L’applicazione nella scuola del DPCM 24 ottobre

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di Marco Macciantelli, Scuola7, n. 208, 26.10.2020.

Non ci sono più i DPCM di una volta

Nei DPCM di marzo e aprile, in pieno Lockdown, era scritto così: “i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche, modalità di didattica a distanza”.

Poche semplici parole.

Il DPCM del 24 ottobre spiega: “previa comunicazione al ministero dell’istruzione da parte delle autorità regionali, locali o sanitarie delle situazioni critiche e di particolare rischio riferite agli specifici contesti territoriali, le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado adottano forme flessibili nell’organizzazione dell’attività didattica ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, incrementando il ricorso alla didattica digitale integrata, per una quota pari almeno al 75 per cento delle attività, modulando ulteriormente la gestione degli orari di ingresso e di uscita degli alunni, anche attraverso l’eventuale utilizzo di turni pomeridiani e disponendo che l’ingresso non avvenga in ogni caso prima delle 9,00. Allo scopo di garantire la proporzionalità e l’adeguatezza delle misure adottate è promosso lo svolgimento periodico delle riunioni di coordinamento regionale e locale previste nel Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione per l’anno scolastico 2020/2021 (cd. “Piano scuola”), adottato con D.M. 26 giugno 2020, n. 39, condiviso e approvato da Regioni ed enti locali, con parere reso dalla Conferenza Unificata nella seduta del 26 giugno 2020, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 281 del 1997”.

Linguaggio complesso

Decisivo quel’incipit: “previa comunicazione al ministero da parte delle autorità…”. Scolastiche, territoriali, sanitarie. La nota ministeriale della settimana scorsa, n. 1896 del 19 ottobre 2020, in riferimento al DPCM del 18 ottobre, aveva fortemente sottolineato questo approccio metodologico. La nota n. 1927 uscita poche ore fa, domenica 25 ottobre 2020, offre questa indicazione: “In considerazione della necessità di disporre del tempo sufficiente ad adeguare l’organizzazione didattica alle misure del predetto DPCM, le istituzioni scolastiche provvedono all’adozione degli atti conseguenti nella giornata del 26 ottobre 2020, con efficacia dal giorno successivo”.

Stiamo entrando in una settimana non come le altre. Rilevante per la programmazione didattica: siccome, in genere, tendenzialmente, ai sensi dei Piani annuali delle attività, questa è la settimana che, per quanto in termini ordinatori e non perentori, ma non meno cogenti, porta nelle scuola la convocazione dei Collegi dei docenti orientati verso la scadenza del 31 ottobre per l’elaborazione del PTOF che, quest’anno, tra i suoi allegati, prevede il Piano per didattica digitale integrata, sulla base delle Linee guida proposte nell’Allegato al DM 89 del 7 agosto 2020. Soprattutto quando la situazione è complessa è bene seguire un filo logico, cronologico. Fare presto, fare soprattutto bene. Il contributo di contrasto alla pandemia che deve continuare a venire dalla scuola può intrecciarsi, per essere efficace, con un’impostazione didattica e organizzativa all’altezza della sfida.

Fare presto, fare bene

Ovviamente, ci si riferisce alla scuole secondarie superiori. Si indica la prospettiva di una possibile riorganizzazione del quadro orario fondato sugli scaglionamenti, negli ingressi e nelle uscite, insieme ad una didattica a distanza che dovrebbe essere “almeno” al 75%. Ora, il primo aspetto da mettere in evidenza è che, per tentare di sperimentare qualcosa di doppiamente utile, nel mitigare la recrudescenza che ha assunto al pandemia e nel garantire il diritto all’apprendimento, occorre dotarsi di un modello di governance condiviso tra autorità di governo del sistema territoriale scolastico e sanitario. E’ auspicabile si delinei al più presto. Per esempio, in Veneto, nell’arco di poche ore, già domenica sera 25 ottobre, è stata calendarizzata, da parte dell’Ufficio scolastico regionale, una videoconferenza, per lunedì 26, divisa in due parti: alle ore 14 con gli Uffici scolastici dell’ambito territoriale di Belluno-Treviso-Venezia; alle ore 15-16 con quelli di Padova, Rovigo, Vicenza e Verona. Un approccio corretto all’esigenza del coordinamento e della condivisione. Una “cabina di regia” che fa bene al sistema scolastico, che lo rafforza, lo motiva, lo orienta, nel dirimere le questioni, superando la disintermediazione top-down che pretende di disporre senza promuovere e accompagnare i processi. Torniamo sempre lì. Autonomia scolastica non significa autosufficienza. O giustapposizione. L’autonomia non è irrelata, ma, fondandosi sulla missione educativa, non può che essere un metodo per potenziare la capacità della scuola di sviluppare relazioni.

L’autonomia è un sistema di relazioni

Rispettare il principio costituzionale dell’autonomia scolastica, finalizzarlo verso ciò che soprattutto conta per una scuola: il diritto all’apprendimento, la qualità dell’offerta formativa, la promozione del lavoro di chi si pone al servizio di questi valori, corpo docente e personale ATA, insieme a famiglie e studenti. Occorre dotarsi di un quadro di soluzioni ponderato e ben impostato.

Durante il Lockdown, di fronte all’improvvisa sospensione delle lezioni, siamo stati precipitati in una dimensione ulteriore, quella della didattica a distanza, subita, patita, necessitata. Questa volta dobbiamo, prima di tutto, dotarci della coscienza del compito. Predisporci ad attivare soluzioni all’altezza dei problemi ma tenendo anche conto del fabbisogno formativo di ciascuna classe, delle preliminari valutazioni di ciascun Consiglio di classe, specie se vogliamo davvero garantire l’inclusione verso la diversabilità, i disturbi specifici di apprendimento, il disagio sociale o culturale.

Il rischio di veder vanificato un lavoro importante

Sul tema organizzazione del calendario, la mia laica professione di fede è riposta in una scuola capace di andare oltre il perimetro stretto dell’aula, nel saper vedere anche il rapporto della scuola con la società.

Abbiamo lavorato per mesi, estate compresa, per costruire un piccolo ecosistema ben impostato e fondato sul rispetto di regole e precauzioni. Dove il rischio non è assolutamente escluso, ma sicuramente mitigato e contenuto. Grazie ai protocolli sulla sicurezza, grazie al presupposto del D.Lgs. 81/2008, grazie alla sperimentazione in atto di una intensa cooperazione di prossimità con il sistema sanitario, specie con i Dipartimenti di prevenzione. Poi, quando usciamo dalle nostre scuole, vediamo un altro mondo. Un mondo rovesciato. Occorre studiare calendari orari diversamente impostati, leggere nella didattica a distanza una risorsa da utilizzare con intelligenza. Ma si deve anche dare una maggiore coerenza tra quel che accade nelle nostre aule e quel che accade fuori. I cittadini delle scuola sono circa 10 milioni tra studenti, docenti e non docenti. Gli 8 milioni e mezzo di studenti hanno dei genitori e arriviamo a circa 25 milioni di persone. Analogamente si può moltiplicare per due o per tre il milione di quanti lavorano nella scuola. Arriviamo a una trentina di milioni di persone variamente coinvolte nella missione educativa. L’Italia conta circa 60 milioni di abitanti. Circa la metà.

La società e la politica imparino qualcosa dalla scuola

Ecco: la metà più orientata al rispetto delle regole deve ingaggiare un confronto con l’altra, portare verso l’altra, in questa fase così delicata, un messaggio, anche educativo, che deve essere rafforzato dalla capacità di controlli da parte di chi ha titolo di esercitarli legittimamente. Troppo spesso la scuola è permeabile ai difetti della società. E’ un momento in cui la società dovrebbe rendersi più permeabile ai pregi della scuola. Per questo non dobbiamo accontentarci, non dobbiamo rassegnarci a constatare la contraddizione tra il “dentro” e il “fuori”. Rendere più coerente il percorso casa-scuola e il ritorno scuola-casa di tanti studenti va affrontato con tutta la serietà che occorre a partire dall’utilizzo dei mezzi pubblici. E su questo le risposte devono essere più forti e conseguenti. Allo stesso tempo: guai a chiudersi dentro le scuole. Fare da soli. Procedere in ordine sparso. Sconsigliabile ogni fai-da-te.

Deve esserci un sistema, una filiera istituzionale che ci creda, dal piano nazionale a quello regionale e locale bene coordinati tra loro e aziende di trasporti in grado a garantire un servizio adeguato. Diversamente si rischia, per quanto in buona fede, non di risolvere il problema, ma di aggiungere ulteriori disagi ed equivoci.

Il DPCM del 24 ottobre potrà dare un contributo utile alla scuola se la scuola riuscirà a costruire una governance territoriale capace di portare, più di quanto non sia accaduto sin qui, un impianto di regole, tra salute e sicurezza, prevenzione e protezione, di cui ha un urgente bisogno tutto il contesto sociale.

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 L’applicazione nella scuola del DPCM 24 ottobre ultima modifica: 2020-10-27T03:18:42+01:00 da
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