di Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola, 8.12.2018
– La legge di bilancio passa alla Camera, grazie al voto di fiducia di 330 deputati di M5s e Lega, contro 219 contrari. Ma l’attenzione è già altrove: guarda a Bruxelles. Da dove si continuano a minacciare infrazioni e sanzioni, per via di un deficit troppo alto. Certo, pubblicamente i due vicepremier fanno a gara per far sapere che non cambierà nulla. Ma i comportamenti del ministro dell’Economia Giovanni Tria (si era parlato anche di dimissioni, poi però smentite da lui stesso) e anche del premier Giuseppe Conte, inducono a pensare che raggiungere quasi l’1,9% richiesto dall’Ue (pari a 9 miliardi) sia in questo momento più importante che rispettare per intero il “patto” con gli italiani.
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Gli emendamenti da attuare al Senato
Ecco che, allora, si comincia a parlare in modo più convinto di ipotesi da attuare al Senato nelle prossime due settimane: lì, si potrebbe, ad esempio, pensare di aumentare in modo selettivo l’Iva. Oppure far crescere soglie e requisiti di accesso al reddito di cittadinanza e a quota 100 per andare in pensione.
Ma anche a far slittare la messa in pratica dei provvedimenti a giugno 2019, che per la scuola significherebbe settembre 2020: una data, per molti docenti e Ata in “odore” di pensione, davvero troppo lontana per essere presa solo in considerazione.
A spianare la strada a questo genere di ipotesi, ci ha pensato lo stesso leader grillino, il quale da un paio di giorni continua a dire che anticipo pensionistico, “reddito e pensione di cittadinanza costeranno di meno dei soldi che avevamo stanziato” ed in particolare “a quota 100 non aderirà il 100% della platea potenziale e il reddito di cittadinanza partendo da marzo costa un po’ meno”.
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Calcoli in difetto su quota 100?
Le “male lingue” già dicono che i “meno soldi” cui si riferisce l’on. Luigi Di Maio sono quelli che si ricaveranno non dando più a tutti la possibilità di uscire dal lavoro.
E il disincentivo vi sarebbe anche per chi si ritrova nei requisiti richiesti: ridurre l’assegno in modo tutt’altro che simbolico, anche del 30%. Bissando, però, in questo modo, la modalità già adottata con Opzione donna (che assieme all’Ape dovrebbe avere presto conferma anche nel 2019), che fa lasciare il lavoro in cambio della “tassa” non indifferente del calcolo dei contributi versati in modo interamente contributivo.
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La soluzione: alzare l’asticella degli accessi
Cosa potrebbe accadere, quindi? Nel week end ben poco: Matteo Salvini, con la sua Lega, è sarà impegnato a piazza del Popolo, mentre è probabile che Luigi Di Maio dovrà vedersela con i moti di piazza no-Tav appoggiati anche da Beppe Grillo.
Subito dopo, però, sarà tempo di decisioni. Con i capitoli di spesa più gettonati da tagliare che, guarda caso, sono ancora una volta reddito di cittadinanza e anticipo pensionistico: alzando l’asticella degli accessi, al Governo si potrebbe infatti arrivare a dare anche 4 miliardi dei circa 15 inizialmente indicati.
A quel punto, la ratifica al Senato, diventerà una pura formalità, visti i numeri sproporzionati a favore della maggioranza.
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