Notizie della scuola, 8.11.2016
– Ancora indietro rispetto all’Europa, ma i progressi ci sono: nella relazione annuale della Commissione europea sullo stato di salute del settore istruzione e formazione negli Stati membri dell’Unione, l’Italia figura come un paese in fase di transizione verso un miglioramento dei risultati, soprattutto a seguito della riforma del 2015 e relativi stanziamenti, e delle innovazioni messe in campo dal SNV.
La Commissione europea ha pubblicato la relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione 2016, composta da ventotto relazioni sui singoli paesi. Il documento prende le mosse dalle prove quantitative e qualitative più aggiornate per presentare e valutare le principali misure programmatiche recenti e in corso di realizzazione in ciascuno Stato membro dell’UE, rivolgendo una particolare attenzione agli sviluppi intervenuti dalla metà del 2015.
Per quanto riguarda l’Italia, tra i fatti salienti il documento cita in primis la circostanza che nel nostro Paese sono in fase di attuazione la riforma della scuola del 2015 e il sistema nazionale di valutazione delle scuole, che potrebbero migliorare i risultati delle scuole.
La relazione è così articolata:
Il documento presenta il raffronto, relativamente al 2015, tra i dati italiani e la media dell’Unione Europea in riferimento ai principali indicatori e parametri della strategia ET2020.
Pur attestandosi ancora al di sopra della media UE, il tasso di abbandono scolastico è in costante diminuzione. Per i bambini di età compresa tra i quattro e i sei anni si registra un’elevata partecipazione all’educazione della prima infanzia.
È prestata un’attenzione maggiore alla qualità dell’istruzione superiore, mentre negli ultimi anni il quadro per l’assegnazione dei finanziamenti pubblici alle università è nettamente migliorato.
Il tasso d’istruzione terziaria dell’Italia è il più basso dell’UE per i giovani di età compresa tra i 30 e i 34 anni. Il sistema dell’istruzione superiore non riceve risorse adeguate e deve confrontarsi con il problema dell’invecchiamento del personale docente e del suo assottigliamento.
Si conferma difficile, anche per le persone altamente qualificate, l’ingresso nel mondo del lavoro, dando luogo al fenomeno della “fuga dei cervelli”.
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