di Vincenzo Pascuzzi, qui non si banna! / Dossier: Scuole private, paritarie …/ Vaticanerie, 18.12.2019
– L’ideologia statalista ha affossato la scuola / Terrapiattisti: dove la scienza non arriva –
[Bugiardino. La bizzarra tesi del “gruppo di pressione pro-paritarie” che indica come totalitaria (“di regime”!) la scuola pubblica statale, mentre invece sarebbe libera e pluralista la scuola privata paritaria cattolica, regolata dalle norme del Vaticano (“monarchia assoluta” secondo papa Bergoglio) e della Cei, fa pensare alle “idee strampalate” dei terrappiattisti oltre che al proverbiale “bue che dice cornuto all’asino”. v.p.]
Scuola. Meglio lo Statalismo, il Pluralismo è pericoloso
La scuola libera e il pluralismo educativo oggi sono pericolosi, si incorre nel rischio di avere dei CITTADINI. L’unica spiegazione alla logica di uno statalismo imperante nella Scuola è quella di garantirsi dei SUDDITI…
Non trovo altra spiegazione
La chiusura della famosa scuola milanese “Vittoria Colonna” non si può paragonare né alla vendita di Pernigotti ai Turchi, né alla svendita, a pezzi, dell’Italia, dalla moda all’agro alimentare, dai brevetti ai borghi medievali. E’ molto peggio. Cerchiamo di capire.
di Suor Anna Monia Alfieri – 17 dicembre 2019
Le Figlie del Cuore di Maria sono a Milano, in via Conservatorio, dal 1896. Il Cardinale Andrea Carlo Ferrari considerò pastoralmente utile la presenza nella metropoli di una scuola cattolica che, senza avere esteriormente un aspetto confessionale, avrebbe elevato la cultura e il ben essere, anche spirituale, dei fedeli. Una scuola per crescere, come ascensore spirituale e sociale.
Dopo 123 anni Milano ha ancora bisogno di cultura e ben essere, …soprattutto spirituale, per i cittadini, ma il Colonna non sarà più là ad offrire questo servizio, nel frattempo – con la Legge 62/2000 – dichiarato pubblico dallo Stato. Una possibilità in meno per tutti, una scelta che non sarà più possibile a nessuno.
La scuola, in estrema sintesi, non riesce ad indebitarsi oltre per essere garanzia di pluralismo a fronte di uno Stato che considera la libertà di scelta educativa un lusso da far pagare alle famiglie. Dunque il gestore getta la spugna (Comunicato Stampa).
Sono passati 120 anni di scelta educativa, dal Nido al Liceo, da parte di Genitori che a Natale, ai loro figli (c’è chi ne ha cinque) regalano le scarpe e una educazione seria, il passaporto per il futuro. Generazioni intere sono state formate come solidi padri e madri di famiglia e anche come responsabili in aziende, in politica, nella società. Gente seria, contribuenti onesti, a volte anche credenti appassionati.
Negli ultimi 120 anni in Italia studiare era importante: ci si riscattava attraverso una cultura soda; la scuola era vista come ascensore sociale, come opportunità. Non c’erano scorciatoie da prendere, raccomandazioni che tenevano, non ci si poteva improvvisare “rottamatori”, “pifferai magici”, “pesci” di varie tipologie pensando di essere ascoltati, osannati, votati.
Dunque dopo 120 anni di storia, chiude un centro culturale, un polo educativo a Milano; ne chiudono quasi 400, di scuole paritarie, ogni anno in altrettanti contesti italiani che erano stati – e non saranno più – animati e migliorati.
Trecento famiglie devono fare i conti con un percorso educativo scelto, condiviso, che si interrompe, devono ricollocare altrove i figli come pacchi, rinunciando forse al pensiero libero e alla scelta ragionata.Non è servito, a queste famiglie, avere sogni di normalità e di bene per i propri figli, e neppure è servito pagare due volte la scelta del Colonna con le tasse (un allievo della scuola statale costa 10 mila euro annui) e contemporaneamente con le rette. Famiglie semplici, con una vita frugale, mamme indaffarate per il lavoro, ma che fanno i biscotti a santa Lucia per gli amici e che pensavano di aiutare la loro scuola con le tortine…. Fra qualche anno in Italia avremo la scuola pubblica statale per tutti, costosissima e inefficiente, e la scuola pubblica paritaria dalle rette over 7.000 euro annui, quella dei ricchi per i ricchi, che non soffre e non chiude. Avremo cosi realizzato l’ambizione statalista dell’Istruzione pubblica: una scuola unica e di regime per tutti e una scuola privata dei ricchi per i ricchi. Ecco servita l’ingiustizia: il ricco sceglie e il povero si accontenta.
E’ anche costosa, questa ingiustizia: 7 miliardi di euro all’anno per distruggere il pluralismo e impedire la libertà di scelta educativa prevista dalla Costituzione Italiana prima, e dalla Dichiarazione dei Diritti umani poi. A fronte di 10 mila euro annui per un allievo alla scuola statale mancano docenti formati e motivati, anche di sostegno, servizi mensa efficienti, imprese di pulizia serie, interventi di messa a norma e… la carta igienica, che magari c’è, ma sparisce misteriosamente. Per le pubbliche paritarie, che accolgono quasi un decimo della popolazione scolastica, il contribuente spende 500 euro annui per alunno, “senza oneri per lo Stato”, anzi, con un notevole vantaggio per l’erario e un danno enorme per il cittadino.
A 20 anni dalla legge sulla parità si ha il legittimo desiderio di essere smentiti dal Ministro di turno e di competenza sulle seguenti questioni:
- le scuole paritarie non sono un onere ma un vantaggio per lo Stato
- in una gravissima illogicità di sussidiarietà al contrario, le famiglie italiane finanziano i disavanzi del Ministero e dello Stato italiano scegliendo la paritaria
- lo Stato italiano preferisce spendere di più e male pur di ledere il pluralismo educativo. Le 300 famiglie del Vittoria Colonna – se trasferite in blocco alla scuola statale – costeranno all’imposizione fiscale euro 300 X 10.000 = 3.000.000. di euro annui più la somma che sino a ieri ha risparmiato di euro 2.000.000. Gestione oculata e attenta dei danari pubblici. La chiusura del Vittoria Colonna costa di tasse, se queste famiglie si riverseranno legittimamente nella scuola statale, 5milioni di euro nel 2020. Aumenteranno le tasse…fino all’80%?
- non si comprende la ragione di NON garantire un diritto riconosciuto dallo Stato spendendo miliardi di euro annui per perpetuare questa ingiustizia.
- chi ci guadagna da una cultura statalista della scuola che sembra indirizzarsi verso il monopolio? Di fatto nessuno…. Si abbassa il livello culturale, la coscienza critica, la capacità di argomentare. Si mette “il cervello all’ammasso”, come saggiamente dice il popolo…
In un recente convegno sull’autonomia e la libertà di scelta, la presidente del Senato Casellati ha affermato che “il diritto all’istruzione” da un lato “realizza il diritto fondamentale di libertà, dignità e autonomia del singolo individuo” e dall’altro “pone in essere le migliori condizioni perché ciascuno di noi contribuisca alla costruzione di una cittadinanza responsabile”. “Attraverso l’istruzione – ha osservato – formiamo le future generazioni, ma riusciamo anche a dare nuova linfa a quel patto sociale su cui si regge l’essenza stessa della nostra società”. E se “la Costituzione indica la via: sancisce i diritti, prescrive i doveri”, la presidente del Senato ha evidenziato che “è compito delle Istituzioni fare in modo che quei diritti vengano garantiti, che quei doveri siano assolti” (l’intervento).
Il rumore che fa la chiusura della scuola Vittoria Colonna, arrivi sino ai palazzi del ministero, dei ministri, del premier per chiedere loro di avviare rapidamente la soluzione: il costo standard di sostenibilità per allievo, orientato a far sì che la “libera scelta delle scuole da parte dei Genitori” non sia più un terreno di scontro ideologico tra partiti, ma sia la procedura trasparente ed efficace per allineare l’Italia ai Paesi civili più avanzati, dove tutte le famiglie, e quindi anche quelle povere, godano degli stessi diritti di accesso all’Istruzione Pubblica, che non può essere unicamente “statale”, pena il venir meno della libertà di scelta, in una pluralità di offerta formativa, espressa dalla Costituzione. Tale strumento metterebbe al centro del sistema lo studente, favorirebbe la libertà di scelta educativa da parte delle famiglie, creerebbe una positiva competitività tra le scuole migliorando la qualità didattica, e produrrebbe un notevole risparmio sulla spesa scolastica da parte dello Stato. Nell’immediato occorre riprendere i lavori del Gruppo di lavoro per la definizione dei costi standard per studente (Decreto ministeriale n.0000917 del 22/11/17). Il gruppo di lavoro, in carica per un triennio (2018-2019-2020), dopo il primo insediamento non ha ancora potuto operare. Il tema scuola, autonomia, parità e libertà di scelta educativa sono temi trasversali che necessitano di ricerca, studio, approfondimento, confronto scientifico e continuativo. Sic et simpliciter.
17/12/2019
Statalismo socialista: il lento assassinio delle scuole libere
Lo Stato vuole distruggere la libertà di scelta educativa e favorire una scuola unica e di regime.
Papa Francesco: “Il Vaticano? Non sia più una monarchia assoluta”
Papa Bergoglio assume un’altra posizione rivoluzionaria: “Lo Stato della Città del Vaticano come forma di governo, la Curia, quello che è, è l’ultima corte europea di una monarchia assoluta, l’ultima. Le altre sono ormai monarchie costituzionali. La corte si diluisce e qui ci sono ancora strutture di corte, che sono ciò che deve cadere”
L’ideologia statalista ha affossato la scuola
Insegnanti demotivati e declassati a “proletariato intellettuale”, studenti frustrati, personale addetto alla scuola pubblica insoddisfatto, distacco crescente tra docenti e studenti. Nel libro della Bussola scritto da Cominelli Scuola: rompere il muro fra aula e vita le analisi di una crisi che parte da lontano e le proposte per un rilancio.
di Ruben Razzante – 24-03-2017
Il disagio è diffuso ad ogni livello. Insegnanti demotivati e declassati a “proletariato intellettuale”, studenti frustrati, personale addetto alla scuola pubblica insoddisfatto, distacco crescente tra docenti e studenti. E’ un segno dei tempi, oltre che il frutto di una devastante ideologia statalista e di conseguenti scelte politiche sbagliate. La scuola come siamo stati abituati a pensarla sta tramontando. S’intravvede all’orizzonte la destatalizzazione delle istituzioni educative e il loro scioglimento nelle nuove reti educative-cognitive. Da ciò deriva la necessità di restituire ai genitori degli alunni e agli studenti il loro diritto di scegliere dove e come soddisfare la loro domanda di servizi educativi.
E’ questa la tesi di fondo dell’interessante volume dal titolo “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, scritto da Giovanni Cominelli per la collana “I libri della Bussola. Sapere per capire”. Definire il costo-standard per alunno e trasformarlo in bonus, che le famiglie hanno diritto di spendere nella scuola che scelgono: pubblico-statale, pubblico-paritaria, privata. Questa è la strada più virtuosa secondo l’autore, che tuttavia mette lucidamente in evidenza i persistenti grumi ideologici in campo educativo destinati a rendere più difficoltoso il percorso. In particolare gli enormi interessi neocorporativi che ruotano attorno ai sindacati dei dipendenti della scuola pubblica statale e i retaggi culturali dell’anti-aziendalizzazione, dell’egualitarismo burocratico e pauperistico e dell’assemblearismo.
A tal proposito, bene fa Cominelli ad evidenziare, al termine di una snella ricostruzione storica della legislazione scolastica dal Regno di Sardegna ad oggi, lo scarto tra il testo iniziale della “Buona Scuola” di Renzi (autunno 2014), animato da un moderato ma sincero slancio riformatore, e il testo definitivamente approvato nel luglio 2015 (legge n.107/2015), che si rimangia gran parte delle intuizioni iniziali in materia di autonomia e di valorizzazione delle risorse umane e finanziarie per appiattirsi su posizioni stataliste, tendenti a considerare ogni tentativo di aziendalizzazione dell’azienda pubblica come un’azione di spietato killeraggio. “Proporre autonomia, potere del dirigente, valutazione, merito, donazione liberale – si legge nel volume – significa per una diffusissima vulgata distruggere la scuola pubblica. (…) Pertanto, l’autonomia o è mero decentramento funzionale dell’apparato centrale del Ministero oppure rischia di consegnarsi alle cattive pulsioni egoistiche della società civile. La quale, appunto, ha bisogno di essere hegelianamente disciplinata dallo Stato. Insomma: la scuola è un pezzo dell’Amministrazione dello Stato, non un’istituzione della società civile”.
La riforma della “Buona Scuola” non è neppure immune da un approccio socialcomunista di spiccata intonazione pauperistica, laddove si traduce in un livellamento verso il basso tendente a riconoscere a tutti lo stesso merito, né dal virus dell’assemblearismo, laddove demonizza il “preside-sceriffo” per poi perpetuare il vecchio schema del collegio docenti che decide tutto ma che poi in realtà non decide nulla perché paralizzato dal gioco dei veti incrociati e appesantito dagli automatismi del sistema amministrativo e delle rappresentanze sindacali unitarie.
Ma Cominelli non si ferma alla pars destruens. La seconda parte del suo scritto prefigura nuovi scenari educativi a partire da quelli delineati per il sistema educativo euro-atlantico nel gennaio 2003 al Forum del Consiglio dell’International Bureau of Education da David Instance, analista senior del Center for Educational Research and Innovation, organismo di ricerca dell’Ocse.
Per quanto riguarda l’Italia, l’architettura del sistema di istruzione ed educazione deve poggiare su quattro pilastri: il sapere curriculare, l’ordinamento, l’assetto istituzionale e amministrativo, il personale. In sintesi, nella visione di Cominelli ci sono molte novità: non più percorsi formativi uguali per tutti e basati su classi d’età, ma piani di studio personalizzati e fondati sui gruppi di livello; non più rigida ripartizione degli indirizzi delle scuole superiori ma maggiore flessibilità in funzione dell’accesso alle professioni; autonomia didattica per spezzare la parcellizzazione fordista delle discipline e dei tempi; abolizione del collegio docenti e introduzione di dipartimenti-laboratori e di un Consiglio d’amministrazione che prende le decisioni fondamentali e assume il dirigente e gli insegnanti; definizione di un sillabo delle competenze-chiave del docente e di uno stato giuridico del docente suddiviso in tre livelli di carriera (iniziale, ordinario, esperto); nuove forme di assunzione per docenti e dirigenti. Solo così sarà possibile, secondo l’autore, salvare la scuola italiana dall’incalzante sciagurata deriva.
Scuola e Costituzione (Piero Calamandrei, 1950)
La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti. La scuola è l’espressione di un altro articolo della Costituzione: dell’art. 3: “Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali”.
Il veleno che intossica la scuola? Lo statalismo
L’argomento forte che gli statalisti usano per giustificare la riduzione della scuola a scuola di Stato è l’eguaglianza. La scuola – dicono – è pubblica e lo Stato deve garantire a tutti il diritto allo studio e rimuovere le differenze economiche e sociali tra chi può e chi non può in modo che tutti possano in modo eguale. Ma è un argomento che fallisce proprio là dove crede di riuscire.
Terrapiattisti: dove la scienza non arriva
Siamo stati al convegno dei terrapiattisti italiani a Milano: un festival delle idee strampalate, dagli aerei che vanno ad aria compressa a Lucifero e fino al Sole, che sarebbe a 5.000 km da noi.
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