Riforma

La scuola nell’epoca della sua aziendalizzazione

dal blog  Una discussione sulla scuola oltre la scuola, 21.5.2023.

1. Scuola e società

Con la legge dell’11 Floreale dell’anno X (1° maggio 1802), la Francia napoleonica dava l’avvio all’istruzione secondaria europea nelle forme precorritrici di quelle che ancora oggi conosciamo e strutturava razionalmente la gestione dei diversi ordini e gradi scolastici. In tal modo confermava e dettagliava dal punto di vista territoriale e istituzionale quello che era stato l’orientamento del governo fin dalle prime fasi della Rivoluzione: considerare l’istruzione della popolazione una necessità collettiva, renderla obbligatoria entro un limite di età fissato, e attribuirne la responsabilità allo Stato e alle sue articolazioni locali.

Da allora nessun paese è considerato virtuoso se le sue istituzioni statali falliscono nel soddisfare quella necessità. Si tratta di una concezione che è divenuta senso comune, mai del tutto negata nemmeno dai più strenui sostenitori dell’iniziativa privata in ogni aspetto della vita.

Una conseguenza di tutto ciò, storicamente verificabile con facilità, è che se la scuola di un paese cambia, vuol dire che in quel paese è cambiata la società. E non c’è forza in grado di cambiare la scuola di un paese se il suo assetto sociale non viene messo in discussione. Non per un caso la moderna scuola pubblica è nata da una rivoluzione.

L’Italia, negli ultimi trent’anni circa, è stata attraversata da una sequenza pressoché ininterrotta di riforme del sistema dell’istruzione pubblica: alcune abortite, altre lasciate in sospeso, altre ancora condotte a fondo. Se tali riforme e tentativi di riforma fossero stati in contraddizione fra loro, dovremmo dedurre che il trentennio appena trascorso sia stato un periodo di continui rivolgimenti sociali. Ma basta uno sguardo superficiale a capire che si è trattato dei successivi passaggi di un unico processo, sviluppatosi lungo una linea di tendenza in sé coerente. Dunque il rivolgimento è stato uno solo, così esteso e profondo da avere bisogno di tre decenni per compiersi. E, in ragione di quanto fin qui sostenuto, tale rivolgimento non deve avere fatto altro che adeguare la scuola italiana a dei mutamenti in atto nella società. Di quali mutamenti si è trattato?

Nel periodo a cui ci riferiamo, la società italiana si è caratterizzata per una privatizzazione massiccia in tutti i settori strategici: dalle infrastrutture all’energia, dalle comunicazioni alla sanità, dai trasporti ai beni culturali. Il lavoro diveniva sempre più precario e deregolamentato e i diritti dei lavoratori venivano ridotti e ridefiniti per andare incontro alle richieste delle imprese (la cosiddetta flessibilità). Parallelamente si faceva strada, in tutti gli strati sociali, una mentalità che assume come propri della persona gli interessi, i punti di riferimento, gli schemi di ragionamento e finanche il linguaggio del mondo aziendale. L’impresa privata, che, come in ogni società capitalistica, era già il soggetto su cui si basava il tessuto economico e le cui esigenze erano poste a base dell’ordinamento giuridico e legislativo e dell’orientamento dei governi, diveniva anche il modello a cui ispirare la vita stessa degli individui.

Il punto culminante del processo descritto è rappresentato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), giunto a ideale conclusione del trentennio. Come è noto, si tratta di un progetto per il rilancio della società italiana dopo una prolungata fase di crisi che data almeno dal 2008-2009, e il cui picco negativo determinato dalla pandemia da Covid-19 (ma che sta per essere superato dagli effetti della guerra in corso) ha avuto un impatto particolarmente traumatico su tutti i fronti. Il Piano è l’attuazione su scala nazionale del programma Next Generation EU, elaborato e finanziato (solo in parte a fondo perduto) dall’Unione Europea, la quale monitora il rispetto dei parametri a cui il finanziamento stesso è condizionato mediante l’imposizione di obiettivi semestrali ai quali gli stati beneficiari sono vincolati. Si articola in 16 Componenti raggruppate in 6 Missioni. Al paragrafo Missioni e Componenti del Piano1 si elencano e si descrivono per sommi capi tali sezioni: una rapida scorsa chiarisce i principi ispiratori.

La Missione 1 è denominata “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”: l’accostamento dei termini parla da sé. La Missione 2 “ è volta a realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia per rendere il sistema sostenibile e garantire la sua competitività”: altra associazione terminologica che non ha bisogno di commenti. La 3 (Infrastrutture per una mobilità sostenibile) “ si pone l’obiettivo di rafforzare ed estendere l’alta velocità ferroviaria nazionale e […] Potenzia i servizi di trasporto merci secondo una logica intermodale in relazione al sistema degli aeroporti. La 4 (Istruzione e ricerca) “rafforza gli strumenti di orientamento e riforma il reclutamento e la formazione degli insegnanti”. La Missione 5 (Inclusione e coesione) “sostiene il sistema duale e l’imprenditoria femminile e […] promuove il ruolo del terzo settore nelle politiche pubbliche”. Infine, la Missione 6 (Salute) “Sostiene le competenze tecniche, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario”.

L’insistenza su concetti come “competitività” e “competenze manageriali”, significativamente anche con ruolo decisivo in ambiti quali la cultura, la sanità e la “transizione verde”, nonché il rilievo dato a programmi quali l’alta velocità e il sistema duale, confermano che si sta parlando di informare l’intera società ai principi aziendali. Il ruolo assegnato al terzo settore nelle politiche pubbliche, poi, è una variante della cosiddetta sussidiarietà: affidamento a soggetti privati di quelle responsabilità che dovrebbero ricadere sul settore pubblico per essere improntate al bene della collettività e non a interessi particolari di impresa. E nella scuola, quel rilievo dato all’orientamento e alla riforma del reclutamento degli insegnanti è un sancire definitivamente l’organizzazione per mission e la gerarchizzazione di stampo aziendale anche negli istituti preposti all’educazione.

Per dissipare ogni dubbio, è utile dare uno sguardo alla tabella di seguito riportata, che illustra gli stanziamenti di denaro all’interno di ogni Missione articolati per singole Componenti.

La Missione 1, che piega la cultura alle logiche della concorrenza, riceve da sola più o meno la somma dei finanziamenti toccati a Salute e Istruzione; e a fare la parte del leone al suo interno è proprio la competitività del sistema produttivo (Missione 1 Componente 2). All’alta velocità/capacità ferroviaria nel trasporto di merci (Missione 3 Componente 1) è assegnata una cifra più o meno doppia di quella destinata alle politiche per il lavoro (Missione 5 Componente 1). E così via.

Se dal quadro generale del Piano passiamo agli obiettivi attuativi semestrali fissati dal governo italiano e approvati dal Consiglio dell’Unione Europea in data 8 luglio 2021, cadono ulteriori veli. Riportiamo un solo esempio, che ben inquadra il nocciolo della questione.

La misura correlata alla M1C1-70, pertinente al secondo trimestre 2022, all’obiettivo IV recita: “Ridurre progressivamente le restrizioni al subappalto”. Cioè le imprese subiranno meno controlli su quali attività decidere di subappaltare, a chi e a che termini. Sarà quindi più difficile individuare e sanzionare subappalti che aggirino le norme in materia di sicurezza, rispetto dell’ambiente e della salute della popolazione, corretto trattamento e adeguata retribuzione dei lavoratori. Dunque un intervento per minimizzare i costi e massimizzare i profitti alle stazioni appaltanti: ancora una volta, l’interesse aziendale assunto come principio ispiratore nell’azione dell’autorità pubblica e nella destinazione dei soldi pubblici. Ogni paragrafo di ogni singola Missione è improntato a un simile orientamento, ma non è questa la sede per una disamina analitica di ciascuno di essi. Chiarito quale sia il modello sociale a cui la scuola odierna è chiamata ad adattarsi, osserviamo adesso più da vicino questo adattamento.

 

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La scuola nell’epoca della sua aziendalizzazione ultima modifica: 2023-05-22T05:05:24+02:00 da
Gilda Venezia

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