Categorie: BullismoSentenze

Molestie inflitte a scuola ai danni di un compagno sono stalking

Altalex, 30.7.2018

Cassazione penale, sez. V, sentenza 11/06/2018 n° 26595

La Cassazione penale, con la sentenza 11 giugno 2018, n. 26595, si è occupata, tra le varie questioni, della qualificabilità, come stalking “scolastico”, delle condotte poste in essere dagli imputati durante l’intero anno scolastico ai danni di un loro compagno.

La Corte ha, inoltre, stabilito essere legittima la contestazione suppletiva di fatti nuovi, effettuata nel corso del dibattimento, che integrino circostanze e reati connessi ex art. 12, comma 1, lett. B c.p.p. a quelli originariamente contestati anche se emergono da un semplice approfondimento di quanto era già noto nella fase delle indagini.

Ha, infine, stabilito che lividi ed ematomi devono considerarsi “malattia” e per questa ragione sono idonei ad integrare l’evento lesivo previsto dall’ipotesi di cui all’art. 582 c.p.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen., sez. II, n. 3192/2009;
Cass. pen., sez. III, n. 6153/1994;
Cass. pen., sez. III, n. 6443/1998;
Cass. pen., sez. VI, n. 10289/2014;
Cass. pen., sez. V, n. 11933/2005;
Cass. pen., sez. V, n. 3608/1996;
Cass. pen., sez. VI, n. 10986/2010;
Cass. pen. sez. V, n. 43763/2010;
Cass. pen., sez. III, n. 23055/2013;
Cass. pen., sez. IV, n. 24172/2013.
Difformi Non si rinvengono precedenti

Il fatto

La Corte d’Appello di Catania, sezione penale minori, con sentenza del 27 gennaio 2017 confermava la sentenza di condanna, emessa dal Tribunale per i minorenni, per i reati di lesioni personali aggravate, percosse e atti persecutori (stalking) realizzati tutti nei confronti di un minore.

Il ricorso

Sono sostanzialmente quattro le censure, mosse con due distinti ricorsi, affrontate dalla V sezione della Suprema Corte di Cassazione: la prima, di natura squisitamente processuale, legata alla possibilità del requirente di contestare all’imputato, senza il suo consenso e nel corso dell’istruttoria dibattimentale, circostanze aggravanti ovvero un fatto connesso a quelli già contestati nel decreto che dispone il giudizio; la seconda volta a censurare le valutazioni di merito sull’attendibilità dei testimoni; mentre la terza attiene alla corretta qualificazione del reato di lesioni personali nel caso in cui la persona offesa abbia patito semplici lividi ed ematomi come conseguenza della condotta lesiva; infine, l’ultima, sull’opportunità di concedere le circostanze attenuanti generiche agli imputati.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto entrambi i ricorsi inammissibili.

Quanto al primo motivo, la Corte ha affermato che, contrariamente a quanto rilevato dall’imputato, al caso in esame vada applicata la disciplina prevista dall’art. 517 c.p.p. e non quella dettata dall’art. 518 c.p.p. Invero, la contestazione suppletiva effettuata nel corso dell’istruttoria dibattimentale di primo grado dal p.m. ha avuto ad oggetto le circostanze aggravanti previste dagli artt. 585 e 61, n. 11 ter c.p., nonché il delitto di cui all’art. 612 bis c.p., concorrente ex art. 12 lett. b) c.p.p. con i reati originariamente per medesimezza del disegno criminoso.

In tali ipotesi va esclusa la procedura prevista dall’art. 518 c.p.p. per la contestazione del fatto nuovo, non è quindi necessaria l’autorizzazione del Presidente né il consenso dell’imputato, essendo sufficiente un rapporto di connessione con il reato contestato in via principale, da valutare al momento in cui viene formulata l’ipotesi d’accusa e da sottoporre al vaglio del giudizio al pari della contestazione principale (Cass. pen., sez. III, n. 6153/1994).

La Corte aggiunge, inoltre, che la contestazione della circostanza aggravante e/o del reato concorrente è consentita anche sulla base di elementi già raccolti nella fase delle indagini. Il principio di diritto appena citato non è altro se non la conferma di un consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di “fatto nuovo”.

La nuova contestazione in Giudizio è un potere esclusivo del pubblico ministero che, dovendo vigilare sull’adeguatezza dell’imputazione rispetto alle risultanze dibattimentali, procede ai necessari adattamenti, non incontrando alcun limite temporale. Se così non fosse, infatti, il procedimento ne uscirebbe compromesso, retrocedendo alla fase delle indagini preliminari in caso di contestazione di reato concorrente, o rimanendo irrimediabilmente pregiudicato in caso di mancata contestazione di circostanza aggravante, non suscettibile di formare oggetto di un nuovo e autonomo giudizio penale (Cass. pen., sez. II, n. 3192/2009).

I morivi di ricorso rivolti alle valutazioni delle prove testimoniali sono stati giudicati dalla Suprema Corte “generici e di natura eminentemente fattuale”, riproponendo, a detta della Corte, una mera rivalutazione delle risultanze processuali, operata, peraltro, già dal giudice di secondo grado e non consentita in sede di legittimità.

Una breve precisazione è stata comunque riservata, al reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. contestato da entrambi gli imputati. I Giudici di Piazza Cavour hanno sottolineato come gli atti persecutori possano legittimamente essere integrati della quella pluralità di condotte vessatorie descritte in sentenza e poste in essere dagli imputati durante l’intero anno scolastico, che hanno determinando un’evidente alterazione delle condizioni di vita del minore tali da costringerlo ad interrompere la frequenza scolastica ed infine ad abbandonare la scuola.

Quanto invece al terzo motivo di ricorso riferito alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di percosse ex art. 581 c.p., la Corte di Legittimità ha evidenziato la puntualità della motivazione del Giudice di seconde cure sull’idoneità di lividi ed ematomi ad integrare il reato di lesioni volontarie.

Infatti, la Suprema Corte ha in più occasioni affermato che lividi ed ematomi sono “alterazioni che, com’è noto, richiedono un processo di reintegrazioni, anche di breve durata, devono considerarsi “malattia”, ai sensi e per gli effetti dell’art. 582 c.p.” (Cass. pen., sez. VI, n. 10986/2010).

Infine, anche il motivo sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato.

Posto, infatti, che la ratio della previsione normativa di cui all’art. 62 bis c.p. è quella di consentire al giudice un adeguamento della sanzione prevista dalla legge in senso più favorevole al reo, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto, non può mai darsi per scontata o per presunta la sua meritevolezza. Nel caso in esame l’organo giudicante non ha rinvenuto elementi da valutare positivamente ai fini della concessione delle suddette attenuanti. Anzi, ha rilevato non solo la presenza di un precedente penale a carico di uno degli imputati, idoneo già di per sé ad escluderne la concessione, ma ha anche ravvisato l’assenza di un processo di maturazione e rivisitazione critica da parte di entrambi gli imputati.

Per queste ragioni la Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi.

La decisione in sintesi

Esito del ricorso:
dichiara inammissibile il ricorso.

Riferimenti normativi:

(Altalex, 30 luglio 2018. Nota di Pierfranco Peano tratta da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer)

Molestie inflitte a scuola ai danni di un compagno sono stalking ultima modifica: 2018-07-30T07:24:47+02:00 da
Gilda Venezia

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