La scuola in difficoltà/2. Tra baby-sitting e dependance delle ATS

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TuttoscuolaNews, n. 1021 del 17.1.2022.

Gilda Venezia

Cosa sta succedendo in questi primi giorni di scuola del 2022? 

Andando oltre le posizioni di principio, in larga parte condivisibili, e al di là certamente delle intenzioni, nella realtà operativa le scuole sono rimaste stritolate nell’abile (dal punto di vista comunicativo-mediatico) “panino” chez Draghi: la scuola deve essere in presenza ma al minimo segnale (in rapporto alla travolgente pervasività del virus) si va in dad. Peccato che per gestire quel “minimo segnale” c’è un mondo di complessità organizzative e pratiche che sta mettendo se non in ginocchio, in seria difficoltà le scuole nell’erogare un servizio di livello quanto meno ordinario. Ma soprattutto: così la scuola per gli alunni che frequentano è diventata non un luogo di educazione ma in molti casi e con una gradazione differente a seconda dello stato organizzativo delle singole scuole, una specie di parcheggio sociale che consente ai genitori di andare a lavorare o, se sono in smartworking, di non contendere ai figli l’uso dei devices di casa. Per gli alunni che non frequentano va anche peggio perché, ammesso che riescano a collegarsi, assistono a lezioni fatte per alunni in presenza, quasi inevitabilmente frontali e non interattive come vorrebbe una DaD bene organizzata. Nel frattempo presidi, staff e segreterie sono da un versante sommersi da comunicazioni, domande, sfoghi da parte dei genitori, e su un altro versante cercano disperatamente una interlocuzione con le ATS (Agenzie di Tutela della salute), cioè con il servizio sanitario, alle quali spetterebbe per competenza la gestione di tutti gli aspetti legati alla circolazione del virus.

Come dire, forzando i toni ma senza allontanarsi troppo dalla realtà, che paradossalmente la scuola che funziona dal 10 gennaio è fatta di docenti “baby sitter” e di dirigenti scolastici, collaboratori e segreterie si caricano dati in svariate piattaforme, si ricevono e si inviano incessantemente comunicazioni. “Un delirio”, è la definizione che con più frequenza si ascolta parlando in questi giorni con loro. E il tempo per “fare scuola” è residuale, se va bene. in cui si tenta di rispondere ai dubbi delle famiglie, di individuare e tracciare i contatti stretti, si caricano dati in svariate piattaforme, si ricevono e si inviano incessantemente comunicazioni. “Un delirio”, è la definizione che con più frequenza si ascolta parlando in questi giorni con loro. E il tempo per “fare scuola” è residuale, se va bene.

Uno scompiglio, insomma, che dal punto di vista didattico potrebbe produrre effetti negativi anche maggiori di quelli che avrebbe provocato il ricorso alla DaD per due o tre settimane, soprattutto se annunciato per tempo e accompagnato dallo sforzo di affrontare in quel breve periodo almeno i problemi organizzativi più urgenti ed evidentemente non precorsi: in primo luogo la fornitura delle FFP2, un sistema di monitoraggio e tracciamento minimamente affidabile, la dotazione di apparecchi per la depurazione dell’aria. Insieme a queste misure il Ministero avrebbe pur avuto il tempo e l’opportunità di definire alcune regole per la gestione della didattica in DaD, e anche per il periodo successivo, fino al termine dell’anno scolastico, per esempio in materia di riduzione del carico curricolare e di valutazione, privilegiando quella formativa. Non si è fatto, e così l’intenzione dichiarata di evitare la DaD per evitare la crescita delle disuguaglianze si sta traducendo in una realtà che rischia di aumentare ancora di più le disuguaglianze, a danno soprattutto degli alunni più fragili: un classico caso di eterogenesi dei fini.

Si è ancora in tempo per rimediare? .

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La scuola in difficoltà/2. Tra baby-sitting e dependance delle ATS ultima modifica: 2022-01-17T05:57:21+01:00 da
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