di Lorenzo Neri e Elisabetta Pasini, La Voce.info, 30.3.2018
– Dal 2010 le scuole del Regno Unito possono diventare autonome dal governo. La loro esperienza mostra che per migliorare la qualità dell’istruzione più dell’indipendenza conta il modello di governance adottato. La Buona scuola dovrebbe tenerne conto.
Cosa sono le academy
Nella maggior parte dei paesi Ocse il sistema scolastico è gestito da governi centrali o locali e poco è lasciato alla discrezione delle scuole. Nell’ultimo decennio, però, alcuni hanno cambiato rotta, Italia compresa: la Buona scuola mira infatti a concedere più autonomia agli istituti scolastici nella gestione della didattica e degli insegnanti.
Per capire qual è il miglior modo di dare autonomia alle scuole può essere utile l’esperienza inglese. Già dal 2010, nel Regno Unito tutte le scuole hanno la possibilità di diventare academy, cioè autonome dal governo locale. La riforma ha avuto successo e da un recente sondaggio emerge che metà delle scuole che non lo sono ancora pensano di convertirsi entro il 2022. A gennaio 2018 le scuole primarie e secondarie trasformatesi in academy erano rispettivamente 4.440 (27 per cento) e 2.220 (65 per cento).
Le academy inglesi continuano a essere interamente finanziate dal governo, ma acquisiscono autonomia, nel rispetto di linee guida stabilite dal dipartimento dell’Istruzione, sull’utilizzo dei fondi, la gestione delle risorse umane, il curriculum scolastico e le ammissioni: tutti aspetti gestiti in precedenza dal governo locale (Local Authority). Il loro principale obiettivo è quello di accedere direttamente ai fondi a loro destinati e investirli in maniera più efficiente di quanto facessero le autorità locali.
La diffusione delle academy ha generato un acceso dibattito nell’opinione pubblica. Da un lato, c’è chi sostiene che un modello decentralizzato sia più efficiente e permetta alle scuole di utilizzare meglio le risorse. Altri sostengono invece che la riforma porti a una privatizzazione di fatto del sistema scolastico e temono che le academy possano usare la loro autonomia per discriminare certi studenti durante il processo di selezione.
Recenti ricerche hanno dunque provato a capire se concedere autonomia alle scuole porti effettivamente i benefici indicati dai sostenitori della riforma. Nello stesso tempo – data la rapida espansione delle academy e l’intenzione di altri paesi di rendere più autonomo il sistema scolastico – altrettanto cruciale è comprendere quale sia il miglior modo di gestire l’autonomia.
Meglio soli che male accompagnati?
Per quanto la prospettiva sembri attraente, per le scuole diventare autonome comporta una serie di responsabilità non indifferenti. Avere un buon dirigente scolastico – nel Regno Unito viene assunto direttamente dagli istituti, al contrario di quanto accade in Italia – rischia di non essere più sufficiente, se la gestione della scuola comincia a richiedere capacità di gestione aziendale. Per superare l’ostacolo di dover amministrare la scuola e gestire allo stesso tempo le attività che in passato erano a carico dei governi locali (come la gestione dei fondi e del personale), molte academy decidono di affiliarsi ad altri istituti, entrando a far parte di consorzi, i MATs, Multi-Academy Trusts. Affiliarsi permette di sfruttare le economie di scala, ma ha come contropartita la condivisione dello stesso organo gestionale con altre scuole. Invece per le academy che restano singole (SATs, Single-Academy Trusts) la composizione dell’organo direttivo rimane pressoché immutata dopo la conversione. Come si vede dal grafico, il numero di scuole che decide di entrare in un consorzio è decisamente aumentato.
Grafico 1 – Numero di academy che entrano in consorzi rispetto alle singole
Fonte: Neri, L. and Pasini, E., Heterogeneous Effects of Mass Academisation in England
L’effetto sui risultati degli studenti
Il fenomeno academy ha destato subito grande interesse. Poiché devono far fronte a un’ampia riorganizzazione delle loro funzioni, è importante capire se diversi modelli di management hanno un diverso effetto sui risultati degli studenti.
In un recente studio abbiamo confrontato i voti di bambini iscritti in scuole elementari MAT e SAT, prima e dopo la conversione della scuola in academy. I risultati mostrano che gli studenti iscritti a MATs ottengono risultati migliori rispetto agli iscritti in SATs. E i miglioramenti sembrano ancor maggiori per studenti provenienti da ambienti socio-economici svantaggiati.
Usando indagini condotte dal ministero dell’Istruzione si può provare a capire cosa differenzia i due tipi di scuole. Dopo la conversione, i SATs prediligono cambiamenti legati a pratiche educative (come cambiare il curriculum o la durata del giorno scolastico) o amministrative (come assumere nuovi impiegati). I MATs sembrano invece prediligere cambiamenti manageriali, come la riorganizzazione dell’organo di governo o la nomina di nuovi presidi. Purtroppo, data l’impossibilità di combinare indagini e dati amministrativi, per il momento è difficile stabilire un chiaro nesso causale tra queste pratiche e i risultati degli studenti.
L’esperienza inglese suggerisce che l’indipendenza in sé non porta necessariamente a un miglioramento nella qualità delle scuole. Sembra piuttosto che il modello di governance scelto possa giocare un ruolo importante nell’apprendimento dei bambini e nella gestione dell’autonomia.
Qual è dunque il messaggio per il nostro paese? Riforme come la Buona scuola possono funzionare, ma solamente a patto che le scuole vengano dotate degli strumenti necessari per sfruttare nel modo migliore l’autonomia.
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