Le Indicazioni nazionali del 2012: lettura critica

di Giovanna Lo Presti, La Tecnica della scuola, 29.10.2025.

Le Indicazioni nazionali del 2012 (lavoro condiviso per anni)
e quelle del 2025 (“Castello di Carta” bocciato dal Consiglio di Stato).

Gilda Venezia

Ogni tanto mi piacerebbe fare un sondaggio: ad esempio, adesso vorrei sapere quanti, tra i docenti della scuola italiana, abbiano letto le Indicazioni nazionali del 2025, quanti conoscano le precedenti Indicazioni nazionali del 2012 e quanti ancora abbiano avuto voglia e tempo per fare un confronto tra i due testi. Va da sé che, per formulare un giudizio personale sulle ultime Indicazioni nazionali si dovrebbe anche aver la pazienza di leggere il parere del Cspi e del CSI. In mancanza di dati attendibili che mi potrebbe fornire un sondaggio serio, mi limito a far mio un commento sulle Indicazioni del 2025 che mi è capitato di leggere in una chat di insegnanti di cui faccio parte: “Tanto non le legge nessuno!” con punto esclamativo finale che significa: “Scrivano, scrivano e chi se ne frega”.

  Ho la netta impressione che questo sia il punto di vista della maggioranza dei docenti: i quali poi, però, non sempre si astengono dal dare il loro giudizio sui testi, in base a quello che è il loro posizionamento ideologico. Quelli di sinistra: “Orribili le indicazioni di Valditara! Le Indicazioni del 2012 andavano benissimo, erano ottime”. Quelli di destra: “Finalmente si ritorna alla scuola seria, al latino, alla disciplina, alla storia nazionale!”.

   Il parere degli uni e degli altri è in genere modellato su quello degli opinion makerdell’una e dell’altra parte; secondo me i docenti fanno male ad adeguarsi al giudizio altrui, visto che, avendo praticamente tutti una laurea, sarebbero in grado di leggere e giudicare da soli.

   L’indifferenza del corpo docente verso l’assetto normativo del proprio lavoro è uno dei problemi maggiori della nostra scuola: ed è un fenomeno ad ampio spettro. Va dall’ignoranza di cose spicciole (“Ma a quanti giorni di permesso ho diritto?” “Quali sono le fasce di reperibilità durante la malattia?” etc.), facilmente risolvibili interrogando Google, alla totale indifferenza verso quella letteratura ministeriale e quegli interventi che, come la goccia scava la pietra, hanno modificato nei decenni la nostra scuola.

   Su molte cose gli insegnanti dovrebbero intervenire, se non vogliono continuare ad essere meri esecutori che pensano, paradossalmente, di agire in proprio. Nelle scuole da troppo tempo si pratica una sorta di toyotismo implicito: si è accettato il lavoro just in time, la flessibilità, il lavoro di “squadra” anche quando non esiste la squadra. Il singolo operatore si è preso la responsabilità piena di quel che fa, il che sarebbe giusto soltanto nel caso in cui tale operatore avesse davvero a disposizione tutti i mezzi necessari per agire efficacemente.

   Per esempio: io ministero ti consegno una classe di 30 ragazzi tra i 16 e i 18 anni, di diversa provenienza geografica (qualcuno capisce a stento l’Italiano) e tu docente vedi di insegnar loro la lingua, di spiegare e far comprendere la letteratura del Trecento e fa’ in modo che scrivano in modo corretto. Tu, docente, non dimenticare di sviluppare il pensiero critico e, anche se non te ne occupi direttamente, non trascurare l’educazione stradale, l’educazione affettiva né tanto meno l’educazione civica. Ah, soprattutto insegna loro ad usare Internet. Il povero docente, nella sua aula di periferia della città metropolitana, tenta di farsi sentire, ma tutti (dal ministro al dirigente, dai genitori a Galimberti) gli ricordano che deve essere autorevole; eppure non gli mettono a disposizione i mezzi materiali che potrebbero aiutarlo nel suo difficile compito.

Torno adesso alle Indicazioni nazionali, quelle che hanno superato i Programmi ministeriali prescrittivi (oh, che brutta parola!) e che devono fornire un orientamento per progettare il curricolo scolastico, che a sua volta adegua le necessità della scuola alle Indicazioni e al contesto in cui si opera.

   Il testo del 2025 ha accolto il parere del CSPI, che faceva parecchie osservazioni (più avanti darò un esempio di come le osservazioni siano state recepite), mentre il Consiglio di Stato, nell’adunanza del 9 settembre, ha addirittura sospeso il parere sulle Indicazioni, segnalando la necessità di parecchie correzioni e non senza una certa ironia, direi, soprattutto nei passaggi in cui mette in evidenza che non risulta chiara la necessità di modificare le Indicazioni nazionali del 2012, frutto di un lungo lavoro di anni.

  Quali sono i “cambiamenti epocali” occorsi nell’ultimo decennio, quali le “criticità di tipo normativo” che richiedono una puntuale descrizione delle inadeguatezze delle vigenti Indicazioni rispetto alle trasformazioni del contesto, quali le parti considerate carenti e inidonee al conseguimento degli effetti attesi? Tradotto in parole povere il Consiglio dice: in che consiste la necessità di riformulare le Indicazioni?  In altri passaggi l’ironia si fa più evidente:

“Più in concreto […] appare meritevole di chiarimento la locuzione “la finalità dell’intervento è la rigenerazione del paradigma formativo che sottende la scuola costituzionale, orientato alla promozione dell’autonomia critica, della responsabilità individuale e della partecipazione civica”. Si tratta, in effetti, di formulazione per un verso alquanto ambiziosa (laddove suona evocativa di un tratto complessivamente palingenetico […] ), per altro vaga ed indefinita… etc.”

   A voler leggere quello che c’è scritto, la critica è pesante, anche se Valditara fa spallucce e afferma che non c’è “nessuna bocciatura da parte del CSI, soltanto un confronto costruttivo”.

  Per gli infelici che avessero letto i due testi con animo equanime, le differenze sono chiare: le Indicazioni di Valditara segnano un ritorno alla “tradizione” e sono disseminate da vere e proprie boutade. Una per tutte, a pagina 10: “La libertà è il valore caratteristico più importante dell’Occidente e della sua civiltà sin dalla sua nascita, avvenuta fra Atene, Roma e Gerusalemme. Ed è il cuore pulsante della nostra democrazia”. Ma come può Valditara, docente di diritto romano, far passare l’idea che società con una economia su base schiavistica avessero come primo valore la libertà? La libertà di chi? Quanto alla nascita della “civiltà occidentale” nel triangolo che comprende Gerusalemme (notoriamente nel Medio Oriente ed entrata nell’orbita romana nel I secolo a.C., che non è proprio la data della “nascita” della civiltà dell’Occidente) mi pare che se ne dovrebbe almeno discutere.

  Mi permetto un’autocitazione: le Indicazioni del 2025 appaiono come un compromesso zoppicante tra ritorno all’umanesimo e tecnocrazia, condito da una spolverata di citazioni in latino e con una coloritura regressiva che affiora nei particolari più che nelle dichiarazioni di intenti.

  Le differenze fra le Indicazioni del 2012 e quelle del 2025 ci sono: frutto di un lavoro di anni le prime, più affrettate le seconde; rispettose della definizione di “indicazioni nazionali” le prime, tendenti a scivolare verso i programmi le seconde; inutilmente verbose le Indicazioni 2025 – 154 pagine! – più sorvegliate, meno ingenue e scritte meglio quelle del 2012.
Si può, nel 2025, proporre nel programma di Storia  della seconda classe della scuola primaria i seguenti argomenti: “gli incarcerati nello Spielberg, le cinque giornate di Milano, i martiri di Belfiore, “La piccola vedetta lombarda”, Anita Garibaldi, i Mille”?
E c’è di peggio: questa formulazione è stata modifica, dopo le critiche mosse dal Consiglio superiore della Pubblica istruzione, in questo modo: Racconti ricavati dalle vicende del Risorgimento e della Resistenza a scelta degli insegnanti e collegati a riferimenti territoriali e all’esperienza dei bambini (es. di contenuti: Piccola vedetta lombarda, i martiri del Belfiore, le 5 Giornate di Milano, Anita Garibaldi, Salvo d’Acquisto, altri protagonisti di eroismo e di virtù civili nella Resistenza).

Ah, l’ipocrisia, tabe del nostro Paese!

   Arrivo al punto conclusivo: sono d’accordo che non ci fosse bisogno di sprecar tempo nelle modifiche delle Indicazioni nazionali,ma mi sembra limitato brandire le “belle” Indicazioni del 2012 contro le “brutte” Indicazioni del 2025. Non c’è nulla da difendere, nemmeno nelle Indicazioni “vecchie”: esse sono ancora legate all’illusione che la “scuola dell’autonomia” possa funzionare bene, quando è ormai chiaro, allo scadere del quarto di secolo, che l’autonomia scolastica che non funziona. Nelle Indicazioni (2012 e 2025) le condizioni reali di lavoro dei docenti sono messe tra parentesi, ogni aspetto materiale, contraddittorio, problematico trova in queste pagine soltanto soluzioni a parole. Cito un passo a mio avviso rivelatore dalle Indicazioni del 2012.

 “Anche le relazioni fra il sistema formativo e il mondo  del  lavoro stanno rapidamente cambiando. Ogni persona si trova nella  ricorrente necessita’ di riorganizzare e reinventare i propri saperi, le proprie competenze e persino il proprio  stesso  lavoro.  Le  tecniche  e  le competenze diventano obsolete nel volgere di pochi anni.
Per  questo l’obiettivo della  scuola  non  può  essere  soprattutto  quello  di inseguire lo sviluppo di singole tecniche e competenze; piuttosto, è quello di formare saldamente  ogni  persona  sul  piano  cognitivo  e culturale, affinché possa affrontare positivamente l’incertezza e la mutevolezza degli scenari sociali e professionali, presenti e futuri. Le trasmissioni standardizzate  e  normative  delle  conoscenze,  che comunicano contenuti invarianti pensati per individui medi, non  sono più adeguate. Al contrario,  la  scuola  e’  chiamata  a  realizzare percorsi  formativi sempre più   rispondenti   alle   inclinazioni personali  degli  studenti,  nella  prospettiva di valorizzare  gli aspetti peculiari della personalità di ognuno”.

  Il linguaggio è corretto ma quello che emerge, per un lettore minimamente attento, è la funzione ancillare della scuola, che deve abituare a “riorganizzare e reinventare i propri saperi”: vale a dire, se vogliamo essere brutali, addestrare alla flessibilità. Di questi esempi se ne potrebbero fare ad iosa: insomma, non abbiamo più i Programmi nazionali prescrittivi, ma abbiamo al loro posto Indicazioni che sono una forma intermedia tra la letteratura saggistica sulla scuola e il documento ministeriale, forma ibrida che serve a costruire il Castello della Scuola di Carta, una sorta di “doppio” incongruente della scuola viva e reale, con tutti i suoi grandi problemi irrisolti che permangono di anno in anno.

   Perciò mi meraviglio che ci sia qualcuno che si affanni a difendere le Indicazioni del 2012. Certo, Valditara è stato più generoso verso chi, come me, pretende di leggere e criticare i documenti ministeriali. Le 150 e passa pagine sono zeppe di aspetti immediatamente criticabili, regressivi, a volte ridicoli. E, se fossi stata tra i coordinatori del documento, mi vergognerei assai per le molte correzioni di carattere formale che il Consiglio di Stato suggerisce: sono relative a refusi, mancate concordanze, uso scorretto delle preposizioni, mancanza di soggetto etc. Insomma, se fosse un compito in classe di Italiano, a stento le nuove Indicazioni meriterebbero la sufficienza. Per chi afferma che “la lingua italiana costituisce il primo strumento di comunicazione e di accesso alla conoscenza” (p. 35) questa sciatteria non è un fatto di poco conto[1].

All’art. 3, comma 1, “limitatamente alla disciplina “storia”, della classe terza di scuola primaria per l’anno scolastico 2027/2028.” andrebbe sostituita la parola “della”con la parola “dalla”.

All’art. 5, comma 2, nella locuzione “per le discipline che presentano,” andrebbe tolta la virgola.

Per le Indicazioni nazionali si suggerisce di indicare tutte le discipline in modo uniforme, usare la prima lettera con carattere minuscolo e di effettuare le seguenti modifiche (così anche nel corpo dello schema di decreto, all’articolo 2, comma 6, con riguardo alla “Religione”).

Inoltre:

– a pag. 21, nella locuzione “Le scuole e, al loro interno, il lavoro collegiale dei docenti, sono chiamate a progettare, attuare, monitorare e valutare il curricolo” sostituire la parola “chiamate” con la parola “chiamati”;

– a pag. 25, verificare la presenza di un refuso nella locuzione “dello scoprire un senso alla propria vita”;

– a pag. 35, nella locuzione “La lingua italiana costituisce il primo strumento di comunicazione e di accesso alla conoscenza” sostituire le parole “La lingua italiana” con le parole “Il linguaggio”;

– a pag. 42, nella locuzione “Dal momento che per lo più ignorano i giornali di carta” inserire il soggetto;

– a pag. 49 dopo la locuzione “L’apprendimento delle strutture grammaticali e morfosintattiche si concentra” inserire i due punti;

– a pag. 60, nella locuzione “se non si sa collocare appropriatamente i luoghi”, sostituire la parola “sa” con la parola “sanno”; a pag. 65, il termine “realità” appare il frutto di un refuso (in luogo di “realtà”);

– a pag. 87 sostituire la parola “dimostare” con “dimostrare”;

18/09/25, 09:26 N. 00829/2025 AFFARE https:/

pag. 90 e a pag. 91 sostituire la locuzione “Dimostare l’aquisizione” con la seguente “Dimostrare l’acquisizione”;

– a pag. 94, sostituire la parola “pretesti” con “pre-testi” e inserire il soggetto nella locuzione “Alfabetizza gli allievi a una libertà, guidata ma autonoma, di  comprensione ed espressione, di sé e delle cose, che supera l’ambito specifico delle arti e si riverbera in questo modo su ogni sapere”;

– a pag. 99 eliminare lo spazio nella parola “educazion e”.

.


[1] Ecco le correzioni del Consiglio di Stato:

Nelle premesse dello schema di regolamento, al visto “il decreto del Ministro dell’istruzione e del merito 18 marzo 2024, n. 47, integrato i successivi decreti”, andrebbe sostituita la parola “i” con la parola “dai”.

All’art. 3, comma 1, “limitatamente alla disciplina “storia”, della classe terza di scuola primaria per l’anno scolastico 2027/2028.” andrebbe sostituita la parola “della”con la parola “dalla”.

All’art. 5, comma 2, nella locuzione “per le discipline che presentano,” andrebbe tolta la virgola.

Per le Indicazioni nazionali si suggerisce di indicare tutte le discipline in modo uniforme, usare la prima lettera con carattere minuscolo e di effettuare le seguenti modifiche (così anche nel corpo dello schema di decreto, all’articolo 2, comma 6, con riguardo alla “Religione”).

Inoltre:

– a pag. 21, nella locuzione “Le scuole e, al loro interno, il lavoro collegiale dei docenti, sono chiamate a progettare, attuare, monitorare e valutare il curricolo” sostituire la parola “chiamate” con la parola “chiamati”.

 

.

.

.

.

.

.

.

Le Indicazioni nazionali del 2012: lettura critica ultima modifica: 2025-10-30T04:54:51+01:00 da

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

GILDA VENEZIA - Associazione Professionale GILDA degli INSEGNANTI - Federazione Gilda Unams



Sito realizzato da Gilda Venezia