di Giuseppe Galasso, Il Corriere del Mezzogiorno, 15.9.2017
È del tutto superfluo sottolineare tutto quel che questo comporta per le famiglie e per la scuola, e non si può fare a meno di chiedersi se non sia proprio il settore della disabilità a dover costituire la prima preoccupazione di chi prepara l’anno scolastico. Si aggiunga che parliamo di una realtà come quella napoletana in cui l’evasione dell’obbligo scolastico è tradizionalmente molto alta. In ricerche che condussi io stesso, con altri, alla fine degli scorsi anni ’50, ossia quasi sessant’anni fa, l’evasione finale raggiungeva la preoccupante quota di oltre il 20%. Nei dati relativi all’inizio degli anni ’90 questa quota appariva sostanzialmente immutata. E oggi? Non serve coprire pudicamente l’inosservanza dell’obbligo scolastico definendola «dispersione scolastica». Le accurate statistiche del Comune di Napoli danno informazioni molto apprezzabili e dettagliate su questa dispersione. Ma, se andiamo all’essenziale e ci chiediamo quale sia la percentuale dei giovani napoletani che oggi non terminano neppure il ciclo dell’istruzione secondaria di primo grado (la scuola media inferiore, come volgarmente si dice), quella molto alta soglia del 20% ha enormi probabilità di vedersi non solo confermata, ma perfino accresciuta.
Peggio ancora è notare che le ragioni di questa preoccupante ritrosia alla scuola appaiano sostanzialmente le stesse, oggi, di mezzo secolo fa: povertà, ignoranza, abitudini e pregiudizi inveterati, forti attrazioni alternative di accesso a facili e magari meschini guadagni, e così via. È anche appena il caso di dire che sul fenomeno si profila in modo particolare l’ombra nerissima della connessione con la diffusione della malavita, in una città in cui si ritiene che almeno il 50% dei commercianti paghi il pizzo camorristico senza neppure pensare a una possibilità di denuncia, e in cui lo spaccio di droga a opera dei minori sembra diventata una pratica diffusa. È chiaro, insomma, e non da oggi, che il problema della scuola non è a Napoli un problema settoriale, un problema fra tanti. È, invece, un problema di quelli massimi e prioritari. Quando diciamo che la lotta alla malavita è innanzitutto un problema di cultura, a che cosa pensiamo, se non pensiamo subito alla scuola? Quando diciamo che i problemi dello sviluppo economico e civile sono innanzitutto i problemi di una potenziata formazione culturale, a che cosa pensiamo se non alla scuola?
Sì, è vero, lo sappiamo: la moderna società ultratecnologica può essere largamente descolarizzata. Ma questa constatazione è fatta e vale per società in cui l’esperienza della scuola è stata consumata fino in fondo, e la descolarizzazione si ha in un quadro, per così dire, sostanzialmente post-scolastico. Qui da noi, la renitenza alla scuola si ha nel quadro di una società che è ancora in alta misura al di qua della scuola. Ed è quindi anche per questo non lieto contesto che da noi assicurare normalità e immediata funzionalità ed efficienza alla riapertura dell’anno scolastico assume un’importanza straordinaria e trascende di molto la questione di una buona amministrazione quale quella che tutti, in tutti i campi della vita sociale, desidereremmo.
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