avv. Giuseppe Sabbatella, DirittoScolastico.it, 7.1.2024.
- La sopravvenuta inidoneità permanente del dipendente pubblico – 2.0 La specialità del diritto del lavoro scolastico – 2.1. Dispensa dal servizio per sopravvenuta inidoneità fisica – 2.2. Dispensa dal servizio per incapacità didattica – 3. Dispensa dal servizio per scarso rendimento – 2.4 Dispensa per mancato superamento del periodo di prova
- La sopravvenuta inidoneità permanente del dipendente pubblico
L’inidoneità del dipendente a svolgere le mansioni determina una impossibilità della prestazione lavorativa che, in presenza di alcune condizioni, può comportare la risoluzione del rapporto di lavoro
Con specifico riferimento al pubblico impiego contrattualizzato, la materia è disciplinata dall’art. 55 octies del d.lgs. 165/2001, che dopo aver affermato la possibilità per l’amministrazione datrice di lavoro di risolvere il contratto con il dipendente dichiarato permanentemente inidoneo al servizio, ha delegato il Governo a regolamentare gli aspetti attuativi della disciplina.
La delega è stata esercitata con l’adozione del regolamento di cui al d.P.R. n. 171 del 27 luglio 2011 che ha introdotto la nuova disciplina della risoluzione del rapporto di lavoro pubblico nel caso di permanente inidoneità al servizio distinguendo tra:
- Inidoneità psicofisica permanente assoluta con riferimento a quel difetto fisico o mentale tale da determinare l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;
- Inidoneità psicofisica permanente relativa intesa quale infermità o difetto fisico o mentale tale da determinare l’impossibilità permanente allo svolgimento di alcune o di tutte le mansioni dell’area, categoria o qualifica di inquadramento.
Accanto alle inidoneità che riguardano la sfera psicofisica del dipendente il regolamento prevede poi una ulteriore forma di inidoneità che deriva dal superamento del primo periodo di assenza con diritto alla conservazione del posto di lavoro previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento.
È appena il caso di precisare che solo l’inidoneità psicofisica permanente assoluta costituisce causa di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 del d.P.R. n. 171 del 27 luglio 2011. Diversamente, in caso di inidoneità permanente relativa, l’amministrazione competente ha il potere dovere di porre in essere ogni utile tentativo di recupero al servizio attivo del dipendente, anche i mansioni equivalenti o di altro profilo professionale riferito alla posizione di inquadramento.
In merito all’organismo competente circa i suddetti accertamenti, vi è da dire che, a partire dal 1° giugno 2023, le competenze e le attività delle Commissioni mediche di verifica operanti nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze sono state trasferite all’Inps, come disposto dall’articolo 45, comma 3-bis, del decreto-legge 21 giugno 2022 n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022 n. 122.
2.0 La specialità del diritto del lavoro scolastico
Con riferimento al diritto del lavoro scolastico, nello specifico al personale docente, oltre ai suddetti casi di sopravvenuta inidoneità fisica esistono altri due casi di risoluzione del rapporto di lavoro, dovuti all’incapacità didattica o allo scarso rendimento, che andremo dettagliatamente ad esaminare nei paragrafi che seguono.
Occorre però, prima di tutto, precisare che i due ultimi tipi di dispensa dall’impiego non hanno nulla a che vedere con lo stato di salute del dipendente e che prescindono, dunque, da valutazioni di ordine medico. Tali forme di inidoneità comportano, invece, valutazioni di tipo tecnico che avvengono nel corso di autonomi procedimenti che possono anche condurre, nei casi più gravi, alla risoluzione del rapporto di lavoro.
2.1. Dispensa dal servizio per sopravvenuta inidoneità fisica
Per il comparto scuola la fattispecie è disciplinata dall’art. 17 del CCNL del 29/11/2007, norma che continua a trovare applicazione anche dopo la stipula dei successivi contratti collettivi nazionali.
La suddetta norma prevede che il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo di diciotto mesi. Allo scadere del termine il lavoratore, in casi particolare gravità comprovati da documentazione medica, può presentare al dirigente un’istanza finalizzata alla concessione di un ulteriore periodo di conservazione del posto, pari ad altri 18 mesi, senza corresponsione di alcuna retribuzione [1].
Prima di concedere al dipendente l’ulteriore periodo di assenza, l’amministrazione procede all’accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite del competente organo sanitario, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.
Dal dettato normativo, dunque, si evince che il lavoratore non ha un diritto soggettivo alla proroga del periodo di comporto, tant’è che al termine del primo periodo, nelle more dell’iniziativa datoriale finalizzata all’effettuazione della visita di idoneità, è tenuto a presentarsi al lavoro alla cessazione dello stato di malattia (cfr. in tal senso Cass. – Sezione Lavoro – n. 29756 del 12 ottobre 2022).
Il superamento dei periodi di conservazione del posto è, pertanto, condizione sufficiente a legittimare il recesso ai sensi del comma 4 del citato art. 17 che avviene su iniziativa del Dirigente scolastico, il quale, al verificarsi dei presupposti previsti dalla norma, provvederà a risolvere il contratto previa diffida al lavoratore.
Nel caso in cui il dirigente sia intenzionato a concedere al dipendente ulteriori diciotto mesi, lo stesso dovrà avviare, dandone avviso all’interessato, la procedura per l’accertamento dell’idoneità psicofisica allo scopo di verificare se il lavoratore, allo scadere del secondo periodo di conservazione del posto di lavoro, sia effettivamente in grado di riprendere servizio per le mansioni precedenti alla malattia. Qualora tale circostanza non si verifichi, il dirigente procederò alla risoluzione del rapporto di lavoro con conseguenziale corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso.
In conclusione, è opportuno ricordare che la procedura d’ufficio finalizzata all’accertamento dell’idoneità al servizio può essere attivata, oltre che nella citata ipotesi di cui all’art. 17, comma 2, CCNL 2007, anche nell’ulteriore ipotesi in cui il dirigente, sulla base delle esigenze riscontrate nel caso concreto, valuti nel comportamento del dipendente la presenza di disturbi psichici gravi ovvero condizioni fisiche tali da far presumere l’esistenza di una potenziale inidoneità al servizio svolto (art. 3, comma 3, lett. b) e c) del d.P.R. n. 171 del 27 luglio 2011).
2.2. Dispensa dal servizio per incapacità didattica
L’incapacità didattica, che rende il docente non idoneo alla funzione, consiste nell’inettitudine assolutae permanente a svolgere l’insegnamento che deriva da deficienze obiettive, culturali, intellettive o comportamentali.
L’incapacità, dunque, deve essere non solo assoluta, ma anche definitiva ovvero tale da impedire ogni possibilità di adempimento futuro, perché l’ostacolo preclude la possibilità che il dipendente ottemperi proficuamente a quanto previsto dal contratto di lavoro ovvero al ruolo proprio della funzione docente.
Non occorre dimenticare, infatti, che la libertà di insegnamento (art. 33 Cost.) è necessariamente strumentale al diritto all’istruzione dei discenti (art. 34 Cost.) e quindi l’insegnamento deve essere necessariamente indirizzato alla formazione morale e civile al fine del pieno sviluppo della personalità dei cittadini (artt. 1, 2 e 395 d.lgs. n. 297/1994).
Alla luce di quanto detto, il lavoratore non solo è obbligato a svolgere attività didattica, ma è obbligato a prestare la propria attività di docente nel rispetto della programmazione scolastica e in modo strumentale al raggiungimento del fine della scuola di soddisfare il bisogno sociale d’istruzione.
Ecco dunque spiegato che l’incapacità didattica non attiene a comportamenti colpevoli dell’insegnante da accertare nell’ambito di un procedimento disciplinare, quanto piuttosto a valutazioni oggettive che, all’esito di un accertamento tecnico (visita ispettiva), risultano sintomatiche della mancanza di attitudine all’impiego del docente. L’accertamento di tale forma di inidoneità non segue, pertanto, le regole di cui agli artt. 55 bis e ss del d.lgs. n. 165/01 in materia di procedimento disciplinare, tuttavia, ai fini dell’esercizio del diritto alla difesa è opportuno che al lavoratore sia quantomeno comunicato l’avvio del procedimenti amministrativo ex art. 7 l n. 241/90.
Un agevole ed evidente esempio di dispensa dal servizio per incapacità didattica è stato oggetto di una recente pronuncia della Suprema Corte, ripreso anche dalla stampa nazionale per il clamore suscitato (cfr. Cass. – Sezione Lavoro, n. 17897 del 22 giugno 2023).
Nel caso oggetto del giudizio di legittimità, il provvedimento di dispensa era stato intimato ad una docente di scuola secondaria di secondo grado risultata assente dal lavoro per circa 20 anni su 24 di servizio, che nell’ultimo anno di docenza aveva sostanzialmente disatteso lo svolgimento dell’attività di insegnamento con lezioni improvvisate e tali da dimostrare una carente metodologia di lavoro e un’assegnazione dei voti disattenta (anche a causa dell’uso continuo del cellulare).
In un passaggio della motivazione con cui il giudice di legittimità conferma la sentenza di Appello, si legge infatti che la “libertà di insegnamento quale libertà individuale costituisce un valore costituzionale (art. 33, comma 1, Cost.), che però non è illimitato, trovando il proprio più importante limite nella tutela del destinatario dell’insegnamento, cioè dell’alunno (art. 31, 32, comma 2, 34 Cost.).
Pertanto, osserva la Cassazione, “non vi è stata lesione del principio costituzionale della libertà d’insegnamento, avendo la Corte territoriale ritenuti provati i seguenti elementi fattuali: […] mancato possesso dei libri di testo, disinteresse per gli strumenti didattici (ad esempio le fotocopie) […] assenza di un esame del programma svolto dalla supplente e dal quale riprendere la continuità didattica”.
La Corte conclude affermando il principio di diritto per cui il provvedimento di dispensa per incapacità di cui all’art. 512 del d.lgs. n. 297/1994 non discende da comportamenti colpevoli dell’insegnante e, pertanto, non implica una responsabilità né postula un giudizio di proporzionalità, poiché non ha carattere sanzionatorio, trattandosi di un atto che si limita a constatare l’oggettiva inidoneità a svolgere la funzione di docenza.
2.3. Dispensa dal servizio per scarso rendimento
Lo scarso rendimento è caratterizzato da insufficiente impegno nello svolgimento della mansione o dalla reiterata violazione dei doveri d’ufficio.
Anche lo scarso rendimento è annoverato tra le cause che possono dar luogo a dispensa ex art. 512 d.lgs. 297/1994. Tuttavia, l’accertamento di tale forma di inidoneità ha ad oggetto condotte colpevoli del dipendente che integrano la violazione di obblighi di servizio e che, come tali, si prestano ad essere ricondotte all’ambito disciplinare, con conseguente applicazione del procedimento di cui agli artt. 55 bise ss del d.lgs. n. 165/2001.
2.4 Dispensa per mancato superamento del periodo di prova
Dalle suddette fattispecie va tenuta distinta la dispensa per mancato superamento della prova.
Com’è noto, all’atto dell’assunzione in ruolo, i docenti sono tenuti a svolgere un periodo di prova della durata di un anno (artt. 437 e 438 del D. Lgs. n. 297/1994). Il mancato superamento del periodo di formazione e prova non comporta automaticamente la risoluzione del rapporto di lavoro in quanto l’art. della l. n. 107/2015 al comma 119 dispone: “In caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova, il personale docente ed educativo è sottoposto ad un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile”.
Soltanto in caso di esito negativo del secondo periodo di formazione e prova il docente, ai sensi dell’art. 439 del d. lgs. n. 297/1994 viene dispensato dal servizio.
La Corte di cassazione si è trovata recentemente ad affrontare il problema degli effetti della dispensa dal servizio rispetto ad eventuali nuovi rapporti di lavoro, ossia, se il docente dispensato dal servizio potrà nuovamente essere assunto o – una volta dispensato dal servizio – non avrà più alcuna possibilità di accedere ad alcun rapporto di pubblico impiego.
Infatti, l’art. 2 del d.P.R. n. 487 del 1994, al comma 3, prevede che non possono accedere agli impieghi (…) coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento (…).
La Suprema Corte, con sentenza n. 22466 depositata il 26 luglio 2023 ha stabilito che la risoluzione per mancato superamento del periodo di prova, pur potendo riferirsi alla più ampia nozione di dispensa dal servizio, si distingue dagli altri tipi di dispensa di cui all’art. 512 del medesimo d. lgs. n. 297/1994 (dispensa dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente o insufficiente rendimento).
Diversamente dai tipi di dispensa citati nei precedenti paragrafi, il periodo di prova è diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (si v., Cass., n. 26669 del 2018), e il mancato superamento dello stesso esaurisce i suoi effetti nel recesso del datore di lavoro dal rapporto contrattuale cui accede.
Da ciò ne deriva che il docente che non ha superato l’anno di prova potrà comunque nuovamente accedere al pubblico impiego, ivi compreso il comparto scuola, fatte salve ovviamente le limitazioni di cui all’art. 6, comma 2, dell’O.M. 112/2022 (relativa alle Graduatorie provinciali per le supplenze – GPS) la quale prevede che non possano inserirsi nelle GPS i docenti dispensati dal servizio, a causa del mancato superamento dell’anno prova, relativamente alla medesima classe di concorso o tipologia di posto per cui è stata disposta la dispensa dal servizio.
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[1] Ai sensi dell’art 17, comma 2, CCNL 2007, il trattamento retributivo spettante al dipendente per i primi diciotto mesi di assenza per malattia è così articolato:
- intera retribuzione, ivi compresa la retribuzione professionale docenti ed il compenso individuale accessorio, per i primi nove mesi di assenza;
- 90% della retribuzione di cui alla lett. a) per i successivi tre mesi di assenza;
- 50% della retribuzione di cui alla lett. a) per gli ulteriori sei mesi di assenza.
Giuseppe Sabbatella, è avvocato specializzato in diritto del lavoro e diritto scolastico
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La sopravvenuta inidoneità del dipendente pubblico e la specialità del diritto del lavoro scolastico ultima modifica: 2024-01-11T05:24:46+01:00 da