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La scuola italiana è raccontata peggio del coronavirus

dal blog di Galatea Vaglio, 29.2.2020

– Si parla molto di quanto il giornalismo italiano ha raccontato male il coronavirus, ma sono anni che racconta la scuola italiana persino peggio.

Da quello che leggo oggi, forse ieri sera ho fatto bene a non guardare la puntata di Presa Diretta, perché mi sarei inutilmente rovinata il fegato.
In questi giorni si è tanto parlato di come i giornali e i giornalisti si siano comportati in maniera poco professionale nel dare notizie sull’epidemia. Bisognerebbe riflettere anche sul fatto che la stessa identica cosa avviene, e da anni, quando parlano di scuola.

La scuola raccontata male dal giornalismo

La scuola è uno di quegli argomenti strani, come le discriminazioni sulle donne: se ne parli tu che sei insegnante, ti saltano addosso dicendo che sei di parte. Invece, misteriosamente, chi ne parla senza saperne nulla, senza essere più entrato nelle aule da decenni, o ripentendo come un mantra ricette inapplicabili che in una classe non reggerebbero cinque secondi, è credibile e ha titolo per farlo.
La scuola viene sempre presentata come una specie di empireo, chiuso verso l’esterno, che resta immobile. E viene accusata di questo. Ma paradossalmente la si analizza anche come se fosse staccata da tutto e dalla società che la produce.

I docenti fannulloni e le loro colpe

Non ha fondi sufficienti, i docenti vengono trattati come mangia pane a tradimento, la loro professionalità sbeffeggiata, eppure si pretende che da soli sanino i problemi dell’intera società.
Siamo una nazione che fino a due generazioni fa era poverissima e deprivata culturalmente. Abbiamo oggi forse qualche soldo in più, ma il gap culturale è spesso rimasto uguale persino nelle aree più sviluppate del paese. I nonni e i padri non leggono, non hanno studiato, minimizzano il valore dell’istruzione convinti che non serva, smorzano gli entusiasmi dei ragazzi dicendo loro di non perdere tempo con tutta quella fuffa inutile che è la cultura. Passano alle giovani generazioni un modello irresponsabile di produzione spesso “senza cervello”, dicendo loro che i soldi di fanno anche senza studio e senza approfondimento, riproponendo schemi mentali arcaici.

La scuola italiana e le colpe della politica e della società

Politici ignoranti avallano questa idea e spingono perché la scuola diventi una sorta di luogo di addestramento per il personale, non capendo che non serve formare gente che sappia usare quello che già c’è ma spingere le persone a ragionare per inventare quello che ancora non esiste. E per farlo bisogna spaziare il più possibile e affrontare materie che apparentemente non hanno ricadute pratiche, perché le connessioni rivoluzionarie sono quelle che uniscono ciò che pare più lontano.
Gli insegnanti in questi anni si sono formati, spesso da soli e autonomamente, senza alcun riconoscimento monetario ma soprattutto morale. Hanno provato a mettere in atto pratiche innovative, costruire lezioni assai differenti da quelle di un tempo, mettere in piedi con gli alunni rapporti ben diversi. Oggi chiunque entri in un’aula scolastica, contrariamente a quanto dicono, non troverebbe che vengono riproposte le stesse lezioni di quarant’anni fa.
Ma quando ci raccontano tutto questo non viene mai citato, o raccontato come se fosse un miracolo ristretto a qualche isola felice in mezzo al marasma. Ai docenti poi vengono addossate tutte le colpe. Se la scuola non funziona sono loro che non sono abbastanza bravi, formati, entusiasti. Li si accusa di essere mediamente incapaci, ignoranti, renitenti al cambiamento.
Ci sono anche gli incapaci, per carità. Ma una percentuale di gente che dovrebbe fare un altro mestiere è presente in tutte le professioni, anche fra gli impiegati del catasto. Però è strano che con questa enorme percentuale di assoluti incapaci la scuola italiana, tutto sommato, sforni centinaia di migliaia di alunni che ogni anno poi hanno successo all’estero, sono competenti e richiesti dal mercato. È che tra l’altro spesso devono emigrare, perché qui, dato che sono “troppo formati” non trovano chi li assuma.

I suggerimenti schizofrenici per migliorare la scuola

I suggerimenti che poi vengono dati per migliorare la scuola sono schizofrenici. C’è chi loda il modello finlandese (senza per altro spesso manco sapere come funziona) ma poi dice che dobbiamo rimettere il piedistallo sotto la cattedra, bocciare come se non ci fosse un domani, riapplicare modelli autoritari che comunque oggi non funzionerebbero più. C’è chi propone di affidarsi a modelli didattici che nel resto del mondo sono stati adottati decenni fa e ora tutti stanno precipitosamente abbandonando. C’è chi crede che la tecnologia di per sé sia una sorta di bacchetta magica che sana tutto, senza capire che i decide sono un mezzo, non un metodo o un contenuto. C’è chi pensa che il problema si risolva introducendo o togliendo una materia o l’altra, non rendendosi conto che una materia da sola non conta nulla o poco, perché l’apprendimento è un sistema organico, in cui tutto va in circolo. E anche perché un’ora in più o in meno di latino, coding, economia o diritto alla settimana non possono fare miracoli di per sé. Ma tutti parlano, e facessero solo questo sarebbe il meno: fanno danni.

La scuola è un disastro?

In Italia la scuola è un disastro? In Italia la scuola va persino troppo bene visto le condizioni inumane in cui opera. È come se chiedeste ad un medico che ha un bisturi e un po’ di alcool e basta e vive in uno sperduto villaggio in cui tutti lo dileggiano e lo ostacolano perché credono agli stregoni di avere gli stessi risultati nel curare i pazienti di uno che sta in un ospedale attrezzatissimo in un quartiere ricco di NewYork. Eppure nemmeno nel nostro Rinascimento i Michelangelo, i Leonardo sarebbero emersi se attorno a loro non ci fosse stata una società che era pronta ad accoglierli e ha fatto di tutto per appoggiarli.
Perché il contesto in cui ti muovi è spesso assai più determinante di quello che fai.
Che si racconti questo, una buona volta, ecco.

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La scuola italiana è raccontata peggio del coronavirus ultima modifica: 2020-03-01T05:52:56+01:00 da
Gilda Venezia

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