Fabrizio Reberschegg, dalla Gilda degli insegnanti di Venezia, 17.2.2022.
Resta la Fornero. Ma il mestiere di insegnante è logorante in particolare in quelle situazioni caratterizzate da disagio sociale diffuso, dispersione scolastica e da povertà culturale. Bisogna introdurre un part-time in classe negli ultimi anni prima della pensione.
L’incontro governo sindacati confederali sul tema delle pensioni ha confermato la volontà dell’esecutivo di mantenere il dettato della Legge Fornero come punto di riferimento. Le richieste sindacali di legare l’uscita in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi indipendentemente dall’età sono state bocciate perché troppo impattanti sul bilancio dello Stato e sulla tenuta del sistema INPS. L’unica “apertura” del governo per un anticipo dell’uscita dal lavoro prima dell’età di vecchiaia introdotta dalla riforma Fornero (67 anni) è legata all’accettazione del ricalcolo contributivo degli emolumenti pensionistici. In pratica un lavoratore dovrebbe accettare di decurtare di almeno il 30% l’assegno pensionistico in cambio dell’anticipo, una situazione oggettivamente inaccettabile per i sindacati e per i tantissimi che non possono permettersi di perdere una parte così importante dell’assegno. Una sorta di “opzione donna” allargata..
In merito alla specifica situazione dei docenti della scuola nessuno ha aperto bocca. Tutti si sono preoccupati nel recente passato del progressivo invecchiamento della classe dei docenti e delle ricadute possibili in termini di innovazione didattica e nuove pratiche di insegnamento.
Tra il dire e il fare c’è sempre un abisso quando si toccano problemi così delicati e complessi. Tralasciando il fatto che si può facilmente contestare che le pratiche innovative della didattica siano più confacenti ai “giovani” e che tali pratiche siano realmente efficaci (non sembra così dopo anni di riforme “innovative”.), è evidente che il mestiere di insegnante è logorante in particolare in quelle situazioni caratterizzate da disagio sociale diffuso, dispersione scolastica e da povertà culturale. Provate voi a lavorare in un istituto professionale con classi da 27-30 allievi con presenza di diversamente abili, BES, stranieri non pienamente in grado di avere padronanza della lingua italiana.
Non serve far credere che solo in alcuni territori ci siano questi problemi. I giornalisti, che evidentemente pensano ai loro figli liceali nei centri cittadini, continuano a citare Scampia, quartiere Zen, i bassi napoletani, ma le difficoltà sociali, economiche e culturali sono diffuse in tutto il territorio nazionale. La condizione lavorativa e professionale dei docenti si è progressivamente degradata senza alcun riconoscimento sociale ed economico.
Le proposte di introdurre almeno la possibilità volontaria di usufruire di un part-time in classe negli ultimi anni prima della pensione non sono mai state prese in considerazione dai grandi sindacati e dal governo. Sarebbe un part-time cui corrisponderebbe l’impegno dei docenti per le ore rimanenti di essere impiegati in tutoraggi, progetti, funzioni di organizzazione della didattica. L’esperienza professionale sarebbe così valorizzata a favore di tutta la scuola e per favorire il turn over dei docenti che sarà ancora massiccio nei prossimi anni. Ma è una proposta di troppo buon senso e soprattutto “costa”.
Gli interventi sui docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria con l’APE sociale sono pannicelli caldi temporanei e privi di una visione di sistema, ma sarebbe già da ora discutere sul problema dei giovani docenti che, assunti dopo i 1 gennaio 1996, avranno un assegno pensionistico calcolato totalmente sul contributivo e che rischiano di andare in pensione a 70 anni con pensioni ridicole.
Anche per questo è necessario che si aumentino fin da ora in maniera significativa gli stipendi dei docenti e si restituisca l’anno 2013 ancora bloccato per la progressione di carriera.
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PENSIONI: buio totale sulle possibilità di riforma ultima modifica: 2022-02-17T14:44:05+01:00 da