La scuola è una priorità ovunque (non qui)

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di Andrea Capussela, Il Sole 24 Ore, 9.6.2020.

In un Paese intrappolato in un «equilibrio delle basse competenze» sarebbe stato cruciale far tornare in classe i ragazzi prima delle vacanze estive.

In Italia le scuole non hanno riaperto prima delle vacanze estive, mentre il campionato di calcio di Serie A ripartirà a giorni. La Francia ha fatto l’opposto, la Germania ha riaperto le scuole e fatto ripartire la Bundesliga. Queste differenze sono state poco discusse nel dibattito pubblico, ed è stato un errore. Francia e Germania sono le nazioni con le quali l’Italia deve compararsi, soprattutto se non intende arrendersi al proprio declino. Qui mi concentrerò sulla Francia, perché la divergenza con l’Italia è completa.

Oltralpe la riapertura delle scuole, iniziata l’11 maggio, è stata graduale. Decine sono state richiuse la settimana successiva, perché il contagio pareva riaccendersi. Ma il rischio è stato contenuto, apparentemente, e la riapertura prosegue, con i licei.

Non ne traggo una critica alla scelta, opposta, del governo italiano. Perché il tema è complesso; nell’Unione europea si è proceduto in ordine sparso; e l’Italia è stata colpita dalla pandemia più duramente della Francia, e forse è più vulnerabile.

Per le medesime ragioni non critico la decisione di far ripartire la Serie A. Si useranno precauzioni ragionevoli, presumo, e non ho motivo di prevedere che non funzioneranno.

Vorrei invece comparare i criteri usati dai due governi per compiere queste scelte. Non posso farlo perché non li conosco. Spiego allora perché mi paiono importanti, e perché il governo italiano dovrebbe essere chiamato a giustificare le proprie scelte.

Le competenze linguistiche degli adulti italiani sono le più basse nel mondo avanzato. Lo dice un’indagine Ocse condotta tra il 2011 e il 2018. Più del 70% dei cittadini di età compresa tra 16 e 65 anni ha difficoltà a comprendere un testo scritto su un argomento non specialistico, come questo articolo. Infatti solo un terzo della popolazione legge almeno un libro all’anno e un quotidiano al giorno.

In Francia e Germania la percentuale degli adulti che leggono senza difficoltà è del 42% e del 47%, rispettivamente.

Simili indagini condotte sui quindicenni nel corso del ventennio passato – i test Pisa – rendono risultati simili. Sappiamo poi che in Italia la percentuale dei giovani che hanno conseguito la laurea (28%) è la seconda più bassa nell’Unione europea, molto sotto la media (40%).

La cultura è un valore in sé, ma anche le ricadute politiche ed economiche sono gravi. Quanto alle prime, istruzione e suffragio universale vanno assieme: è difficile che una democrazia funzioni bene se neppure un terzo della popolazione possiede gli strumenti culturali – saper leggere, e ogni tanto farlo – necessari per partecipare attivamente alla vita sociale.

Quanto alle seconde, i dati che ho citato contribuiscono a spiegare il ritardo di innovazione e produttività che, sul lungo periodo, è la causa principale del ristagno della crescita. Un recente studio dell’Ocse descrive anzi un Paese intrappolato in un «equilibrio delle basse competenze», nel quale le imprese cercano e remunerano le competenze elevate meno che in Paesi comparabili e i giovani sono meno spinti ad acquisirle.

In questo quadro, riaprire le scuole doveva essere una delle massime priorità del governo. La riapertura sarebbe potuta essere graduale e differenziata; prevedere turni o simili accorgimenti avrebbe potuto ridurre i rischi; farla precedere da una sperimentazione avrebbe permesso di aggiustare la linea. Ciascuna di queste opzioni ha costi e benefici diversi: ciascuna doveva essere soppesata prima di concludere che era meglio non riaprire.

Lo stesso vale per la decisione, opposta, sul campionato di calcio.

Ora il governo dovrebbe rendere pubbliche, in dettaglio, le proprie valutazioni su scuole e calcio. E bisognerebbe compararle con le valutazioni fatte sulle medesime questioni dal governo francese, e da altri.

Se emergesse che i criteri usati per scuola e calcio sono difformi, o che nel caso della scuola non si è esplorata ogni ragionevole possibilità per riaprire, al governo e alla maggioranza dovrebbe essere imposto un costo politico elevato. Non lo farà l’opposizione, dovrà farlo l’opinione pubblica.

«Governare è far credere», dice una massima attribuita a Niccolò Machiavelli: meno i cittadini sono capaci di orientarsi nel dibattito pubblico, più è facile dominarli. Infatti il regime fascista lasciò alla repubblica un Paese «scolasticamente sottosviluppato», come scrisse il linguista Tullio De Mauro. La democrazia colmò il divario quantitativo – misurato dalla media degli anni di scolarizzazione – ma non quello qualitativo, come dicevo sopra.

Questo divario dovrebbe essere il rovello del governo sostenuto dalla sinistra riformista e da un movimento che vuole rappresentare i cittadini in generale. Se davvero avessero preferito il calcio alla scuola avrebbero tradito coloro che dichiarano di rappresentare, e proprio nel loro interesse più importante sul lungo termine.

Il ritorno alla sembianza di una vita normale lascia l’Italia di fronte a un bivio, del resto, tra la prosecuzione del declino dell’ultimo quarto di secolo e una nuova fase di sviluppo. La ripresa richiede innovazione, innanzitutto, la quale richiede supremazia della legge e responsabilità politica più forti e migliore istruzione. Costringere il governo a giustificare le proprie scelte su scuola e calcio sarebbe un inizio incoraggiante.

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La scuola è una priorità ovunque (non qui) ultima modifica: 2020-06-09T22:11:11+02:00 da
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