Il Corriere della sera, 21.11.2022.
Alle medie ci sono 6000 classi musicali ma l’accesso al percorso nelle scuole superiori è troppo difficile. Così si disperdono talenti, perché le lezioni private sono troppo care
In Italia sono circa 2000 le scuole medie a indirizzo musicale (SMIM), che permettono a 6000 classi – e quindi a quasi 120 mila giovanissimi studenti (seguiti all’incirca da 8200 docenti) – di avvicinarsi gratuitamente alla musica e a uno strumento musicale. Se la scelta, ormai ultraventennale, del Ministero dell’Istruzione di avvicinare tanti giovani alla musica è stata certamente meritoria, resta il fatto che lasciata la scuola media la percentuale di studenti che prosegue gli studi in una scuola superiore ad indirizzo musicale (liceo o conservatorio) o che continua privatamente lo studio della musica è bassa. Le ragioni sono molteplici: c’è certamente una percentuale di ragazzi che, legittimamente, non è più interessata alla musica e la abbandona (la scelta della scuola media ad indirizzo musicale si fa a 10 anni e gli interessi possono cambiare), ma il grosso della «dispersione musicale» dipende innanzi tutto dall’imbuto che si crea tra la domanda potenziale (gli studenti usciti dalle scuole medie ad indirizzo musicale) e l’offerta (posti disponibili presso scuole superiori ad indirizzo musicale). Posti limitati, quindi, e – per accedere a licei musicali e conservatori – test di ingresso per verificare le competenze musicali degli allievi, che sbarrano inevitabilmente la strada a molti aspiranti.
La dispersione
Resta, a questo punto, l’opzione di proseguire lo studio della musica e dello strumento del cuore privatamente, ma – come sottolinea Michele Perrone, insegnante di chitarra alla scuola media Torraca Bonaventura di Potenza – «c’è molto spesso uno sbarramento di tipo economico e comunque, anche per chi può permetterselo, viene a mancare la preziosa esperienza di suonare insieme ad altri, in una sia pur piccolissima orchestra, che viene data durante i tre anni di scuola media». Ma perché è così importante cercare di arginare questa dispersione di competenze musicali, grandi o piccole che siano, acquisite nella scuola dell’obbligo? E cosa si può fare per evitarlo? Alla prima domanda risponde Giada Giglio Moro, psicologa dell’equipe di lavoro dell’Associazione Laboratorio Adolescenza: «La musica è un vero e proprio «luogo» con il suo linguaggio bidirezionale che permette all’adolescente di capire, capirsi e di esprimersi. Attraverso la musica si esplorano e comunicano anche le emozioni e i pensieri che meno facilmente riescono ad emergere. Senza contare quanto la musica, attraverso il suonare in gruppo, stimoli la socializzazione, aiuti il processo di crescita e di individuazione, faciliti – proprio per l’universalità del suo linguaggio – il superamento di barriere linguistiche e culturali». Riguardo al “che fare” è interessante la proposta di Mauro Agostino Donato Zeni, Dirigente del Liceo Musicale Tenca di Milano, che ha due sezioni musicali e ogni anno apre le porte ad oltre cinquanta nuovi studenti: “Sarebbe importante riuscire ad organizzare dei percorsi personalizzati extrascolastici, utilizzando le competenze e le strutture dei Licei Musicali, per consentire di avvicinarsi, o di restare vicini alla musica, a molti adolescenti che, per qualunque ragione, non frequentano scuole specifiche ad indirizzo musicale».
Come lo sport
In definitiva anche per la musica dovrebbe essere fatto quello che si predica, non sempre con successo, per lo sport: renderla alla portata non solo delle eccellenze o di chi immagina di farne una professione, ma di quanti più adolescenti possibile, partendo proprio da chi ha già quel minimo di competenze acquisite a scuola. Ma se l’offerta sportiva, ancorché non sufficiente a soddisfare le esigenze, è comunque abbastanza diffusa sul territorio, l’offerta musicale lo è molto meno, anche perché lo studio della musica sconta ancora un arcaico immaginario che lo confina ad una élite.
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Direttore del Laboratorio Adolescenza di Milano
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