di Paolo Di Paolo, la Repubblica, 10.9.2017
– A come rischio abbandoni, P come pomeriggio, V come vaccini e Z come zaino: oggi 8,6 milioni di studenti tornano sui banchi tra ansie, sogni, vecchi problemi e nuove opportunità.
Non è un giorno come un altro, non lo è stato mai per nessuno. Non c’è chi non abbia, pensandoci, un proposito, un’ansia, un ricordo. Dall’ultimo banco, dal primo. Da un lato o dall’altro della cattedra. Dal cortile — quando l’alunno non sei più tu e c’è qualcuno da aspettare. Il primo giorno di scuola non riguarda solo chi ha uno zaino in spalla: andrebbe pensato come un cantiere che, rimettendosi in moto, consente a un’intera società di immaginarsi al futuro. Ricomincia la scuola, ma ricomincia per tutti. Per i genitori, per le famiglie, per chi scrive sui giornali, per chi siede in Parlamento. Per Davide, che insegna ad Aosta e si aspetta un rinnovo di contratto fermo da dieci anni.
Per Carlo, che insegna a Roma e continua a sperare che la sua parola — e quella dei classici che insegna — «non sia sconfessata dai politici». Per Adonella, a cui piacerebbe che la scuola fosse un luogo di promozione della cultura non solo per gli studenti in corso, ma anche per gli ex studenti e per gli adulti. Per Enza, che insegna a Napoli e non crede nella scuola degli addestramenti ma nella scuola dell’educazione. Per Giuseppe, che lavora a Pistoia, e si aspetta una scuola «meno burocratica e meno timorosa». Gli insegnanti — dice — sono costretti ad avere troppe paure, il loro ruolo sociale è sempre meno significativo. Per Trifone, deluso da come sta andando l’alternanza scuola-lavoro, «frastagliata, non omogenea, ingolfata da troppa burocrazia». Per Giusi, che insegna a Torino, e si attende parecchia confusione tra i ragazzi che hanno sentito parlare di «fine delle bocciature».
Per Simone, che insegna a Grosseto. Gli domando come vive le novità dell’anno che inizia, mi risponde che per fortuna non sono così grosse, e che «l’emanazione continua di norme negli ultimi anni ha fatto sì che si sovrapponessero e stratificassero pratiche tradizionali e innovazioni, col risultato di un pasticcio inimmaginabile». Una cosa è chiara, aggiunge: la scuola deve cambiare. Ecco alcune fra le questioni essenziali che la prima campanella mette o rimette in gioco.
A
Abbandono. I dati sulla dispersione scolastica sono in crescita: quelli più recenti parlano di oltre cinquantamila studenti di scuola media e superiore che smettono ogni anno di frequentare. In alcune zone del Sud i numeri sono più alti: insuccessi, difficoltà economiche, disagio sociale spingono fuori dalle aule — con effetti da vera emergenza educativa, che non possiamo più fingere di non vedere.
B
Breve (liceo). Decreto ministeriale appena firmato: quello che inizia è l’anno di transizione verso la sperimentazione del liceo di quattro anni. Cento istituti proveranno a condensare la stessa offerta formativa del quinquennio in quattro anni, con possibile aumento delle ore settimanali di lezione. Saremo in questo modo più “europei”? Il quadro continentale, in realtà, non è uniforme. L’effetto sicuro sarebbe sulle casse dello Stato: la riduzione del ciclo di studi comporterebbe un risparmio di quasi un miliardo e mezzo di euro.
C
Cittadinanza. Nell’anno del settantesimo dall’entrata in vigore della Costituzione, maggiore attenzione al tema della cittadinanza. Non si tratta solo di educazione civica, ma di sviluppo di “strategie didattiche formative della persona in un percorso scolastico di ampia gittata”. Facile? Tutt’altro. Resta aperto — se di cittadinanza si vuole parlare anche concretamente — il fronte dello ius soli e dello ius culturae. 820mila bambini e ragazzi nati in Italia aspettano. E non possono più aspettare.
I
Inclusione. Una delle parole chiave della legge 107. Si declina il concetto di inclusione in termini di identità culturale, educativa, progettuale. La spinta è alla condivisione del progetto educativo tra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati operanti nel territorio. Con un occhio particolarmente vigile al bullismo. Vedi, però, anche alla voce Uguaglianza. Quanto alla indispensabile alleanza fra scuola e famiglie, forse non è mai stata tanto fragile e complicata.
L
Lavoro. La sfida dell’alternanza scuola-lavoro è ancora lontana da risultati convincenti. La ministra dell’istruzione firmerà un accordo con il ministro del lavoro, e nelle scuole arriveranno circa mille “tutor” con il compito di stringere relazioni più forti tra istituzioni scolastiche e mondo del lavoro.
P
Pomeriggio. I 287 milioni dei fondi PON permetteranno a oltre 4.500 istituti scolastici — circa 700mila studenti coinvolti — di tenere le porte aperte in orario pomeridiano, offrendo corsi di attività sportiva, danza, musica, inglese, materie digitali.
S
Sofia. È la nuova piattaforma digitale per l’aggiornamento professionale dei docenti. L’elenco dei percorsi di formazione (obbligatori) svolti definirà una sorta di “storia formativa” del docente. La formazione in servizio diventa “ambiente di apprendimento continuo” — spiegano dal Miur — ovvero un sistema di opportunità di crescita e di sviluppo professionale per la comunità scolastica. Ma i docenti restano con parecchi interrogativi in proposito.
T
Trasversali (competenze). Il colloquio orale del nuovo esame di terza media (tre materie scritte anziché cinque) si baserà su questo. Capacità di usare — nella vita — ciò che si è studiato. Il test Invalsi, anticipato nel corso dell’anno e non in coda, non avrà più effetto sulla media.
U
Uguaglianza. La scuola italiana è una scuola classista? Uno scrittore-insegnante, Christian Raimo, pone la domanda nel suo ultimo libro (Tutti i banchi sono uguali, Einaudi), e risponde che non vengono date le stesse opportunità a tutti. Profondità delle differenze fra indirizzi diversi, sempre più forte disparità sociale fra centro e periferie. E non possiamo certo “illuderci che la scuola abbia il potere di ridurre quasi magicamente le disuguaglianze”, da sola.
Vaccini. Dieci quelli obbligatori per i bambini da 0 a 6 anni; è sufficiente autocertificare l’avventura richiesta di vaccinazione alla Asl. Nessun compromesso, al momento, con i genitori no-vax, che restano sul piede di guerra.
Z
Zaino. Qualche scuola ne propone o sperimenta l’abolizione. Libri e materiali possono restare in aula? In parte, sì. Intanto, l’Associazione italiana editori lancia lo “Zaino digitale”, che permette l’accesso ai contenuti via web e riduce i chili di carta. Ma lo zaino è un simbolo che scavalca le epoche, e perciò — almeno in astratto — viene difficile archiviarlo. D’altra parte, perché sia ben riempito, di certo non bastano i libri e la merenda.
E se nella borsa dei figli si lasciasse cadere una scorta di attenzione e di fiducia in più per ciò che accade a scuola, sarebbe più leggero il peso sulle spalle. Sarebbe il contributo più prezioso alla grande scommessa che ricomincia stamattina.
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L’alfabeto della scuola. Per chi suona la campanella: breve guida all’anno che inizia ultima modifica: 2017-09-11T05:11:36+02:00 da