La scuola rimanda a settembre il Pnrr: “Troppi soldi e personale inadeguato”

di Corrado Zunino, la Repubblica, 28.5.2023.

I presidi: “Impossibile rispettare la scadenza del 30 giugno, le segreterie non riescono a stare dietro i progetti”. Sulla creazione di ambienti innovativi l’industria arranca. E per la lotta alla dispersione manca ancora il decreto sui fondi

Gilda Venezia

ROMA – La data del 30 giugno le scuole d’Italia la considerano andata. “Non si potrà rispettare”, dice la dirigente scolastica del Liceo Newton di Roma, Cristina Costarelli. L’Associazione nazionale presidi, di cui è presidente per il Lazio, ha già chiesto lo spostamento di quella frontline al 30 settembre. L’Andis, che rappresenta i dirigenti scolastici, addirittura al 30 ottobre. “Stiamo rischiando di collassare per un eccesso di risorse da gestire, investire, monitorare e poi rendicontare”.

Lo sostiene anche Alfonso D’Ambrosio, dirigente dell’Istituto comprensivo di Lozzo Atestino, provincia di Padova, che pure sui singoli progetti è abituato a correre come un levriero: “Per quella scadenza non ce la possiamo fare”. E’ uno dei sedici presidi sentiti da Repubblica a proposito delle fatiche del Pnrr scuola.

Un piatto da 19,44 miliardi

Il 30 giugno – che adesso il ministero dell’Istruzione e del Merito derubrica a “data intermedia” – le scuole d’Italia dovrebbero aggiudicare “forniture e servizi” finanziate dal gigantesco Piano nazionale di resilienza e ripresa (Pnrr, appunto) nella sua branca scolastica. Dentro quel titolo ci sono, per esempio, i laboratori, necessari per dare modernità e senso pratico alla nostra didattica. Dei 2,1 miliardi di euro previsti per il Piano scuola 4.0 – l’intera partita istruzione vale, da sola, 19,44 miliardi – ben 1,7 serviranno per creare ambienti innovativi. “Oggi il mercato non ha la capacità di fornire le attrezzature per l’innovazione digitale dei luoghi di apprendimento”, spiega Roberta Fanfarillo, dirigente scolastica del Liceo Pietrobono di Alatri e sindacalista della Flc Cgil. I limiti di produzione dell’industria d’arredamento scolastico erano già emersi durante la corsa senza fiato avviata da undici industrie per fabbricare 2,4 milioni di banchi a rotelle pretesi, in tempo di Covid, dall’ex ministra Lucia Azzolina.

I ritardi sulle partite scolastiche in cui i “soggetti attuatori” sono, però, comuni e province, ovvero i proprietari degli immobili, già si conoscevano: 4,6 miliardi destinati agli asili nido e alle scuole dell’infanzia, 555 milioni per le infrastrutture sportive, 550 milioni per realizzare 908 mense. No, non ci sono ancora contratti stipulati in questa area del piano finanziato dall’Unione europea. I problemi, tuttavia, ora si presentano anche a proposito degli assegni versati dallo Stato direttamente alle tesorerie delle scuole. Ecco, in quest’area come siamo messi? Per il Piano scuola 4.0 (sono 2,1 miliardi) le segreterie amministrative hanno caricato i progetti entro il 28 febbraio scorso e in questi giorni stanno ricevendo i soldi, assicura la struttura ministeriale dedicata al Pnrr.

Per il miglioramento dell’insegnamento delle discipline Stem e linguistiche e la formazione al digitale del personale (qui sono 1,2 miliardi), il decreto ministeriale è stato firmato il 12 aprile, ma gli istituti scolastici non hanno ancora messo le loro idee sulla piattaforma. Anche per l’assegnazione dei 400 milioni necessari per allargare il tempo pieno scolastico nel Paese si denunciano ritardi. E per quanto riguarda il miliardo da assegnare, su più voci, per contrastare la dispersione scolastica degli studenti, il ministero conferma: “E’ in corso di definizione l’assegnazione delle risorse in modo che le scuole possano avviare le attività dal prossimo anno scolastico”. E’ in corso di definizione.

Il 16 febbraio è stato approvatoin Consiglio dei ministri un testo per la semplificazione e l’accelerazione dei lavori nelle scuole, ma manca solo un mese all’obbligo europeo per l’assegnazione di “forniture e servizi” e alcune partite sono semplicemente in mare aperto. Alessandro Artini, dirigente scolastico in quiescenza, presidente di Anp Toscana, dice: “Per rispettare i tempi si dovrebbe lavorare d’estate a organici ridotti e senza la componente dei docenti. Le segreterie, costituite da ex bidelli privi di formazione, non sono all’altezza né della programmazione né dell’esecuzione. I progetti, talvolta dedicati alle biblioteche di scuola, sono risibili. Potevamo puntare sulle macchine per il ricambio dell’aria e sull’informatica, ma ci siamo dimenticati sia della pandemia che della Dad”.

Un esempio puntuale della difficoltà a realizzare scuole nuove arriva da Limana, provincia di Belluno. Il progetto per il consolidamento antisismico della primaria Cibien, un lavoro da 3 milioni e 360 mila euro, è stato accantonato perche l’istituto non era stato messo a catasto. “Non saranno questi fondi a cambiare la scuola italiana”, dice profetica la preside del comprensivo “Viscontino” di Roma, Piera Guglielmi. Il Liceo classico e statale Pio Albertelli, sempre nella capitale, aveva persino deliberato un “no” ai 273.000 euro ricevuto dal Pnrr: “Non risolvono i problemi reali destinati, come sono, alla tumultuosa emergenza innovazionistica”, era la ragione della bocciatura messa a verbale. Gli eredi del partigiano Albertelli, cui la scuola è dedicata, si sono opposti e nelle scorse ore si è trovato il compromesso di rivedere i progetti “imposti dall’alto”.

Gli istituti non accatastati

La piattaforma di gestione ha fatto registrare ritardi, dice ancora il sindacato Andis, attribuendo responsabilità al ministero. Il direttore dell’Ufficio scolastico provinciale di Belluno, Massimiliano Salvador, rivela: “In alcuni casi potremmo riscontrare difficoltà, in ragione della particolare complessità dei progetti e della mancanza di personale nelle segreterie”. Cosa se ne fa la scuola dei soldi per l’innovazione tecnologica se poi è costretta a insegnare in aule che cadono a pezzi? La domanda è del sindacato Dirigentiscuola: “E’ impossibile gestire gli assegni del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Siamo disorientati e in difficoltà su procedure per le quali esistono, ad oggi, dubbi interpretativi che il ministero, a più riprese sollecitato, non ha ancora fugato”.

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