La betulla della maestra Lucia

di Concita De Gregorio, Invece Concita, 12.9.2017

– Grazie a Fiammetta Bonazzi, Lago Maggiore.

Racconta Fiammetta che è nata nel 1967 e ha frequentato le elementari (“l’odierna scuola denominata “primaria”, forse perché l’aggettivo elementare era offensivo per i bambini?) negli Anni 70, quando si tornava tutti a scuola per San Remigio, il primo ottobre. “Ho molta nostalgia di quel periodo della mia vita e soprattutto di quell’Italia, in cui si era tutti un po’ più modesti, rispettosi e sognatori e non si parlava di moduli, di “zaini digitali”, di crediti e di orridi quanto inutili e pericolosi gruppi whatsapp. Un Paese imbruttito, superbo e irriconoscente come il nostro è il risultato di un’infanzia disattenta e viziata, priva di quella guida che deve manifestarsi prima di tutto in famiglia, e poi anche all’esterno. La scuola può anche avere le sue colpe, ma i primi colpevoli siamo noi. Mi fa piacere condividere con lei un breve testo che ho scritto in memoria della mia maestra qualche anno fa”.

Ecco parte di quel ricordo. “Venne un inverno che ai giardini di Arona la neve, abbondante come non mai, buttò giù parecchie piante, e fra queste c’era una giovane betulla. Nel suo tragitto a piedi verso la scuola la maestra Lucia passava attraverso il parco che costeggia il lago. E l’albero riverso sull’aiuola ghiacciata le fece venire un’idea. Grazie a un giardiniere e all’aiuto di un bidello, un giorno di gennaio la betulla spezzata arrivò in classe e fu collocata dentro un portaombrelli pieno d’acqua, al centro del nostro semicerchio di banchi”.

“A marzo dai rami iniziarono a spuntare le gemme, ad aprile la pianta fu decorata con nidi e uova dipinte, a maggio dalle finestre spalancate sul cortile degli ippocastani venivano a trovarla le rondini, che sfioravano la cartina muta dell’Italia con i loro voli fatti di niente. A quell’albero abbiamo dedicato temi, disegni, ricerche, carezze. Finché gli esami di quinta se lo sono portato via, insieme alla nostra infanzia e alla fine di un mondo”.

“La betulla di Lucia è rimasta la sua lezione di scienze e di vita. Ma è solo un esempio di un metodo basato sulla continua sperimentazione individuale e di gruppo, ma sempre in presa diretta con la realtà. Ma la maestra era anche un’insegnante esigente. Non ci ha mai risparmiato – e meno male – pagine e pagine di analisi logica, gare di verbi e di tabelline, nozioni di francese e addirittura qualche rudimento di latino, spiegandoci le declinazioni con l’aiuto di un suo vecchio libro delle magistrali”.

“Resta scolpito in un tempo sospeso quel suo eloquio curato, con tutti i congiuntivi al posto giusto e le parole che dispensava alla classe mentre preparava le frittelle di farina di castagne col fornelletto da campeggio sulla cattedra. Lucia era così. I nostri genitori approvavano. Nessuno si è mai sognato di dire nulla”.

“Cose impensabili adesso, imbrigliati come sono gli insegnanti dai mille laccioli dei decreti ministeriali, dalle ansie degli Invalsi e in balia di famiglie sempre più invasive, armate di carte bollate e critica facile nei confronti dell’operato della maestra. La quale, piaccia o no, resta in assoluto l’insegnante che ti segna la vita: è lei che fornisce gli strumenti per costruire tutto il resto che verrà. La maestra Lucia Baicchi, originaria di Carrara,  ha insegnato alle scuole elementari “Paolo Nicotera” di Arona tra gli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta. E’ scomparsa a 91 anni il 25 maggio 2014”.

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La betulla della maestra Lucia ultima modifica: 2017-09-16T21:39:30+02:00 da
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