La trappola dell’autonomia scolastica e della personalizzazione pedagogica

Gilda Venezia

 di Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 20.10.2022.

Una riflessione sul caso francese che rimanda alle scelte sbagliate fatte anche dai governi italiani.

È necessario rafforzare l’autonomia del sapere più che l’autonomia degli istituti

Gilda Venezia

Su Le Monde Diplomatique di ottobre, pubblicato sul Manifesto del 13 ottobre, è stata pubblicata una interessante riflessione e analisi sulle politiche scolastiche proposte da Macron negli ultimi anni.
In una situazione difficile dal punto di vista politico ed economico che vede le piazze francesi piene di lavoratori e cittadini contrari alle politiche del governo, Macron continua a perseguire una visione delle riforme scolastiche di stampo neoliberista. Di fronte alla crisi generalizzata del sistema educativo determinata dall’economia postindustriale e dalla prevalenza delle ideologie liberiste a partire dagli anni 80-90 del secolo scorso in Francia si sono susseguite, come in Italia, riforme che hanno spinto verso l’autonomizzazione degli istituti scolastici, gestiti da consigli di amministrazione, e la personalizzazione dei percorsi formativi con risultati spesso disastrosi.

Gli istituti scolastico sono stati costretti a concorrere tra di loro offrendo progetti fantasiosi per attirare la clientela.
I teorici dell’autonomia hanno “dimenticato” i veri costi della concorrenza tra scuole: ore passate ad elaborare progetti riempendo moduli e formulari, ore di riunioni di commissioni, ore spese per il marketing della propria scuola. Il tutto a discapito dell’insegnamento.
Gli istituti si sono dotati di “squadre pedagogiche” che devono valorizzare progettualità in cui devono essere presenti le parole ambizione, eccellenza, differenziazione, benevolenza, lotta alla dispersione e all’assenteismo, ecc. Eppure l’Ispettorato Generale del Ministero dell’Istruzione francese ha dichiarato: “gli studi internazionali permettono di stabilire che il rapporto tra autonomia degli istituti scolastici e successo degli studenti non è lineare e sottostà a determinate condizioni e a precisi contesti”.
Macron in campagna elettorale ha promesso più libertà per gli istituti, più libertà per le squadre pedagogiche per permettere a queste ultime di elaborare un progetto,persino di assumere particolari profili, i sperimentare altri modelli organizzativi, ecc. Macron si rende addirittura disponibile a sostenere l’idea di chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente scolastico.

I sostenitori dell’autonomia battono in Francia come in Italia sullo stesso punto: la differenziazione tra studenti impone soluzioni locali e sperimentazioni con percorsi individualizzati. Blanquer, attuale ministro dell’istruzione, ha dichiarato che “se ci sono iniquità, è perché non sappiamo personalizzare sufficientemente i percorsi, perché ogni bambino è diverso”.
Si introduce la scuola supermercato dove le famiglie insieme alle mitiche squadre pedagogiche modellano programmi e obiettivi della conoscenza e delle competenze in funzione delle capacità e aspirazioni degli allievi. Di fatto una sorta di servizio a domanda individuale dove si perdono i livelli essenziali del sapere e di conoscenza disciplinare. Il tutto giustificato dalla necessità “di dare sostegno ai più deboli”.

Il modello nazionale del sistema di istruzione francese ne esce a pezzi. Vengono tralasciati il campo della disciplina e della sua epistemologia. La pedagogia al potere incoraggia di fatto l’insegnamento che prevede una valutazione creando una insanabile confusione tra saperi e procedure.
Presupposto di tale visione miope di tali politiche scolastiche è la scomparsa della gravità sociale, delle differenze di ceti e classi sociali prefigurando modelli che riflettono nella maggior parte dei casi le pratiche delle classi medie e alte che vivono benissimo nelle “loro” scuole autonome.
Il dibattito sulla scomparsa delle bocciature nelle scuole francesi è la cartina al tornasole della cristallizzazione delle differenze sociali. Se la scuola non vuole più valutare i saperi e le conoscenze essenziali per la costruzione della cittadinanza delega all’appartenenza ad un ceto sociale medio-alto la garanzia di un possibile successo formativo (e lavorativo).

Questo sta accadendo nella Francia di Macron ed è accaduto in Italia dalla riforma Berlinguer in poi. Stessi errori e stesso risultato. Disastroso. È invece necessario rafforzare l’autonomia del sapere più che l’autonomia degli istituti mettendo al centro la valorizzazione delle capacità degli allievi che, pur essendo diversi tra di loro come del resto i loro insegnanti e i loro governanti, hanno diritto a vedere nella scuola un momento di crescita, emancipazione e di possesso degli strumenti essenziali per garantire le loro libertà.

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