di Orsola Riva, Il Corriere della Sera 26.9.2015.
Le prove standardizzate, pietra portante del sistema educativo americano,
sono sempre più contestate da genitori, ragazzi e prof. La sponda di Obama
L’inizio è un colpo di teatro folgorante. Potus, acronimo per President of the United States, che fa un pop quiz su Twitter per genitori e prof. Ma come? Il presidente degli Stati Uniti, il democratico Barack Obama, si è fissato pure lui con i test standardizzati tanto in voga in America? Una cosa per volta. Partiamo dalla domanda. Se i vostri ragazzi avessero più tempo libero a scuola, come vorreste che lo impiegassero?, chiede Obama. Seguono le risposte «multiple choice». A) Imparando a suonare uno strumento musicale B) Studiando una nuova lingua C) Facendo coding, cioè programmazione informatica (un insegnamento di cui Obama è convinto sostenitore in quanto promuove un approccio non passivo ma autenticamente interattivo alle nuove tecnologie, ndr) D) E qui il presidente scandisce lentamente le parole, una sillaba dopo l’altra, e il tono si fa improvvisamente annoiato: «Facendo-più-test-stan-dar-diz-zati». «Se voi siete come la maggior parte dei prof e dei genitori americani – conclude il presidente – non sceglierete la risposta D. E – colpo di scena annunciato – nemmeno io».
Il movimento anti-test
Le prove standardizzate, pietra portante del sistema scolastico americano, sono sempre più contestate sia dai ragazzi che da genitori e insegnanti. Ed è abbastanza paradossale pensare che mentre nelle scuole italiane approdavano tardivamente – e non senza fatica – le prove Invalsi, nella «casa madre» dei test era già partito da tempo un acceso dibattito sulla loro reale efficacia. In America gli episodi di boicottaggio si sono talmente moltiplicati negli ultimi tempi da prendere la forma di un movimento di disobbedienza civile vero e proprio, diffuso ormai in una buona metà degli Stati americani. Parola d’ordine: «Opt Out», chiamarsi fuori dai test. Solo a New York la primavera scorsa quasi 200 mila studenti (il 15 per cento del totale) hanno boicottato le prove. Obama non può certo predicare la disobbedienza civile, ma il suo messaggio su Twitter offre al movimento una sponda istituzionale insperata e fortissima. Come presidente, naturalmente, Obama riconosce che sia giusto voler sapere come procedono negli studi i propri figli e poter «misurare» i progressi fatti. Perciò un uso moderato dei test va difeso. Ma solo se serve ad aiutare i ragazzi a migliorare. «Mentre invece – aggiunge – oggi molti genitori sono preoccupati dai troppi test a cui i loro figli sono sottoposti. E pure gli insegnanti, dice, sono così pressati dai quiz che perdono la gioia di insegnare».
La scelta di Barack
Ed è per questo che, con un repentino cambio di tono, papà Obama, da presidente degli Stati Uniti qual è, soggiunge: «I wanna fix that: voglio sistemare questa cosa. Ho chiesto al ministero della Educazione di intervenire aggressivamente sui distretti scolastici per essere certi che ogni singolo test che viene effettuato nelle nostre classi sia davvero necessario». Utile, e non d’ostacolo ai ragazzi e ai loro insegnanti. Soprattutto Obama ci tiene a sottolineare che questi quiz sono solo uno degli strumenti di misurazione possibili: in un sistema convintamente meritocratico come quello americano, nessuno si sogna di contestare l’importanza della valutazione, tanto meno il presidente, ma il fatto è che la valutazione deve articolarsi su osservazioni di più ampio respiro – osserva ancora Potus -, a tutto tondo. Una tesi condivisa in Italia anche dalla presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello che in un’intervista al Corriere ha detto che sarebbe assurdo usare i test di elementari medie e superiori come criterio per la scelta della scuola migliore per i propri figli: le prove Invalsi sono solo una delle tante variabili che insieme al contesto socio-economico, alle dotazioni scolastiche (dalle palestre ai laboratori), al collegio docenti ecc., determina la «bontà» o meno di una scuola. E lo stesso pensa Obama: l’insegnamento è molto più che compilare una casella. «Per questo – conclude – lavoreremo con le scuole, con gli insegnanti e con i genitori per liberarci dall’ossessione dei test e fare in modo che i nostri ragazzi si divertano a imparare. Per essere certi che vadano incontro a un futuro di successo».