di Severino, InfoDocenti.it, 26.6.2020.

Non si poteva saltare l’Esame di Maturità! Non lo hanno sospeso nemmeno in tempo di guerra!

 Cosa garantisce la “maturità”? Chi dovrebbe garantire e che cosa dovrebbe garantire questa “maturità”

I giovani diciannovenni di quest’anno arrivano alla maturità dopo un “nonanno” scolastico, secondo la formula di Lewis Carroll.

La Scuola è  finita insomma, nell’anno scolastico 2019-2020, prima della fine del primo quadrimestre. Chiusa da tempo, riapre così, sottovoce, per mettere in scena un copione, chiamato  ufficialmente un “colloquio”,  fra attori recitano le loro battute, a distanza controllata e sanificata.

I Docenti hanno provato a fare la loro parte durante il lockdown. Hanno  fatto di necessità virtù e si sono prodigati a inventare e usare una didattica che non conoscevano, che forse nemmeno ritenevano tale. Molti di loro l’hanno guardata con paura e sospetto, poi hanno imparato a conviverci, magari alzandosi di notte, davanti a quel computer contro il quale avevano sempre tuonato. Hanno molto penato soprattutto quelli più prepararti e collaudati dal modello d’insegnamento tradizionale, quelli abituati  insomma al testo da sfogliare davanti, e alle parole dette, fissando un po’ negli occhi a turno qualcuno degli alunni davanti, e un po’ guardando in alto.

Migliaia di ore di lezione non fatte e non seguite, migliaia di compiti non preparati e non svolti, e non corretti, migliaia di interrogazioni non avvenute, senza nemmeno l’obbligo della giustificazione: una landa desolata. È di là invece che per avere la “maturità” eravamo passati tutti, prima degli esami: lezioni, interrogazioni, giustificazioni, compiti a casa e in classe, preparazione, incubi notturni e mamme con la scodella dell’ovetto sbattuto al mattino.

I giovani di quest’anno no.

Gli studenti dell’ultimo anno, questa volta, hanno cercato di fare delle loro virtù conclamata, la “digitalità natale”, una virtù, e una necessità. Era dopo la maturità, all’Università, che nei tempi andati e in generale, durante i corsi e le specializzazioni, che si cominciava in modo sistematico a cercare e trovare le informazioni in Internet, su Google.

Loro, i maturandi di quest’anno  hanno iniziato a usare meno i libri e più il device.

I libri hanno un curriculo di validazione storico e affidabile, le informazioni di Google o affini molto meno, ma appunto ci si è arrangiati.

In questi giorni, a guardare questi ragazzi che entrano nelle aule con la loro brava mascherina a bendare il naso e la bocca e con gli occhi sognanti e spesso impauriti, vien da domandarsi cosa si porteranno da questa esperienza, che dovrebbe segnare per tutti un passaggio. Cosa sarà, cosa sarà stato per loro l’esame di “maturità”.

Cos’è  poi l’esame di maturità?

È sì un rito di passaggio. Ma è o può essere ancora, anche per loro, quel momento nel quale qualcuno ti mette in discussione ed è chiamato a dire se è sufficiente quello che mostri di sapere e di essere e se  ti basta  per entrare nel mondo dei grandi?

Già hanno compiuto i diciotto anni e hanno la patente dell’auto o l’auto stessa, sono andati a votare magari, eppure in modo ancora un po’ contraddittorio,  sono chiamati a mostrarsi maturi. Questo è il rito.

Il  ruolo degli adulti, nei confronti di chi arriva nel nostro civilizzato mondo, si realizza tradizionalmente nell’accoglienza( la famiglia) e nella formazione (la Scuola). I giovani, come diceva B. Croce hanno il compito fondamentale di prepararsi a diventare adulti. Sottoporli all’esame di maturità rappresenta, nel modo più rigoroso, la fine,  il redde rationem, la validazione del periodo della loro preparazione, della loro formazione.

Tradizionalmente in ogni entrata nel mondo, per ognuno c’è stato qualcuno  (e se non c’è stato se ne  paga cara la mancanza) che ci ha accolto e amato perché eravamo arrivati  e insieme a lui e con lui c’è stato anche qualcuno che ha sentito il dovere o si è assunto o scelto il ruolo di guidarci, di darci delle regole e dei confini, per affidarci quel fardello che possiamo chiamare cultura e che ci sarà essenziale per trovare il nostro posto nel mondo. Alla famiglia in primis è spettata l’accoglienza. Agli adulti, e soprattutto agli Insegnanti è spettata la formazione.

Avendo garantito l’istruzione pubblica a tutti quelli che ne hanno il diritto e tutti, secondo la nostra Costituzione ne hanno il diritto, lo Stato che la impartisce vuole essere garantito a sua volta da una prova altisonante, che poi dà “valore legale” al titolo di studio che rilascia, che questa istruzione, che questa formazione siano avvenute. Se ha un senso l’esame di questi giorni cui i giovani devono sottostare è questo, è ancora questo. È a riconferma del ruolo Costituzionale dello Stato e dell’Istruzione che impartisce, che ci si deve sottoporre all’esame di maturità. E per quanto spetta a loro, i giovani diciannovenni, da sempre il loro ruolo lo svolgono e lo hanno svolto anche quest’anno. Studiano, si preparano, cercano di mostrare il meglio di loro, qualcuno cerca di barare, fanno insomma quello che si fa all’esame di maturità. Io, ero così convinto della sua maestosità che, quando l’ho fatta il mio, mi sono un po’ stupito che fosse andata. E lo Stato? Lo Stato sta svolgendo il suo ruolo? Misura? Certifica? Attesta? Garantisce?

Mi ha incuriosito un po’ uno degli acronimi (senza gli acronimi non ci sarebbe il Ministero della Pubblica Istruzione in Italia!) recentemente adottati il “PCTO”.

Ho sorvolato sulla reintroduzione della  tanto vituperata “tesina”, forse perché si è molto insistito sul fatto che è un “elaborato” concordato con i Docenti, non una  “tesina”, ma mi ha colpito l’insistere del Ministero sul suggerire che si debba, nel colloquio, che peraltro è tutto l’esame, di preferenza far dire cose sul vissuto personale del candidato, concernenti l’esperienza del Coronavirus. Tutto questo dà un taglio all’esame di racconto di esperienza di vita vissuta di cui l’adulto che valuta, non può che dire sì e fare cenni di assenso. Come a dire che se l’esame di maturità “more antiquo” era il parlare di cose che avevi apprese della cultura del tuo mondo e del tuo popolo, “cose” che sapevi o non sapevi, dando per scontato  che l’esperienza di vita era qualcosa della quale avresti potuto parlare a ragion veduta dopo, quando la vita saresti stato aiutato a viverla e valutarla, inquadrata  delle cose che sapevi, l’esame “more novo” di adesso, è una “prova”  per la  quale non devi sapere niente, è un discorso sulle emozioni, su ciò che ti ha colpito e interessato. Anche per questo il PCTO è inquietante. Della povera e sfortunata esperienza detta “scuola-lavoro” si è molto discusso, ragionato, criticato. Era stata messa in atto per ridurre di molto il monte delle ore di lezione curriculari e d’indirizzo, considerate, s’intuisce, inutili e troppe, a vantaggio di un primo rapporto privilegiato con il mondo del lavoro. Sembrava finita così, con una bocciatura, questa invenzione della “buona scuola”. Invece, coniando l’acronimo il PCTO, nel nuovo esame si prescrive di dedicare tempo del colloquio di maturità, secondo la collaudata modalità del “parliamone”, per accertare l’utilità e la valenza formativa e culturale di questo tipo di esperienza. Mi sembra il definitivo passaggio dall’inquietante e inibente “illustri il candidato…”,  al solidale, affettuoso e  accogliente  “parlaci un po’ dei contenuti, delle relazioni, delle  tue esperienze…”.

L’esame quindi sarà un monologo/colloquio di un’ora, che, se va bene e l’alunno possiede un’accettabile ricchezza lessicale, avrà l’aspetto comunicativo di un flusso di coscienza… atto a verificare?

Ma il Presidente del Consiglio, perché si sente in dovere anche quest’anno di fare gli auguri ai candidati? Non verificare le loro conoscenze non è un altro passaggio della loro condanna all’insignificanza?

Siamo proprio sicuri che  la Ministra della Pubblica Istruzione tifi per loro? Sicuri che della Scuola che hanno frequentato, degli obiettivi che ci si attendeva raggiungessero, il Presidente e la Ministra siano interessati? Che lo sia qualcuno, interessato?

Questa calamità della pandemia è arrivata, per la Scuola, appena al primo snodo. In fondo la Maturità riguarda una trance di alunni maggiorenni selezionati dalla Scuola stessa e dalla vita. Sarebbe stato difficile per tutti fare qualcosa di assolutamente diverso e portare a compimento  del tutto dignitosamente un anno scolastico cosi disastrato.

Ma l’idea di Scuola che traspare dalle linee di indirizzo pubblicate in questi giorni per l’apertura del prossimo anno scolastico mi fa insistere sulla domanda: ma siamo sicuri che la Politica e la Società siano interessate alla Scuola e all’Istruzione?

Severino, non Boezio, né  Emanuele 

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La maturità 2020 ultima modifica: 2020-06-27T08:53:56+02:00 da
Gilda Venezia

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