– Il governo blinda l’aumento della vita lavorativa a partire dal 2019 ma lavora ad un ampliamento delle categorie di lavori usuranti.

In pensione a 67 anni dal 2019. Indietro non si torna perché la riforma prevede un adeguamento “automatico” dell’età pensionabile, calibrato sulla speranza di vita, e indispensabile a tenere in sesto i conti del sistema previdenziale. Semmai il governo Gentiloni, stretto dal pressing che arriva da una parte dal Pd di Matteo Renzi dall’altra dai sindacati, cerca una soluzione per salvare alcune categorie. L’ipotesi più probabile, dopo l’incontro di giovedì a Palazzo Chigi, è che per le undici tipologie di lavori usuranti collegati all’Ape sociale arrivi una proroga dello stato dell’arte (in pensione effettiva a 66anni e 7 mesi, ma dai 63 anni con il sussidio Ape) sino al 2026. I lavoratori coinvolti sarebbero 15mila (tra gli altri maestre d’asilo e di scuola materna, infermieri e ostetriche che fanno i turni di notte, macchinisti, camionisti, muratori, badanti e addetti alle pulizie) ma si sta pensando anche di allargare la platea ai lavoratori siderurgici, agricoli e marittimi (non più di altri 5mila).

Non c’è tempo da perdere e il governo punta a chiudere la questione in una decina di giorni, per lunedì è già fissato un tavolo tecnico con i sindacati, anche perché entro l’anno deve essere approvato il decreto direttoriale che evita il passaggio in Parlamento. Il Pd con una serie di emendamenti al decreto fiscale collegato alla manovra proponeva di “rinviare” la decisione di sei mesi, in modo che fosse il nuovo esecutivo a sbrogliare la delicata vicenda. Ma il premier Gentiloni e i ministri Padoan e Poletti hanno tenuto il punto. Rinviarlo sarebbe visto dai cittadini come «una manovra elettorale» come ha sottolineato senza giri di parole il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Il mancato adeguamento costerebbe 140 miliardi mentre «un terzo dei giovani è senza lavoro e rischia di non avere la pensione».

Sono i numeri ancora una volta a spiegare il divario tra l’Italia e il resto dell’Europa: l’età effettiva di pensionamento è 62 anni e la vita lavorativa è di 31 anni a fronte dei 37 della media europea. Il principio dell’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita è stato introdotto dall’ultimo governo Berlusconi e poi ripreso dal governo Monti nella riforma Fornero. Di fatto prevede un ritocco ogni tre anni (ce ne sono già stati due) ed è legato al fatto che nel 2019 l’aspettativa di vita degli italiani sarà di 85,7 anni, cinque mesi in più rispetto al 2016. Da qui i cinque mesi in più di lavoro. Ma non è solo il fatto che si viva di più a determinare l’urgenza di prolungare la vita lavorativa. «Ci sono meno giovani e il tasso di fertilità in Italia è caduto all’1,3% – ha detto Carlo Cottarelli, ex commissario alla Spending review -. Un numero più piccolo di giovani dovrà sostenere un numero più elevato di pensionati. C’è una questione di equità intergenerazionale».

Ma sindacati e opposizioni soffiano sul fuoco dello scontento popolare.«Vedremo se le aperture del governo si tradurranno in una revisione generale del meccanismo e nel riconoscere la diversità dei lavori» ha detto il leader della Cgil Susanna Camusso mentre la segretaria generale della Fiom Francesca Re David ha chiesto che tutto il settore dell’industria rientri tra le categorie di lavori usuranti. La Lega con il segretario Matteo Salvini si dice pronta a «cambiare la legge Fornero» nel caso di vittoria alle elezioni. Sulle barricate anche il M5s con Alessandro Di Battista: «Il governo ha trovato 5,5 miliardi di euro per regalarli a Intesa San Paolo per beccarsi due banche venete, i quattrini ci stanno, dipende soltanto da una scelta politica dove impiegarli».

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