dal nostro corrispondente Enrico Franceschini la Repubblica, 9.9.2016
– Rivoluzione nell’istruzione britannica, Theresa May annuncia il ripristino della grammar school che Blair aveva messo al bando nel 1997
LONDRA – La Gran Bretagna ha un problema, e non si tratta (solo) di Brexit. È come rendere più egualitaria una scuola profondamente classista. Il 7 per cento della popolazione iscrive i figli alle scuole private che costano in media l’equivalente di 25mila euro l’anno, ma da cui esce il 40 per cento della classe dirigente: i migliori giudici, avvocati, medici, scienziati, politici.
Una famiglia con due bambini spende più di mezzo milione di euro per tredici anni di istruzione scolastica: possono permetterselo solo le classi alte o medio-alte.
Theresa May pensa di risolvere il dilemma rilanciando la vecchia idea delle scuole statali (ovvero gratuite) selettive, con un test a cui gli scolari devono sottoporsi, a 11 anni d’età, per potervi accedere. Denominate “grammar school” (per entrarci bisogna, come minimo, sapere bene la grammatica) e fondate nel 1944, questo tipo di scuole sono state criticate, per lo più dal partito laburista, a partire dagli anni Sessanta, perché dividevano la società: da una parte i ragazzi più intelligenti, destinati all’università e a un buon reddito, dall’altra i meno brillanti, destinati a occupazioni meno redditizie.
Nel 1998, da poco primo ministro, Tony Blair ha vietato che se ne aprissero di nuove. Oggi ne restano soltanto 163 su tremila scuole medie, inferiori e superiori, in tutta l’Inghilterra. Nessuna in Galles e Scozia.
Ma secondo la nuova premier le “grammar school” sono il mezzo per creare una società più meritocratica. “I privilegiati hanno le scuole private”, afferma May. “Ma i vantaggi devono essere basati sul merito, non sul privilegio. Se vogliamo più mobilità sociale, dobbiamo permettere che emergano i migliori, indifferentemente dal reddito o dal quartiere in cui vivono”.
In teoria, il ragionamento funziona. La leader conservatrice lo lega anche a Brexit, notando che il referendum non ha espresso soltanto la volontà di uscire dall’Unione Europea, ma pure un voto di protesta, un diffuso malessere. Del resto lei stessa, figlia di un pastore anglicano, ha studiato in una “grammar school”, grazie alla quale si è poi laureata a Oxford.
In pratica, l’iniziativa suscita critiche da ogni lato. Ad accedere alle “grammar school” sarebbero i figli della classe media, attualmente costretta a fare prestiti e salti mortali per mandarli nelle scuole private, che potrebbe così dare loro un’istruzione d’alto livello gratuita. Sarebbero i benestanti, non i poveri o la classe lavoratrice, ad avere i soldi per far prendere ai bambini lezioni private, in virtù delle quali ottenere i punteggi più alti ai test d’ammissione.
“È una ricetta per la segregazione, non per la meritocrazia”, accusa Angela Rayner, responsabile scuola del Labour. “Falliremmo come nazione, la scuola va migliorata tutta insieme, non solo in parte”, concorda Michael Wilshaw, capo degli ispettori scolastici.
Insegnanti e genitori, inclusi non pochi conservatori, criticano il progetto. Che potrebbe necessitare di un voto del parlamento: non è detto che sarà approvato. Ma intanto Theresa May segnala ambizioni rivoluzionarie, promettendo di battersi per le aspirazioni di ascesa sociale del popolo. Come un’altra donna, figlia di un droghiere, prima di lei: Margaret Thatcher.
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