Io, insegnante, senza pensione per un algoritmo

Invece Concita, 5.10.2018

– Grazie a Titti Siclari, insegnante, Roma –

“Da docente di materie letterarie e latino delle scuole superiori ho chiesto, come previsto dalla legge Fornero, di andare in pensione con 41 anni e 10 mesi di anzianità di servizio e vi sono stata collocata dal 1° settembre 2018. Vorrei segnalare al presidente dell’Inps che non solo la mia pensione e quella di innumerevoli altri colleghi non è stata erogata, come dovuto, nel mese di settembre; non solo non si ha la possibilità di fissare appuntamenti con le persone materialmente responsabili della pratica; non solo allo sportello, unico e inutile contatto con l’amministrazione, non sanno dare alcuna indicazione sulla data di conclusione del procedimento e dunque del pagamento, ma, alle proteste di un folto gruppo di noi, eccezionalmente ricevuto, è stato consigliato, dato che si prospetta che il primo rateo sia corrisposto non prima del mese di marzo 2019, di chiedere un acconto sulla pensione, senza, peraltro, alcuna certezza che venga ‘concesso’”.

“E perché si dovrebbe chiedere qualcosa che spetta di diritto? Ho lavorato per quasi 42 anni, non mi sembra di essere particolarmente privilegiata. Come pensano che si possa sopravvivere? Danno forse per scontato che abbiamo risorse eccezionali cui attingere? Purtroppo, i nostri miserabili stipendi non hanno consentito di accantonare granché”.

“D’altra parte, nella sede Inps di Roma, via Giulio Romano, circolano personaggi per i quali 2018 meno 1976 fa 43, e quando ho segnalato tale errore nel conteggio dei miei anni di anzianità, temendo ulteriori ritardi nel compimento della procedura, come si è puntualmente verificato, la funzionaria, al cui cospetto sono stata ammessa con riti, lungaggini e sussiego da corte bizantina, mi ha soavemente replicato che ‘al sistema risulta così, vuole mettere in discussione l’algoritmo?’”.

“Il fatidico ‘43’: io ho lavorato per quasi 42 anni, non 43, e siccome le pensioni, una volta ultimata la procedura, vengono revisionate a campione (così mi è stato detto da uno dei  pochi impiegati di buona volontà in cui mi sono imbattuta), non segnalando l’errore, che peraltro mi avvantaggiava,  avrei corso il rischio che la pratica venisse invalidata e istruita da capo. Dati i tempi biblici entro i quali si muove il pachidermico Inps, non me lo sarei potuto permettere”.

“Ignobile trattamento, per chi ha consumato anni di vita su strade pericolose percorse all’alba per raggiungere il posto di lavoro (il più bello che c’è , questo sì, mi sento privilegiata ad aver avuto la possibilità di svolgerlo) o tornarne, a volte a notte fonda, dopo innumerevoli consigli di classe, collegi dei docenti, sessioni di scrutini, per chi ha profuso impegno, fatica ed entusiasmo enormi. Solo il ricordo del sorridente ‘Buongiorno, prof’ e della luce di improvvisa consapevolezza che spesso ho visto accendersi negli sguardi dei ragazzi mi è di conforto. Mi domando come faccia a dormire la notte, questa gente, sapendo di privarci del reddito e della dignità – non necessariamente in quest’ordine – per insipienza, per incapacità, per menefreghismo. Gentile Concita, come vede, ci sono cactus che sono costretti a rinunciare perfino a poca acqua”.

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Io, insegnante, senza pensione per un algoritmo ultima modifica: 2018-10-06T18:46:37+02:00 da
Gilda Venezia

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