di Chiara Saraceno, la Repubblica, 6.9.2018
Invece, al momento della riapertura delle scuole, qualche cosa manca sempre a ogni livello organizzativo. Tra diritto degli insegnanti di ruolo a chiedere il trasferimento ad altra sede fino all’ultimo minuto, assunzioni ritardate che a loro volta innescano possibili rinunce e richieste di trasferimento, ricorsi vari, appalti per le mense non completati, lavori di adeguamento edilizio non fatti per mancanza di finanziamenti o perché avviati in ritardo e così via, non solo il primo giorno di scuola, anche tutta la prima settimana, se va bene, inizieranno a tempo ridotto. Le classi e gli alunni, di ogni ordine e grado, più sfortunati dovranno aspettare anche diverse settimane prima di avere tutti gli insegnanti.
Questa disorganizzazione e la perdita di tempo che comporta, al di là e nonostante la dedizione dei singoli insegnanti, comunica a ragazzi e genitori l’idea che la scuola non sia una cosa seria, che il tempo scolastico possa venire ridotto a piacimento in base a esigenze (dis)organizzative che nulla hanno a che vedere con i compiti della scuola. È la stessa logica per cui le scuole vengono utilizzate come seggi elettorali rimanendo chiuse per giorni.
Sono sempre le famiglie a doversi adattare alla (dis)organizzazione scolastica, come se il tempo dei genitori (o dei nonni) non valesse nulla e fosse una risorsa sempre a disposizione, senza altri obblighi e vincoli. Ci si aspetta che i genitori prendano un permesso ogni volta che c’è un’assemblea di classe o ricevimento degli insegnanti, o quando devono andare a firmare il diario dei figli: il tutto sempre in orario scolastico. Ma ci si aspetta anche che le famiglie facciano fronte quando l’organizzazione scolastica non funziona come dovrebbe. È doveroso che i genitori si interessino all’andamento scolastico dei figli e collaborino con gli insegnanti nel progetto educativo. Ma non è giusto che ci si aspetti che facciano fronte anche alle incapacità organizzative della scuola. La maggioranza di bambini e ragazzi oggi ha entrambi i genitori (o l’unico presente) occupati nel mercato del lavoro, quindi non si può dare per scontato che ci sia sempre una madre disponibile a tappare i buchi organizzativi. Ma anche se ci fosse, non sarebbe giusto lo stesso, perché è la scuola che deve far fronte alle proprie responsabilità nel tempo che le spetta. Anche questa assunzione di responsabilità fa parte del rapporto educativo.
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