Avv. Marco Barone, Orizzonte Scuola, 5.2.2016
– Un conto sono le dichiarazioni politiche e dei politici, spesso incompetenti in materia, un conto è la realtà dei fatti, quella con la quale devono fare i conti i lavoratori.
Le tutele di cui all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori si applicano anche ai dipendenti pubblici da lungo tempo. Lo ha confermato per esempio nel 2014 il Tribunale di Venezia quando, in merito ad un caso di licenziamento intimato al pubblico dipendente, affermava che continuavano ad applicarsi le disposizioni dell’art. 18, L. n. 300 del 1970, prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 92 del 2012. (Trib. Venezia Sez. lavoro Ordinanza, 02/12/2014).
Ciò, giusto per ricordare che nel Pubblico impiego si licenzia da diverso tempo. Sull’applicabilità del regime, ovvero se doveva trovare applicazione il vecchio articolo 18 o meno, vi è stato un dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza intenso.
Per esempio nel 2013 il Tribunale di Roma affermerà che Ai rapporti di impiego pubblico privatizzato si applica il rito speciale per l’impugnazione dei licenziamenti previsto dalla L. n. 92 del 2012 (ed. «riforma Fornero»), ma non anche il nuovo testo dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori introdotto dalla medesima legge, in attesa degli interventi di armonizzazione ivi previsti. Trib. Roma Ordinanza, 23/01/2013.
Il dibattito è emerso perché l’articolo 18, per come modificato, pur applicandosi al pubblico impiego, difettava di interventi di armonizzazione specifici. Parte della dottrina ha sostenuto che il nuovo articolo 18, che è quello che limita il caso della reintegra ad ipotesi molto ristrette, si poteva applicare solamente a chi fosse stato assunto dopo l’entrata in vigore delle dette disposizioni, dunque dopo il 7 marzo 2015.
Ovviamente perché lo Statuto dei lavoratori con le pervenute modifiche prima dalla Legge Fornero e poi dal Jobs Act si applica non solo al comparto privato, ma anche ai lavoratori assunti presso le amministrazioni pubbliche. Infatti, l’articolo 51 del d.lgs. n. 165/2001 (Testo unico del pubblico impiego) stabilisce che lo Statuto dei lavoratori, con le sue “successive modificazioni e integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti”.
Nel 2015 interviene la Corte di Cassazione, con la nota sentenza numero 24157, e chiarisce che ” l’art. 51 cpv. d.lgs. n. 165/01 prevede l’applicazione anche al pubblico impiego cd. contrattualizzato della legge n. 300/1970 “e successive modificazioni e
integrazioni”, a prescindere dal numero di dipendenti. Dunque è innegabile che il nuovo testo dell’art. 18, legge n. 300/1970, come novellato dall’art. 1 legge n. 92/2012, trovi applicazione ratione temporis al licenziamento per cui è processo”.
La prima sentenza del 2016 che tratta tale casistica, seguendo in buona parte l’orientamento della Corte di Cassazione, che probabilmente farà da scuola in tal senso, è il decreto del Tribunale di Rimini del 7 gennaio 2016, n. 11/2016 ove si specifica che «con l’utilizzo della tecnica del rinvio mobile che recepisce il contenuto di norme collocate in altre fonti adeguandosi automaticamente all’evoluzione delle medesime, dal che consegue l’applicazione del nuovo art. 18 St. lav. (e del rito speciale che il predetto articolo richiama) anche al pubblico impiego privatizzato.
La tesi contraria non chiarisce come sia possibile, a fronte di una lettera così chiara che la riforma non ha corretto né intaccato, dettando disposizioni transitorie, considerare il rinvio di tipo recettizio – e, per l’effetto, porre a base delle decisioni sui licenziamenti pubblici – il vecchio art. 18 St. lav. abrogato dalla legge 92/12, determinandone una sopravvivenza a tempo indeterminato che la norma sopra riportata e la carenza di una espressa salvezza delle disposizioni precedenti paiono inequivocabilmente escludere».