Un giorno con gli insegnanti nell’Ufficio scolastico di Roma
La Stampa 1.8.2015.
Gli aspiranti prof hanno davanti a loro quattro fasi: le prime due garantiscono una cattedra non troppo lontano da casa a poco più di 47mila fortunati. Le altre due fasi sono nazionali e rappresentano un salto nel buio per oltre 55mila precari,: nessuno sa davvero a che cosa porteranno. Si sa solo che se si rifiuta l’offerta che arriverà si resterà fuori. «Il rischio è di finire a centinaia di chilometri da casa, spesso avendo un’intera famiglia e anni di lavoro alle spalle», dice Francesca, una degli oltre cento precari che ieri affollavano l’Usr romano. «L’altro rischio è che, aspettando qualche mese, nella quarta fase si potrebbe liberare una cattedra più vicina», spiega Antonazzo.
Il Miur ha predisposto una «faq» di domande e risposte e ha aperto una linea telefonica per sciogliere i dubbi. Ma la «faq» ha generato più timori che altro. E una sola linea telefonica per oltre centomila persone con dubbi, è una barzelletta.
E, quindi, non resta che affollarsi sui social, tempestare di telefonate i sindacati, pensare di boicottare la fase nazionale in segno di protesta contro il governo, oppure sfidare la sorte e recarsi comunque all’Ufficio Scolastico nella speranza che in tanti rinuncino alle assunzioni proposte in questi giorni. Speranza del tutto irrazionale, su 129 chiamati ieri per insegnare materie letterarie alle medie avranno rinunciato in 3 o 4. Ma in questo Cirque delle assunzioni non c’è nulla di razionale e quindi Federica si presenta all’Usr alle 9 di mattina anche se dovrebbero rinunciare almeno in 50 perché venga chiamata lei. Alle 4 del pomeriggio è ancora lì, insieme a tanti altri. Qualcuno ha portato i figli, qualcun altro si è fatto accompagnare dal padre o dal fidanzato/a. Osservano con aria sempre più rassegnata chi è riuscito a firmare. Per tutti gli altri sarà una lunghissima estate di attesa.
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