di Carlo Forte e Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi, 17.12.2019
– Proclamato lo stato di agitazione, scuola e università verso lo sciopero –
Nel giorno in cui il maxiemendamento governativo sostitutivo della legge di Bilancio viene posto al voto di fiducia del senato (alla camera il testo arriverà blindato), i sindacati di scuola e università hanno annunciato lo stato di agitazione con la richiesta di conciliazione ai ministri dell’istruzione e della pubblica amministrazione. Tempo cinque giorni, per la risposta, e poi il passo successivo è l’astensione dalle attività aggiuntive e infine lo sciopero. Tra i punti chiave, la carenze di risorse per il contratto del 2019/2021, visto che quelle stanziate nella legge di bilancio consentono, a regime, un incremento delle retribuzioni di poco superiore all’inflazione: meno di 80 euro medi mensili, ben lontano dall’aumento a «tre cifre» promesso a più riprese dal ministro dell’istruzione, università e ricerca, Lorenzo Fioramonti.
Le richieste delle sigle sindacali riguardano anche la valorizzazione professionale e la perequazione retributiva rispetto al resto del personale della p.a. «Il fatto che oltre il 40% dei lavoratori del comparto beneficia dell’elemento perequativo », affermano Sinopoli, Gissi, Turi, Serafini e Di Meglio, segretari di Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda, «dimostra che le retribuzioni del comparto istruzione e ricerca sono significativamente inferiori a quelle delle altre pubbliche amministrazioni. Se le risorse stanziate per il rinnovo contrattuale sono comprensive della quota necessaria a finanziare il perequativo, l’aumento medio mensile reale si riduce a circa 70 euro». I leader dei cinque sindacati chiedono siano considerate aggiuntive rispetto a quelle occorrenti per il rinnovo contrattuale.
Molto della decisione sullo sciopero dipenderà da come evolverà la trattativa aperta a palazzo Chigi sui contratti ma anche dalle risposte di merito su precari, docenti e dsga, che arriveranno dall’istruzione.
Tra le novità più importanti introdotte dalla VII commissione del senato nel disegno di legge di bilancio (AS 1586-A), recepite nel maxiemendamento del governo, l’incremento di posti per il sostegno in organico di diritto e bonus docenti alla contrattazione integrativa di istituto. Circa 1.000 posti di sostegno in più in organico di diritto a partire dal prossimo anno scolastico. Il testo proposto dalla commissione dispone uno stanziamento di 12,06 milioni di euro nell’anno 2020, 54,28 milioni nell’anno 2021 e 49,75 milioni a decorrere dall’anno 2022. Ed è finalizzato a tamponare la situazione di incertezza che si verifica ogni anno all’atto della compilazione degli organici dei docenti di sostegno. La procedura di individuazione dei fabbisogni, infatti, prevede una prima stesura degli organici in via previsionale (cosiddetto organico di diritto). E poi, dopo avere accertato il fabbisogno reale, la compilazione dell’organico definitivo (organico di fatto).
Di anno in anno, quindi, gli alunni disabili e le loro famiglie, sono costretti a sopportare l’alea dell’assegnazione del docente di sostegno che, spesso, prevede una prima fase in cui l’assistenza viene negata o ipodimensionata in termini di ore, in sede di formazione dell’organico di diritto. E solo successivamente riescono a ottenere l’assegnazione necessaria rispetto al reale fabbisogno in organico di fatto. Non di rado, peraltro, anche nella fase dell’organico di fatto, il fabbisogno viene ipodimensionato. E ciò determina un forte contenzioso che, di solito, si evolve nell’assegnazione del fabbisogno reale solo all’esito dei giudizi intentati dalle famiglie. L’emendamento dispone l’assegnazione di circa 1.000 posti di sostegno in più già nella fase dell’organico di diritto. L’incremento, però, non comporterà un ampliamento dell’organico di fatto perché andrà a compensazione.
I 200 milioni annui destinati dalla legge 107/2015, la riforma Renzi, alla valorizzazione del merito dei docenti saranno versati nel fondo delle istituzioni scolastiche. E saranno contrattualizzati senza vincolo di destinazione. Il dispositivo è frutto di un compromesso adottato dalla commissione, che ha respinto il testo dell’emendamento originario, che prevedeva la destinazione dei 200 milioni alla contrattazione collettiva. E lo ha modificato in questo senso (28.20). Ciò vuol dire che i relativi fondi non saranno utilizzati per aumentare lo stipendio dei docenti in modo strutturale. Ma saranno destinati ad incrementare il cosiddetto compenso accessorio. Vale a dire, le attività aggiuntive che vengono programmate e realizzate nell’ambito della realizzazione del piano dell’offerta formativa. Va detto subito che anche in origine questi fondi erano destinati all’accessorio. Ma erano vincolati e venivano attribuiti sulla base di valutazioni discrezionali del dirigente scolastico. Il cosiddetto bonus docenti, dunque, resta in piedi. Ma la dotazione finanziaria del bonus non sarà fissata a livello centrale e sarà oggetto di determinazione da adottarsi a livello di contrattazione integrativa.
La novità rispetto al passato, dunque, consisterà semplicemente nella possibilità, da parte del tavolo negoziale di istituto, di destinare a questo fine lo stesso importo oppure diminuirlo o addirittura incrementarlo, impiegando risorse che prima dovevano essere necessariamente destinate ad altri scopi. In via meramente astratta, sarebbe anche possibile utilizzare queste risorse per incrementare i fondi dell’accessorio del personale Ata. «Le risorse iscritte nel fondo di cui all’articolo 1, comma 126, della legge 13 luglio 2015, n. 107», e cioè quelle per la valorizzazione del merito per i docenti « già confluite nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa», ma con vincolo di destinazione d’uso, «sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico», dunque, anche per il personale Ata «senza ulteriore vincolo di destinazione». La locuzione «senza ulteriore vincolo di destinazione», si presta peraltro ad interpretazioni non univoche. La presenza dell’avverbio «ulteriore», potrebbe indurre l’interprete a ritenere che permanga il vincolo di destinazione riguardante la valorizzazione del merito, includendo anche il personale Ata in tale accezione. La questione, però, potrebbe comunque essere risolta in sede di rinnovo del contratto collettivo nazionale.
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