– Tra le novità che dovrebbero caratterizzare il nuovo esame di maturità a partire dal 2018, stando alle anticipazioni circolate in queste settimane, ci sarebbe anche la soppressione della cosiddetta ‘terza prova’. Una prova, a differenza delle prime due (italiano e materia caratterizzante, assegnate dal Ministero dell’istruzione), a carattere pluridisciplinare e predisposta localmente dalle singole commissioni.
La ‘terza prova’ fu inserita con queste caratteristiche nella legge di riforma n. 425 del 1997 per iniziativa dell’allora ministro Luigi Berlinguer, che anche per rendere più agevole l’approvazione della legge accolse una richiesta in tal senso proveniente dall’opposizione di centro-destra (la ratio fu la valorizzazione dell’autonomia delle singole scuole e dei consigli di classe nella gestione dei curricula).
La mediazione politica di Berlinguer non fu peraltro apprezzata da una parte dei pedagogisti e sociologi dell’educazione, che videro nella mancata previsione di una unica terza prova nazionale (diversa, ovviamente, per ciascuna tipologia di ‘maturità’) la rinuncia a un potente strumento di verifica comparativa dei livelli di apprendimento raggiunti dagli studenti.
Lo stesso Benedetto Vertecchi, allora presidente del CEDE (Centro Europeo dell’Educazione), e poi dell’Invalsi (Istituto Nazionale di Valutazione del sistema di istruzione e formazione), manifestò le sue riserve ironizzando sul modello di terza prova ‘localistico’ introdotto nella legge, che se non adeguatamente predisposto dalle commissioni avrebbe a suo avviso rischiato di assomigliare alla cena preparata dal francescano Frate Ginepro per i suoi confratelli: un intruglio improvvisato, con dentro “polli con le penne e uova col guscio”. Che comunque nel 2018 andrà in pensione. Rivincita di Vertecchi? Sì e no, come si spiega nella news successiva.
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