Huffington Post, 28.2.2018
– Giuseppe Falsone, insegnante della provincia di Treviso, si confessa a Vanity Fair e fa un appello alla Ministra Valeria Fedeli.
Gli schiaffi li aveva ricevuti a dicembre dai genitori dell’alunno che lui aveva rimproverato, ma un bel ceffone è arrivato anche dalla sua scuola, che per quell’episodio ha poi provveduto ad aprire un procedimento disciplinare ai suoi danni. Questa è la storia di Giuseppe Falsone, insegnante di Scienze presso la scuola media Casteller di Paese in provincia di Treviso, che oggi affida il suo sfogo alle pagine di Vanity Fair.
Ogni insegnante, credo, ha avuto esperienza di genitori che protestano con il dirigente scolastico per i compiti o le interrogazioni. Ma che mi minacciassero con le mani, no, non mi era mai capitato.
Dopo l’increscioso episodio, Falsone ha deciso di scrivere a Valeria Fedeli (“perché sentivo un forte disagio, che mi stava togliendo la voglia di insegnare”, dice) e spiega che, tra i problemi del sistema educativo nostrano, c’è la trasformazione della scuola in una sorta di azienda.
Partiamo dal lessico: quello che una volta era il preside è diventato il dirigente scolastico. La famiglia è l’utenza e l’insegnante è diventato l’operaio: quando il prodotto non va bene, la colpa è sua. C’è stato un discredito totale della professione. La stessa normativa che sta trasformando la scuola in un’azienda riveste di responsabilità abnormi i presidi, che perdono il contatto umano con gli insegnanti e devono concentrarsi sul far quadrare le carte. Devono dimostrare ai genitori di avere fatto tutto il necessario per la famiglia, che detta legge perché è diventata un “cliente”.
Inoltre, il professore sottolinea le carenze dei nuclei famigliari di partenza, assolvendo in larga parte i ragazzi.
Vengono a mancare il senso della responsabilità, la presa di posizione, il potere del no, e motiva più un insuccesso che un successo. Questi adulti vedono negli insuccessi dei loro figli il loro insuccesso. Ma non dovrebbe essere così […] In realtà, i ragazzi continuano a cercare nell’adulto una guida. Vogliono che sia il genitore sia l’insegnante siano in grado di definire i confini entro i quali si possono muovere, vogliono capire che cosa è giusto e che cosa è sbagliato.
Eppure, nella lunga intervista, non manca una piccola dose di autocritica professorale.
Non tutti gli insegnanti sono bravi e non tutti sono buoni: noi sbagliamo come tutti. Ma il modo giusto di relazionarsi con il docente è cercare il dialogo, senza scavalcarlo né lamentarsi. I genitori invece tendono a passare subito alla protesta, prima ancora di avere parlato con l’insegnante. E non ripongono nessuna fiducia in lui.
Dunque, Falsone invita i genitori a rimettersi in discussione e fa altrettanto con il sistema istruzione pubblica.
Per mettere in croce un insegnante, organo dello stato, ci vorrebbe qualcosa di più della semplice illazione di un genitore […] I docenti sono diventati parafulmini: la legge deve essere ripensata e la scuola deve tornare a avere un ruolo diverso […] Se un ragazzo non ha raggiunto risultati soddisfacenti, non necessariamente è colpa dell’insegnante. Si sta spostando l’attenzione del processo educativo completamente verso la scuola, esautorando le famiglie.
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“Io, picchiato dai genitori di un mio alunno, vi spiego perché la scuola così intesa è votata al fallimento” ultima modifica: 2018-02-28T14:21:44+01:00 da