dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 5.1.2020
– Le dimissioni di Fioramonti sono una sconfitta per tutta la scuola statale –
Le dimissioni di Fioramonti sono ormai state digerite dalla maggioranza di governo – e forse anche da qualche insegnante – ma non tutte le forze sindacali sembrano rendersi conto che il suo allontanamento ha significato solo l’ennesima marginalizzazione del settore dell’istruzione e degli insegnanti della scuola statale. A nulla sono servite le formali prese di posizione di sostegno da parte di qualche esponente sindacale o politico, nessun effetto hanno prodotto le doléances del ministro Gualtieri per non aver trovato le risorse sufficienti al fine di assicurare credibili investimenti e avviare una convincente contrattazione nel settore scolastico e universitario.
Le coalizioni di governo che si sono succedute negli ultimi tempi alla guida del paese nei fatti hanno gestito la “questione scuola” come un problema secondario su cui non si sono mai state programmate risorse ma, anzi, sono state effettuate operazioni di “razionalizzazione” che hanno impoverito, se non stroncato, la forza di un’istituzione che per decenni ha comunque rappresentato una garanzia per tutta la comunità del paese.
E con tutta onestà, affermazioni “alternative” secondo cui i soldi per la scuola, per l’università e per la ricerca potrebbero essere recuperati abolendo il Reddito di cittadinanza o, magari, eliminando anche Quota 100, sembrano demagogia allo stato puro.
Del resto il milione di dipendenti pubblici che lavorano nella scuola non sono mai riusciti, se non in occasione dei grandi scioperi del 1988-89, a far sentire la propria voce preferendo spesso delegare in maggioranza forze sindacali che hanno preferito la concertazione alla rivendicazione. Dal 1988 abbiamo registrato la caduta libera dei salari reali dei docenti e tre grandi riforme (Berlinguer, Gelmini, Renzi-Giannini) che hanno decostruito la scuola italiana inseguendo i dettami dell’ideologia liberista (aziendalizzazione delle scuole, parità e competizione tra scuola statale e scuola parificata, introduzione di inutili e inefficaci incentivi e bonus “meritocratici, frammentazione della contrattazione di secondo livello con l’introduzione delle RSU di istituto, filosofia invasiva delle “competenze”, ecc.).
Negli ultimi due anni (governo Conte 1 e 2) si è riusciti a scardinare alcuni fondamenti della “Buona Scuola” renziana e l’ultimo accordo di conciliazione tra OO.SS. e MIUR dovrebbe segnarne l’ulteriore superamento. Fioramonti, più del grigio e burocratico ministro Bussetti, ha dimostrato disponibilità a rappresentare alcune delle ragioni dei docenti: il problema dei salari del personale della scuola, il necessario recupero di autorevolezza e considerazione sociale, il principio costituzionale della libertà di insegnamento.
Il punto ora è un altro: riuscirà Lucia Azzolina a ricavare al mondo della scuola quello spazio da decenni eroso da sciagurate politiche governative e sindacali? Sarà in grado di reperire risorse sufficienti (non certo i 3 miliardi per la scuola chiesti da Fioramonti) ad avviare un credibile tavolo di contrattazione degli insegnanti con aumenti che non siano ridicoli?
Noi sospettiamo, e speriamo di essere smentiti, che si continueranno a privilegiare gli equilibri sinora sostenuti dalla politica e dalle grandi confederazioni sindacali. Temiamo che le uniche risorse trovate per il mondo della scuola resteranno ancora una volta quelle che servono ad incrementare ulteriormente gli stipendi dei dirigenti scolastici (i veri interlocutori del mondo politico-sindacale di questi ultimi anni).
Il problema salariale è il vero problema dei docenti e non si può più continuare ad operare il tradizionale scambio tra bassi stipendi e posti di lavoro che sembra ancora contraddistinguere parte delle politiche dei sindacati tradizionali. Non è un caso che sulla questione precariato, e sulle promesse sostenute con l’evidente scopo di un facile consenso, si sia spesa negli ultimi anni la maggior parte delle rivendicazioni sindacali.
Le dimissioni di Fioramonti sulla questione stipendiale rappresentano la debolezza della categoria dei docenti nei confronti delle classi di governo passate, presenti e forse future.
Anche per questo era necessario con maggiore decisione sostenere Fioramonti e convincerlo a restare.
La nuova ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina, non è ancora di fatto operativa, ma già si fa la conta dei tanti impegni che la aspettano. Nel 2020 ci sono una miriade di obiettivi da centrare: dal rinnovo del contratto, scaduto da oltre un anno e per il quale si profilano novità anche sul fronte normativo, all’avvio di tre concorsi, due per la secondaria (di cui uno riservato) e uno per il primo ciclo, alle nuove abilitazioni, dal precariato storico da cancellare ai troppi alunni per classe, fino alle tante nomine da realizzare e vertenze in atto da condurre a termine.
E’ pensabile che sarà in grado di rimuovere gli ostacoli che di fatto hanno impedito a Fioramonti un cambio di direzione del governo nella politica scolastica?
Aspettiamo le prossime scelte della neoministra, ma dubitiamo in una svolta epocale così come sognata da Fioramonti e attesa da tanti insegnanti: le lobbies politiche, sindacali (vecchie e nuove) e dei DS sono ancora molto forti nel nostro paese. Né non si vede ancora all’orizzonte una forte presa di coscienza del mondo della scuola e della cultura italiana contro una deriva ideologica e organizzativa che tanti danni ha fatto e continua a fare nell’istruzione.
Ce la farà Lucia Azzolina là dove Lorenzo Fioramonti ha dovuto arrendersi mettendo sul tavolo – peraltro con inusitata e apprezzabile dignità – le proprie dimissioni? Riuscirà a svincolarsi dalle rigide catene delle strategie governative che finora hanno soffocato il mondo della scuola?
O ancora una volta succederà che si dica di cambiare perché gattopardescamente tutto resti come prima?
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Lucia Azzolina: riuscirà là dove Fioramonti è stato costretto alle dimissioni? ultima modifica: 2020-01-05T11:45:46+01:00 da