di Corrado Zunino, la Repubblica, 6.10.2020.
Il mondo della scienza critico con la diffusione dei dati del ministero dell’Istruzione. Il professor Bucci, biologo e studioso di comunicazione scientifica: “Con evidenze di sole due settimane non possiamo sapere chi si è ammalato a scuola e chi a una festa”. I fisici divulgatori Sestili e Luchetta: “La ministra Azzolina fa propaganda”.
ROMA – I dati offerti alla platea preoccupata dalla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina – dal 14 al 26 settembre scorsi gli studenti risultati positivi sono stati lo 0,021 per cento, i docenti lo 0,047, gli amministrativi lo 0,059 – destano dubbi. Alcuni docenti hanno fatto notare che nello stesso periodo, dal 14 al 26 settembre, in Italia ci sono stati 20.355 contagiati, pari allo 0,034 per cento della popolazione. I dati della popolazione tutta, come si vede, sono quindi in linea con quelli della popolazione scolastica: un po’ più alte della media le percentuali degli studenti, un po’ più basse quelle di docenti e personale Ata. Difficile, partendo da qui, “dedurre che la scuola non è parte del problema del contagio”.
Ancora, quello 0,021 per cento al 26 settembre – che vuol dire due studenti positivi ogni diecimila testati -, se attualizzato seguendo gli studi di Nicoletta-Ruffino, oggi diventa un numero due volte e mezzo più alto (lo 0,052 per cento, cinque studenti ogni diecimila). Con lo stesso ragionamento gli istituti scolastici coinvolti da almeno un contagio oggi sarebbero 2.800-2.900, ovvero un terzo degli 8.868 totali (il 9,2 per cento se si dividono i positivi, invece, per i 40.151 plessi scolastici delle singole scuole). “Come si può dedurre da questi dati che il mondo dell’istruzione non è parte del problema contagio?”, è sempre la domanda della platea consapevole.
Enrico Bucci è un biologo di spesso curriculum – professore alla Temple University di Philadelphia – che ha fondato un’azienda dedicata all’analisi dei dati scientifici e in periodo di lockdown è diventato voce ascoltata proprio sull’interpretazione dei numeri pubblici. Contattato da Repubblica sulla questione “percentuali di positivi a scuola”, dice: “Dopo due settimane non si può parlare di effetto né negativo né positivo, semplicemente non si può parlare di nulla. Il periodo di osservazione è così breve che non c’è fisicamente il tempo per trarre delle conclusioni. La ministra ha fatto un azzardo, anzi, ha detto una cosa senza senso. La popolazione studentesca è una parte della società che si comporta come la popolazione nel suo insieme, nessuno oggi è in grado di dire se quei positivi si sono ammalati a scuola o all’esterno. Il ministero, tra l’altro, ci offre numeri senza dirci come li ha messi insieme dal punto di vista metodologico. Per avere risultati validi sul piano scientifico bisogna testare gli insegnanti, o gli studenti, vedere quanti sono positivi e osservare se, rispetto ai nuovi positivi totali, nel tempo la frazione cresce. Dentro il campione offerto dalla ministra, invece, c’è di tutto e, così, non possiamo sapere chi si è ammalato a scuola e chi a una festa. E’ probabile che le misure prese negli istituti scolastici servano davvero e possano essere applicate con successo, ma rivenderle in questo modo non serve a capire né a costruire politiche anti-Covid”.