di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 18.10.2022.
Il posto di Ministro dell’Istruzione appare residuale rispetto ad altre cariche di peso.
In questi giorni in cui i partiti della coalizione di centro-destra che hanno vinto le elezioni si stanno confrontando e scontrando per la spartizione delle cariche ministeriali e di sottogoverno, appare chiara una cosa: il Ministero dell’Istruzione è quello meno citato e di minor interesse per la stampa nazionale e dei tanti, troppi, commentatori politici che occupano televisioni e radio nelle ultime settimane.
Il posto di Ministro dell’Istruzione appare residuale rispetto ad altre cariche di peso.
Alcuni fanno capire che prendere l’Istruzione è una rogna. I soldi a disposizione per garantire contratto per i docenti e riforme promesse sono del tutto insufficienti soprattutto di fronte ad altre emergenze che caratterizzano il contesto economico-sociale attuale e nel prossimo futuro.
L’eredità dei precedenti ministri è sconsolante. Tutti i problemi sono ancora aperti (contratto, precariato tra tutti) mentre il precedente Parlamento è intervenuto in più occasioni con Legge a modificare lo status lavorativo dei docenti (si pensi alla formazione obbligatoria per educazione civica e disabilità e all’introduzione del docente “esperto”) con ampie forzature contrattuali.
Il ruolo del Ministro è stato in questi casi quello di legittimazione esterna di microriforme peggiorative per i docenti e per la scuola in generale senza offrire alcun beneficio stipendiale o di investimenti sui contenuti della didattica. Vedremo quale sarà il nuovo Ministro o la nuova Ministra.
Dubitiamo che ci sarà discontinuità con la visione confindustriale che ha caratterizzato le decisioni gli ultimi governi con la legge 107/15 presa ancora come punto di riferimento per qualsiasi riforma.