La scuola dell’Infanzia è scuola

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 di Antonia Sani, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 1.2.2016

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– Continuiamo la pubblicazione dei materiali del convegno della Gilda degli insegnanti di Venezia sulla scuola dell’infanzia dal titolo SCUOLA DELL’INFANZIA: IERI OGGI MA DOMANI?

La scuola dell’Infanzia è scuola

di Antonia Sani

   Vorrei iniziare il mio intervento richiamando i presupposti dell’associazione di cui faccio parte dalla sua fondazione: l’Associazione Nazionale “Per la Scuola della Repubblica”.

   Scuola della Repubblica significa “scuola della Costituzione”, ossia un’istituzione che realizza la funzione dello Stato quale garante della formazione democratica dei cittadini e delle cittadine in un intreccio di educazione/istruzione laica e pluralista su tutto il territorio nazionale secondo il principio della partecipazione della società civile.

 Pilastri della nostra Costituzione sono infatti  la partecipazione dei cittadini nelle istituzioni,  la tutela del diritto all’uguaglianza, la libertà personale.

 Come si attua tutto ciò nella”scuola della Costituzione”, sia essa scuola primaria, secondaria, o scuola dell’Infanzia?

La partecipazione democratica nella scuola è rappresentata dall’istituzione degli Organi Collegiali, (L. 477/1973) istituiti a ben 25 anni dall’entrata in vigore della Costituzione!

 Il documento fondamentale della nostra associazione ( 1995) ha come titolo “Dalla scuola del Ministero alla  Scuola della Repubblica”. In esso era richiamato il ruolo fondamentale del M.P.I. quale garante dell’unitarietà del sistema formativo – e quindi  del diritto all’uguaglianza e a pari opportunità su tutto il territorio nazionale- ma nel rispetto dell’autonomia degli Organi Collegiali .

  Quanto al principio della libertà personale, esso è il fulcro dell’art.33/Cost. “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”; libertà d’insegnamento,  ma anche  libertà di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione”senza oneri per lo Stato” ( e , per i genitori, libertà di scegliere scuole private, di tendenza.)

 L’esigenza dell’estensione dell’obbligo scolastico  e della gratuità della frequenza nella scuola primaria a partire dai 6 anni , nei primi anni dell’Unità d’Italia si presenta come una necessità cui l’Italia non poteva sottrarsi, visti i livelli raggiunti in altri paesi del Nord Europa. Il “saper leggere, scrivere e far di conto” che aveva comportato l’istituzione di scuole elementari, non più lasciate solo all’iniziativa privata, in gran parte gestita da religiosi, ma affidata ai Comuni già negli ultimi anni del Regno di Sardegna antecedenti l’Unità d’Italia  (Legge Casati, 1859), richiedeva tuttavia un ulteriore provvedimento: il passaggio dai Comuni allo Stato.

La Legge Daneo-Credaro del 1911 formalizzò questo passaggio, non tanto come riconoscimento di un “diritto allo studio”, invisibile allora nei concetti di educazione/istruzione obbligatoria, ma come constatazione dell’inadeguatezza di gran parte dei piccoli Comuni , a fornire  strutture,  finanziamenti, in grado di far rispettare l’obbligo scolastico…  con la conseguenza di un analfabetismo dilagante e il ricorso delle famiglie più agiate all’istruzione privata.

L’attività educativa nella scuola elementare viene, dunque, da quel momento in poi , garantita direttamente dallo Stato. E’ la base dell’art.33/Cost.

Altro è il percorso accidentato e non univoco della Scuola Materna che vedrà l’assunzione di piena responsabilità da parte dello Stato nei  suoi confronti  soltanto nel 1968 con la famosa legge 444.

Benché l’opera delle sorelle Agazzi nel 1896 prefigurasse l’importanza e la necessità di una “scuola materna” ( il termine è qui usato per la prima volta) da loro stesse realizzata in piccole comunità per bambini dai 3 ai 5 anni per valorizzarne attitudini e comportamenti rivolti soprattutto al “saper fare”, e le Case montessoriane dei Bambini all’inizio del ‘900 si dimostrassero come il luogo dove i bambini e le bambine potevano acquisire una sorta di “responsabilità” dei propri comportamenti, affidati alle loro libere scelte, nonché di prima percezione dei propri sentimenti, si nota sul versante normativo una evidente sordità nei confronti di queste problematiche.

– Un provvedimento del 1896  istituiva i “giardini di infanzia” connessi alle scuole “normali”  (che diverranno gli Istituti Magistrali  con la riforma Gentile del 1923) esclusivamente come possibilità per le  future insegnanti di svolgere attività di tirocinio.  Continua ad essere in mano privata e di Enti pubblici l’insieme degli “asili infantili”, Case dei Bambini etc.

– Nel 1914, il R.D. n.27 emana un insieme di norme programmatiche e regolamentari per le Scuole Materne comunque definite, norme che non entrano nel merito dei contenuti, lasciati all’inziativa delle singole istituzioni. La cura dei bambini e delle bambine tra i 3 e i 5 anni , data la netta prevalenza delle istituzioni religiose, enti filantropici e assistenziali, è quindi spesso improntata più a intenzionalità assistenzialistiche e umanitarie che a finalità espressamente educative e formative, più servizio sociale che “scuola”.

– A una definizione formale dell’attività delle Scuole Materne quali “scuole” si giunge con l’emanazione  del T.U. del 1928. , in cui tale attività viene definita  “grado preparatorio”, di durata triennale, propedeutico al “grado inferiore” della scuola elementare. La denominazione finisce con l’indicare tuttavia uno schiacciamento della scuola Materna sull’istruzione elementare al cui ingresso vengono finalizzati eventuali percorsi didattici di apprendimento messi in atto dagli istituti che attengono all’ educazione e istruzione infantile sui quali lo Stato si limitava ad esercitare vigilanza per la parte didattica. L’art.7 del cit.T.U.pone come obiettivo quello di “ “disciplinare” le prime manifestazioni dell’intelligenza e del carattere del bambino”.

In questo quadro altalenante non possiamo esimerci da un riferimento all’ONMI , l’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, fondata nel 1925 allo scopo di assistere le madri in stato di gravidanza con difficoltà socio-economiche, accogliere i loro piccoli nati e i figli fino a 5 anni di età. Un surrogato della stessa scuola dell’infanzia, in chiave esplicita di servizio sociale…L’obiettivo era la tutela sanitaria della madre e dei bambini, la prevenzione contro le malattie più insidiose dell’infanzia di quegli anni. Non vi è traccia di percorsi formativi nello statuto dell’Opera. Fu un fiore all’occhiello del regime fascista. Un’ integrazione 0-6 anni ante litteram in chiave di servizio sociale…

 L’ONMI  cessò la sua attività nel 1975 col decreto 648  (soppressione degli “enti inutili”).

 Quasi contemporaneamente, la Legge 1044 del 1971 istituiva gli Asili Nido pubblici secondo un “Piano quinquennale di istituzione di Asili- Nido comunali con il concorso dello Stato”.

La legge , rivolta agli stanziamenti finanziari e alle strutture edilizie, impegna i Comuni  a garantire ai bambini 0-3 anni sicure condizioni igieniche e sanitarie . Referente dei Comuni non è il M.P.I., ma il Ministero della Salute. E’ questa, oltre che un richiamo alla precedente attività socio-sanitaria dell’ONMI, una prima fondamentale distinzione  tra i due segmenti , prima e seconda infanzia.  Il carattere assistenziale  delle forme di accoglienza dei bambini 0-3 anni prima dell’stituzione dei Nidi pubblici è dimostrato dall’esistenza di interventi quasi esclusivamente umanitari ; la gran parte dei piccoli veniva accudita in ambiente domestico, e,nelle famiglie benestanti, da balie, nurse, schwester  assunte a domicilio.

 Il Nido mantiene nella 1044/71 la sua caratteristica ma assunta al rango di “servizio sociale di interesse pubblico”,come viene ufficialmente definito nella legge, salvo poi aggiungere la qualifica di servizio socio-educativo nei regolamenti regionali, provinciali, comunali, mentre la Scuola Materna , definita nella Legge 444/68 “Scuola Materna Statale”,  già nel T.U. del 1928 era stata definita “scuola di grado preparatorio “…

  Quanto all’organizzazione dell’attività dei Nidi, essa è demandata ai Comuni, alle Province, alle Regioni, non diversamente dalle Scuole Materne comunali, ma con programmi e attività specifiche, determinate  nelle Scuole Materne dallo scarto cognitivo e affettivo che avviene in età evolutiva tra i 3 e i 4 anni.   Noi concordiamo con quelle teorie pedagogiche che sostengono che  i bambini e le bambine hanno bisogno di tempi distesi, che non si possono anticipare le scadenze bio-cognitive soprattutto pensando che un vantaggio cognitivo comporti anche una direttamente proporzionale crescita affettivo-relazionale.

   La legge istitutiva della Scuola Materna Statale (L.444/1968) risponde a un’esigenza ben precisa: dare dignità su tutto il territorio nazionale all’autonomia di un segmento dell’età evolutiva che , superati gli interventi propri della prima infanzia, richiede interventi mirati allo sviluppo della personalità infantile in ambienti  ricchi di stimoli imprevisti.

   Essa vide la luce nel 1968, un anno di sommovimenti  in Italia e in Europa , di istanze di cambiamento nei rapporti sociali e interpersonali, di aspirazione al diritto all’uguaglianza e contro ogni forma di autoritarismo. L’anno successivo, gli “Orientamenti dell’attività educativa nella scuola materna statale” (1969) risentono di quel clima, riservando una particolare attenzione all’analisi socio-economica della stratificazione sociale e delle sue conseguenze sulla seconda infanzia.

La 444  non fu tuttavia il frutto di quel particolare momento storico.

  Il passaggio  dai Comuni allo Stato, che abbiamo visto verificarsi nel 1911 per la scuola elementare, non poteva non avvenire anche per il primo livello di scolarizzazione, quale garanzia di pari opportunità su tutto il territorio nazionale. Il rispetto dell’art.33/Cost lo esigeva.

 I primi passi in tal senso ebbero luogo all’inizio degli anni ’50.

La la stessa legge 1073 del 1962 disponeva stanziamenti per “l’istituzione e la gestione di scuole materne statali”…

L’ iter parlamentare della 444 fu però lungo e tormentato, coprendo l’arco di due legislature: dal 1958 al 1963; dal 1963 al 1968.; e provocò ben due crisi di governo. L’approvazione si ebbe nel marzo del 1968 , Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat; Presidente del Consiglio Aldo Moro. La coalizione di Governo era rappresentata da DC,PSI,PSDI,PRI.

   Le ragioni del contrasto erano di carattere ideologico: le forze moderate e più legate al mondo cattolico temevano la perdita della centralità della famiglia in un’ impostazione fondata sul prioritario riconoscimento dei bisogni educativi della seconda infanzia sostenuta dai partiti laici e dal PCI. Insomma, una visione ancora socio-assistenziale da un lato, una visione “scolasticistica” dall’altro.

Il testo della legge porta evidenti i segni di quel contrasto, i cedimenti, le ombre che a tutt’oggi ne limitano le potenzialità . Si è voluto lasciare in piedi l’impianto delle scuole comunali, come se l’Ente Locale, a differenza di altri Enti pubblici e privati , non fosse un’articolazione della Repubblica.( come chiaramente espresso nel Tit.V/Cost riformato). Sezioni di scuola dell’Infanzia statale (termine subentrato al “Materna” con gli Orientamenti del 1991) convivono nello stesso plesso con Scuole comunali. L’introduzione degli Organi Collegiali, avvenuta alcuni anni dopo l’entrata in vigore della 444, uniforma la gestione delle scuole dell’Infanzia statali su tutto il territorio nazionale, mentre nelle Scuole comunali la gestione sociale può variare da Comune a Comune, da Regione a Regione. I genitori non capiscono le differenze,  tanto più che anche le scuole comunali adottano gli Orientamenti del ’91 e ora le Indicazioni  Nazionali del 2012, e prescrivono come titolo di studio per le docenti la laurea in Scienze della Formazione- indirizzo Scuole dell’Infanzia.

 Ma l’ombra più devastante è rappresentata dalla contraddizione tra il carattere generalista  espresso agli art.1,2 della legge (ai quali si rinvia) e l’art.3 in cui si fa riferimento alla istituzione di sezioni di scuole materne statali con decreto del provveditore agli studi.

Si è dato così vita a una  sorta di tavolo a 3 gambe: la Scuola dell’Infanzia Statale, la Scuola dell’Infanzia Comunale, e la Scuola dell’Infanzia privata .

La scuola dell’Infanzia statale- oggi-non è dunque“ la scuola della Repubblica,” ma solo una delle possibili opzioni.

 Ciò che più ci indigna è che la cifra complessiva delle circa 30.000 scuole dell’ Infanzia, di cui il  60% è rappresentato dalle scuole statali, vede accorpata  nell’unica voce “scuole non statali” le scuole paritarie private e quelle pubbliche dell’Ente Locale, definite anch’esse “paritarie”!!!. Di questo dobbiamo ringraziare la legge 62/2000…. A questo proposito ci preme ricordare che quando si era trattato di introdurre ai sensi del Nuovo Concordato le 2 ore di IRC nelle scuole”pubbliche” dell’Infanzia, l’on.Falcucci  ( nel 1985 min.P.I. e negoziatrice dell’Intesa con la CEI in rappresentanza del Governo italiano)  aveva riconosciuto come “pubbliche”- alla stregua delle scuole statali- le scuole dell’Infanzia comunali, (che per quanto riguarda l’IRC hanno poi propri regolamenti indipendenti dalle C.M. che riguardano esclusivamente la scuola statale…). ..La legge 62/2000 non era ancora all’orizzonte!

 Pensiamo sia giunto il momento di voltare davvero pagina. E’  finito il tempo delle contrapposizioni ideologiche che animarono polemiche e dibattiti  nel corso degli anni ’70, quando i Comuni, soprattutto del Nord Italia e soprattutto retti da Giunte di sinistra, vantavano un’attività creativa e stimolatrice delle loro scuole materne che aveva riscosso apprezzamenti in tutta Europa . La legge 444 veniva definita un abile strumento per togliere finanziamenti ai Comuni e consentire l’affermazione delle scuole private, cattoliche, che potevano impedire con la loro presenza il bisogno in loco di scuole pubbliche…Si contarono nel corso degli anni’70 varie proposte di legge, provenienti da forze laiche e di sinistra, che avevano come denominatore comune l’istituzione di scuole pubbliche comunali  (o di reti di Comuni) , a gestione sociale. Una palese contrapposizione, che non avrebbe certo sanato la frammentazione, le differenze tra le realtà delle varie amministrazioni, a partire dalla disomogeneità e pluralità dei curriculi  formativi in quegli anni richiesti alle operatrici docenti della Scuola dell’infanzia nelle Scuole comunali.

  Oggi la legge 62/2000 tutela le scuole private paritarie.

 Perché non apprestarci a fare quel passo per collegare in un unico percorso scuole statali e scuole comunali, entrambe scuole pubbliche della Repubblica? In prospettiva: un’unica graduatoria statale del personale docente. Attualmente, sollecitare Stato e Comuni per  una sinergia che impedisca a chi non trova posto nella scuola pubblica dell’Infanzia di doversi rivolgere obtorto collo a scuole private di tendenza con cui il Comune avvia convenzioni. La difesa della laicità dello Stato ha qui il suo primo banco di prova.  Il sostegno alle scuole private paritarie deve avvenire solo dopo che lo Stato avrà provveduto a sostenere i Comuni affinché nessun bambino/a sia costretto a rivolgersi a una scuola privata, di tendenza non liberamente scelta.

 Il referendum di Bologna, benché vinto, non ha impedito al Comune di rivolgersi alle convenzioni coi privati.

Ora ci sovrasta,tra le deleghe in bianco attribuite al Governo nella Legge 107/2015, la proposta contenuta nel ddl 1260 relativa al “ sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a sei anni”…A Napoli , la settimana prossima una parte del mondo della scuola  coordinato dai Comitati LIP discuterà sull’ipotesi di un referendum abrogativo di parti della legge. Essa non potrà però  riguardare deleghe a tutt’oggi inespresse.

 Contro il rischio dei  “poli per l’infanzia” dai tre mesi ai sei anni che annullerebbe la distinzione tra Asili  Nido e Scuola dell’Infanzia  fin qui delineata e creerebbe una riduzione della Scuola dell’Infanzia a Servizio educativo con confusione e interscambiabilità di ruoli tra docenti ed educatrici , e intervento dei privati, crediamo si debba mobilitare una forte opposizione.

 E’ tempo che un intervento legislativo riconosca i servizi 0-3 anni come diritto collettivo e  non più servizio a domanda individuale. Ma ciò non significa integrare impropriamente questo servizio di pertinenza comunale con la scuola dell’Infanzia, che vorremmo in prospettiva conforme allo slogan divenuto famoso in anni passati, ricchi di speranze più contraddette che incentivate : Scuola dell’Infanzia statale,  finanziata dallo Stato, programmata dalle Regioni, gestita dai Comuni.

  Crediamo sia questo il modello di Scuola dell’Infanzia conforme ai principi costituzionali.

Venezia, 29 gennaio 2016

Riportiamo altri documenti sul convegno:

Gilda degli insegnanti di Venezia

La scuola dell’Infanzia è scuola ultima modifica: 2016-02-01T21:06:24+01:00 da
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