di Giovanni Paciariello, DirittoScolastico.it, 3.8.2021.
Prima di entrare nel merito della questione oggetto dell’articolo, occorre evidenziare e fare alcune considerazioni di carattere generale, partendo dall’art. 36 della Costituzione Italiana, che recita:
“Art. 36 della Costituzione Italiana
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
La norma costituzionale in oggetto impedisce che un lavoratore subordinato, pubblico o privato, possa rimanere senza fonte di reddito per qualsiasi motivo, e quindi meno che mai per una sanzione disciplinare, la cui finalità afflittiva potrebbe avere effetti negativi sovradimensionati di lungo periodo o persino irreversibili non solo a danno del lavoratore sanzionato (si pensi alla possibile conseguente necessità di ricorrere a prestiti con tassi usurai), ma anche sui componenti della famiglia, se non fosse “mitigata” da brevi termini della sospensione disciplinare, o dall’irrogazione di un assegno alimentare
Non a caso l’art. 7, comma 4, della legge n. 300/1970, in un momento storico in cui il contratto di lavoro dei dipendenti pubblici non era stato ancora privatizzato, poneva per i lavoratori subordinati del settore privato il limite di 10 giorni per la sospensione disciplinare senza retribuzione dall’attività lavorativa, con l’evidente ratio di non trasformare una sanzione disciplinare sospensiva in una “tragedia” personale e famigliare:
“Art. 7, comma 4, legge n. 300/1970.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportano mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.”
In riferimento ai dipendenti pubblici, per la loro specifica e fondamentale funzione, correttamente la normativa e i contratti hanno, in generale, posto condizioni maggiormente rigorose rispetto ai lavoratori del settore privato, tra cui:
- l’esclusività del rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 53 del d.lgs n. 165/2001, in continuità con quanto previsto dal DPR n. 3/1957;
- la possibilità di sanzioni disciplinari di sospensione dal servizio per lunghi periodi (ad esempio, si veda l’art. 495 del d.lgs n. 297/1994).
Per compensare gli effetti negativi della vis disciplinare (almeno sulla carta) a carico dei dipendenti pubblici l’art. 82 del DPR n. 3/1957 prevedeva nel caso di sospensione disciplinare dal servizio, l’erogazione di un assegno alimentare:
“82. Assegno alimentare. All’impiegato sospeso è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia.”
Successivamente per la scuola veniva persino previsto in merito uno specifico articolo del Testo unico del 1994; infatti l’art. 500 del d.lgs n. 297/1994 recita:
“1. Nel periodo di sospensione dall’ufficio è concesso un assegno alimentare in misura pari alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia.
2. La concessione dell’assegno alimentare va disposta dalla stessa autorità competente ad infliggere la sanzione.”
L’articolo n. 500 del d.lgs n. 297/1994 è ancora vigente, non essendo stato abrogato dall’art. 72 del d.lgs n. 150/2009.
Parimenti si osserva che l’erogazione dell’assegno alimentare, per acclarata giurisprudenza, non riguarda la materia disciplinare, ma ha natura assistenziale, e pertanto non è soggetta all’art. 55, comma 2, del d.lgs n. 165/2001, ossia alla “contrattualizzazione” delle sanzioni disciplinari:
“2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro.”
A riprova di quanto affermato, la O.M. n. 82/2010 recita:
“Per quanto riguarda gli effetti della sospensione cautelare dal servizio sulla retribuzione, l’intervenuta abrogazione, oltre che dell’articolo 506, dell’articolo 507 del D.Lgs n. 297 del 1994, che rinviava alle disposizioni contenute negli articoli 82 e 92 del D.P.R. n. 3 del 1957, determina la necessità di ricorrere all’applicazione analogica della norma, non abrogata dalla riforma, che disciplina le ricadute economiche della sospensione dall’insegnamento, quale sanzione disciplinare. L’articolo 500 del D.Lgsl. n. 297 del 1994, sotto la rubrica “Assegno alimentare”, dispone al riguardo che «nel periodo di sospensione dall’ufficio è concesso un assegno alimentare pari alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia». La concessione di tale assegno è disposta «dalla stessa autorità competente ad infliggere la sanzione”
Quanto riportato dalla O.M. n. 82/2010 fa riferimento ai docenti, ma l’articolo di legge è efficace anche a favore dei dirigenti scolastici. Infatti i commi 6 e 7 della premessa del CCNL Area V 2010 recitano:
“6. Per quanto non previsto dal presente contratto collettivo, restano in vigore le disposizioni non disapplicate dei precedenti CCNL, nel rispetto della normativa contenuta nel Decreto legislativo n. 150 del 27/10/2009 e di quella adottata in attuazione del medesimo, che sono comunque fatte salve.
7. La presente premessa fa parte integrante del CCNL qui sottoscritto dalle parti.”
Invece l’art. 1, comma 9, del CCNL AREA V 2018 recita:
“Per quanto non espressamente previsto dal presente CCNL, continuano a trovare applicazione le disposizioni contrattuali dei CCNL delle precedenti aree V, VII e ASI, e le specifiche norme di settore, ove non sostituite o non compatibili con le previsioni del presente CCNL e con le norme legislative, nei limiti del d.lgs n. 165/2001”
Pertanto non solo, come già detto, l’assegno alimentare non è materia disciplinare, ma è materia assistenziale, e quindi le disposizioni di legge non possono essere superate da norme contrattuali in base al citato art. 55, comma 2, del d.lgs n. 165/2001 (si specifica che per chi scrive l’articolo in oggetto è incostituzionale, perché la volontà popolare, rappresentata dal Parlamento, non può essere stravolta con una “delega in bianco sine die” da accordi tra il Governo e la parte privata, rappresentata dai Sindacati, su una questione di rilevante spessore come la responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici,… nella speranza che la prossima riforma della pubblica amministrazione ponga termine a questo “obbrobrio giuridico”), ma anche dal punto di vista contrattuale, il richiamo al d.lg n. 150/2009 che non ha abrogato l’art. 500 del d.lgs n. 297/1994, dimostra oltre ogni ragionevole dubbio la vigenza “anche contrattuale” dell’art. 500 del d.lgs n. 297/1994.
D’altra parte è evidente che anche nell’ottica di quanto previsto dall’art. 55, comma 2, del d.lgs n. 165/2001 (ammesso e non concesso che l’assegno alimentare abbia natura disciplinare, e non assistenziale), una norma di legge non può essere “superata” da un accordo contrattuale se non con specifica menzione del suo “superamento”, aspetto non presente nei CCNL Area V, in cui la questione è semplicemente non riportata.
Ne consegue che la concessione dell’assegno alimentare a favore di docenti e/o dirigenti scolastici, che subiscono una sanzione disciplinare di sospensione dal servizio senza retribuzione, è un atto dovuto e privo di discrezionalità da parte dell’Amministrazione.
Quanto detto sembrerebbe contrario al parere dell’ARAN CSAN36 del 17/4/2019, che recita:
“Da quando decorre l’applicazione della nuova disposizione contrattuale, di cui all’art. 66 del CCNL del 21.05.2018 del comparto sanità, che non prevede l’erogazione dell’indennità c.d. “alimentare” in caso di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione?
Nella nuova disposizione contrattuale di cui all’art. 66 del CCNL del 21.5.2018 rubricata “Codice disciplinare” non è prevista l’erogazione dell’indennità c.d. “alimentare” in caso di sospensione dal servizio con privazione della retribuzione qualunque sia la durata di tale sospensione.
Tuttavia, la nuova disciplina della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino a 6 mesi, senza corresponsione di alcun assegno alimentare, trova applicazione solo per le infrazioni commesse successivamente all’entrata in vigore del nuovo codice disciplinare.
Infatti, l’art. 66, comma 12, del CCNL in esame, relativamente alla fase di prima applicazione della nuova disciplina contrattuale, espressamente dispone “….. il codice disciplinare deve essere obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 11, entro 15 giorni dalla data di stipulazione del CCNL e si applica dal quindicesimo giorno successivo a quello della sua applicazione.”
Ma in merito, oltre alle osservazioni già fatte, occorre precisare che per nessun altro comparto della pubblica amministrazione è prevista una specifica norma di legge come l’art. 500 del d.lgs n. 297/1994; si tratta di una specifica norma di settore…per una volta tanto migliorativa e non peggiorativa, rispetto ad altri comparti, per il personale docente e i dirigenti scolastici.
Giovanni Paciariello, dirigente scolastico, e Presidente dell’Associazione Papa Giovanni Paolo II, che ha come finalità la tutela dei diritti degli studenti.
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