anni si è di fatto autoassegnato occupandosi quasi esclusivamente di gender quando invece oltre il 75 per cento delle segnalazioni che gli arrivano in merito alle discriminazioni sono di carattere razziale o di fede religiosa.

Da quando la riforma è approdata in parlamento, la questione ha assunto una rilevanza politica molto forte anche all’interno della maggioranza. La “lotta” (con migliaia di emendamenti) è iniziata alla Camera in prima lettura, proseguendo al Senato per poi concludersi alla Camera con l’approvazione definitiva, dove 39 deputati del Pd non hanno volutamente partecipato al votato e 5 hanno votato contro. Ha una idea del perché alcuni parlamentari Pd abbiano fatto così opposizione? C’è un significato ed un valore politico in questa vicenda?
In questi ultimi mesi mi sembra che la divisione politica sia sempre meno destra-sinistra è sempre più riformatori-conservatori. Io sto con chi prova, pur tra mille difficoltà, a riformare a cambiare. A forza di conservare la situazione attuale finiamo come mummie in un museo. Eppure mentre proviamo a cambiare c’è un blocco di partiti da destra a sinistra che è bravo solo a dire “no” e a chiedere di fermarsi, che difende lo status quo. Tra questi ci vedo anche una parte del Pd. Questo governo ha senso se fa le riforme. Area Popolare è al governo per fare queste riforme e per essere decisiva nei contenuti di queste. Senza Ap il governo sarebbe in mano a derive ideologiche di sinistra.

E invece come valuta il voto favorevole di alcuni esponenti di Forza Italia?
Credo che il voto favorevole di alcuni esponenti di Forza Italia sia legato al giudizio positivo su questa legge. Gran parte dei contenuti sono temi cari al centrodestra, sui quali già in passato con altre riforme, si è cercato d’intervenire. E’ con la presenza di Area Popolare al governo che si sono realizzate! E’ positivo che colleghi di Forza Italia abbiano votato a favore ragionando in maniera realista e non ideologica, riconoscendo lo spirito riformista ed innovatore di questo provvedimento. La differenza politica è sempre di più tra chi cerca di cambiare e chi vuole mantenere la situazione così come è. I moderati da sempre credono nel cambiamento usando ragione e realismo.

Insegnanti, presidi, paritarie, gender. La “buona scuola” spiegata dal sottosegretario Toccafondi ultima modifica: 2015-07-14T05:00:05+02:00 da
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