Categorie: Scuole paritarie

Le scuole paritarie “inutili e incerte” e la pubblicità a pagamento

– Inoltre le paritarie pagano i docenti addirittura meno di quelli della scuola statale che “risultano i più sottopagati in Europa”, li sfruttando cioè come riferisce Renata Puleo, e ricorrono anche a suore anziane ultra-settantenni, inoltre – secondo la l. 62/2000 – “in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente”.
Di ritorno dal Congresso mondiale delle scuole cattoliche, Luisa Ribolzi così riferisce e riassume, su il sussidiario.net, la sua ammirazione e il suo pessimismo:
«l’ammirazione per la qualità e la varietà delle esperienze realizzate – spesso senza grandi mezzi – dalle scuole cattoliche nei paesi in via di sviluppo»
«…. vorrei concludere con un’ultima osservazione, forse la più pessimistica: le scuole cattoliche in Italia …. non sono capaci, o forse non vogliono, di fare sentire la loro voce. Consumano buona parte delle loro già ridotte energie nel litigare fra di loro, …. chi osserva dal di fuori vede una grande difficoltà a fare massa critica, e a comunicare, se non a formulare, una proposta educativa chiara e attraente.»
Le scuole cattoliche mancano di sinergia, coordinamento, dicono che vorrebbero “fare massa critica e fare rete”, ma questa rimane solo aspirazione e lamentela.
La prof. Ribolzi costituisce figura importante e considerata, a fianco delle scuole paritarie e le sue osservazioni possono costituire contributi utili e costruttivi rivolti (anche e in particolare) al “gruppo di pressione pro-paritarie”.
Questo gruppo si è impegnato massicciamente a sostenere l’iniziativa o la missione “costo standard”, che si è sviluppata nei quattro anni dal 2014 al 2017 (governi Renzi e Gentiloni). Iniziativa che è arrivata (almeno in apparenza) ad un soffio dal successo, ma poi è stata inoltrata sul binario morto del “Gruppo di lavoro” che …. non ha lavorato!
Il “gruppo di pressione pro-paritarie” è stato tranquillo, in apnea o immersione nel corso del 2018 (elezioni politiche e poi nuovo governo) e ora sta riproponendo la richiesta del costo standard, ma lo fa senza prima aver fatto nessuna riflessione, né analisi sulle cause del successo non conseguito nel 2017, né sulla nuova situazione politica; nemmeno risultano – per quello che si sa – reset, modifiche di strategia o di chi gestisce o coordina l’iniziativa; sembra di assistere a un tranquillo e pacifico “heri dicebamus”, a un come se nulla fosse.
Pubblicità a pagamento
Un insolito annuncio pubblicitario a pagamento è comparso, giorni fa, sull’edizione Roma di Repubblica. Sulla mezza pagina inferiore (pag. 13) del quotidiano si poteva leggere il titolo “Autonomia, Parità e Libertà di scelta educativa” di un articolo che – niente di nuovo – riproponeva il finanziamento delle paritarie “riorganizzazione del finanziamento dell’intero sistema nazionale di istruzione (scuole statali e paritarie) attraverso la definizione di una quota capitaria, ecc.” cioè il noto “costo standard”.
Articolo che risulta essere un collage affrettato di scritti precedenti, tutti o quasi a firma di Suor Anna Monia Alfieri e che perciò contiene affermazioni già contestate e contraddette; da ultimo vedere le note: ”il teorema non dimostrato del costo standard” , “l’ingombrante scheletro del Gruppo di lavoro ….”, “Nessuna ecatombe di scuole paritarie ….” e altre note precedenti facilmente rintracciabili in rete. Al momento non è necessario aggiungere altro, salvo la riserva di una analisi puntuale (e futura) dell’annuncio pubblicitario.
Invece può essere utile qualche considerazione sullo stampo sul quale vengono modellati gli articoli e le note a sostegno del “costo standard” da parte del “gruppo di pressione pro-paritarie”, un insieme virtuale, formato dalla brava suora marcellina e altri validi e cattolicissimi personaggi, compreso il Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica, che sembra ispirare ed ispirarsi a detti articoli e note.
Articoli e note sono accomunati dal fatto di sviluppare considerazioni e ragionamenti partendo non da fondamenta ancorate sulla roccia, ma poggiate invece sulla sabbia; il riferimento evangelico è a Mt 7, 24-29.
Gli scritti pro costo standard invece di ancorarsi su: a) Costituzione vigente (senza omissioni), b) leggi e norme in vigore, c) situazioni concrete, reali e oggettive esistenti, d) partiti e gruppi politici esistenti e rappresentati in Parlamento e loro orientamenti; invece di ciò, fanno riferimento a loro proprie e soggettive interpretazioni degli stessi aspetti appena elencati; così giungono facilmente alle conclusioni volute, ma solo sulla carta, non nei fatti e nella realtà. Vediamo degli esempi significativi.
  • “senza oneri per lo Stato” stabilisce inequivocabilmente la Costituzione vigente, ma questo “particolare” viene sistematicamente marginalizzato e ignorato; mentre nemmeno L. Berlinguer poté farlo nella sua l. 62/2000.
  • Riferirsi e invocare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 26) o alle Risoluzioni del Parlamento UE è platonico, non può avere seguito perché Dichiarazioni e Risoluzioni non sono leggi ma solo inviti, diretti agli Stati non ai singoli cittadini; l’Italia in proposito è adempiente, magari solo formalmente e in termini insoddisfacenti a detta delle paritarie.
  • La “libertà di scelta educativa” è uno slogan astuto, escogitato, inventato dal “gruppo di pressione pro-paritarie” assente – in questi termini – sia nella Costituzione Italiana né nella Dichiarazione Universale.
  • Che alla libertà di scelta debba corrispondere un voucher anche per le paritarie è una interpretazione degli stessi gestori delle paritarie. Gli Stati, e con essi l’Italia, devono organizzare scuole gratuite per tutti, non cavarsela a forfait con un cachet o un indennizzo economico.
  • Ipotizzare una quota capitaria di 5.500 euro è un tranello e insieme una furbata perché le rette delle paritarie sono anche inferiori ai costi delle statali, costi che risultano intorno ai 6, 7.000 euro e anche di più, perché lo Stato si fa carico del Miur e “istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” mentre le paritarie possono scegliere dove e quali scuole.
  • Inoltre le paritarie pagano i docenti addirittura meno di quelli della scuola statale che “risultano i più sottopagati in Europa”, li sfruttando cioè come riferisce Renata Puleo, e ricorrono anche a suore anziane ultra-settantenni, inoltre – secondo la l. 62/2000 – “in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente”
E si potrebbe continuare.
Post scriptum
Si segnala la recente presentazione “Autonomia, parità e libertà di scelta educativa in Italia e in Europa” di Anna Monia Alfieri, 16 Febbraio 2019.
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Nelle immagini:
Chi sono e dove vivono i ragazzi che non scelgono la scuola di Stato
La nuova mappa del reddito degli italiani, questi i comuni più ricchi

Autonomia, Parità e Libertà di scelta educativa

Speciale Associazione Albertario. La Repubblica Ed. Roma del 4 luglio 2019, a pag. 13.
Pubblicità a pagamento (mezza pagina, 27.930,00 euro?) delle scuole paritarie!
I diritti della persona e la primaria responsabilità educativa della famiglia
La libertà di scelta della scuola da frequentare si basa anzitutto sul diritto di ogni persona all’educazione, cioè ad educarsi e a essere educata secondo le legittime scelte dei genitori (cfr. la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 26). Tutti i documenti della comunità internazionale sui diritti dell’uomo attestano inoltre il diritto dei genitori all’educazione dei figli e alla libera scelta dell’istituzione educativa dichiarata idonea dallo Stato.
Anche la Costituzione italiana riconosce come in primis sia affidato ai genitori il dovere/diritto di istruire ed educare i figli (art. 30). Rendere effettivo tale diritto significa garantire alla famiglia una vera libertà di scelta 2 tra realtà formative diverse per indirizzo, progetto educativo e gestione statale o non statale.
Secondo quanto riporta l’OCSE (dati 2015), il costo per studente dall’Infanzia al diploma è di 89.336 euro nella buona scuola pubblica statale gratuita e aperta a tutti. Come sia possibile, a fronte di questo dato, considerarla gratuita è inspiegabile. Gratuita per chi? Non certamente per i contribuenti italiani, che ogni anno versano le tasse (sempre più elevate), consegnandole allo Stato affinché assicuri i servizi pubblici primari, tra i quali l’istruzione, che le famiglie, per diritto, si attendono libera …. per poi scoprire che lo Stato impiega 10.000 euro annui per ciascuno dei 7.682.635 di allievi che frequentano la scuola pubblica statale e destina invece 500 euro annui per ciascuno dei 879.158 allievi che frequentano la scuola pubblica paritaria, obbligata a chiedere un contributo al funzionamento, a fronte delle tasse pagate allo Stato: solo chi è ricco può essere libero.
LA SOLUZIONE
La via maestra per assicurare un’effettiva autonomia delle istituzioni scolastiche, per evitare la chiusura di 380 scuole pubbliche paritarie ogni anno e per garantire una reale possibilità di scelta della Famiglia, passa dalla riorganizzazione del finanziamento dell’intero sistema nazionale di istruzione (scuole statali e paritarie) attraverso la definizione di una quota capitaria, ossia una determinata somma per ogni alunno frequentante la scuola pubblica, statale o paritaria. Accompagnata da un sistema di convenzionamento per singolo istituto, la quota capitaria costituisce la misura principale per la definizione di un fondo di bilancio permanente da attribuire a ciascuna scuola del sistema nazionale di istruzione. Presupposto di tale impostazione è la definizione del costo standard per allievo, cioè l’individuazione del costo ottimale per l’istruzione di ogni alunno, considerato nel proprio contesto sociale ed economico. Esso prevede che alla famiglia venga data una quota (di circa 5.500 euro annui in media per studente) da spendere per l’istruzione dei figli. Sarà poi la famiglia stessa a decidere dove spendere tale quota, se in una scuola pubblica statale o in una scuola pubblica paritaria. E il ruolo dello Stato in tutto questo? Sarebbe quello di garante e controllore.
Non abbiamo tempo… occorre fare in fretta.
Una necessità sociale considerato i costi del Pluralismo negato. Si conta che in sei anni delle 12.000 scuole paritarie resteranno solo quelle della retta sopra i 5Mila euro, chiudono le scuole dalla retta inferiore che accoglie senza una discriminazione sociale.
Avremo la buona scuola statale ma unica in regime di monopolio e la scuola paritarie poche ma con una retta over 5Mila annui.
  • 80.000 sono i posti coperti da supplenti (quando arriveranno); 50.000 cattedre di sostegno saranno “in deroga”, ovvero posti a tempo determinato sulla pelle dei bambini e ragazzi disabili; 2.000 i direttori dei servizi amministrativi mancanti;
  • 3 milioni e 500 mila studenti partiti e mai arrivati al diploma dal 1995 ad oggi nella scuola secondaria statale, vittime di un fallimento formativo;152 mila studenti dispersi nell’ultimo quinquennio nel percorso verso la maturità;29% di dispersione nelle Isole, di cui il 33% in Sardegna;32% di dispersione negli istituti professionali;27% di dispersione negli istituti tecnici;20% di dispersione nel liceo scientifico;84 mila studenti dispersi dopo il biennio iniziale delle superiori; oltre metà degli studenti si disperde già dopo il primo biennio; 61 mila studenti dispersi al primo anno delle superiori; 2,9 miliardi la spesa annua per formare, senza successo, gli studenti che abbandonano; oltre 30 miliardi di euro l’anno è il costo sociale dei Neet, i giovani tra i 15 anni e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non fanno formazione;
  • 380 scuole pubbliche paritarie che chiudono, compromettendo gravemente il pluralismo educativo. Di questo passo, come è stato dimostrato in modo scientifico ed inequivocabile, fra cinque anni in Italia avremo solo buone scuole pubbliche paritarie con rette dai 6000 euro in su foraggiate da chi può permettersele. Le scuole che chiudono, infatti, sono quelle di periferia. Quelle con rette inferiori ai 3.000 euro, quelle che i poveri vorrebbero poter scegliere (ma non possono), scuole di eccellenza per contenuti culturali e per capacità educativa, con docenti appassionati, attenti, determinati a non abbandonare i ragazzi al loro destino…
  • Duemila i docenti delle scuole paritarie esclusi dal concorsone. Una grave discriminazione professionale a danno di lavoratori che, con gli stessi titoli dei colleghi statali, hanno prodotto gli stessi effetti: alunni regolarmente promossi e inseriti nel Servizio Nazionale di Istruzione. Questo concorsone, che avrebbe l’obiettivo di fermare il precariato, in realtà farà diventare precario chi non lo era mai stato prima!
  • Nella buona scuola pubblica statale manca per tutti la carta igienica: gli studenti la chiedono al Ministro!
  • I docenti della scuola italiana risultano i più sottopagati in Europa, eppure il 96% della spesa per la scuola è destinato a coprire il costo del personale scolastico ben al di sopra della spesa media (90/92) dei paesi Ocse. Un docente italiano a fine carriera può sperare in uno stipendio netto di 1.800/2.000 euro, a fronte del collega che in Svizzera (Paese, che secondo i dati OCSE, è nella Top 3, subito dietro a Germania e Lussemburgo. Vedrà passare gli stipendi dei docenti da 89mila a 103mila euro l’anno. Un dato chiaro per i sindacati che necessariamente devono spiegare ai loro tesserati, e a quanti vorrebbero tesserare, come questa contraddizione in termini sia conciliabile.
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Le scuole paritarie “inutili e incerte” e la pubblicità a pagamento ultima modifica: 2019-07-08T05:12:36+02:00 da
Gilda Venezia

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Gilda Venezia

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