Perché i docenti dicono NO alla chiamata diretta nelle scuole

 

di Anna Angelucci, MicroMega, 5.7.2017

–  In seguito al recente accordo sulla mobilità e sull’assegnazione dei docenti alle scuole, il MIUR chiede che tutti i collegi dei docenti individuino alcuni requisiti, su proposta del dirigente scolastico, tra quelli elencati nel ‘quadro nazionale’, affinchè i presidi possano poi procedere alla scelta dei nuovi docenti attraverso un esame comparativo ‘oggettivo’. Sembrerebbe giusto ma non lo è. Sembrerebbe una pratica di sensata condivisione tra dirigenti e organi collegiali rispetto alla nomina dei futuri colleghi ma non lo è.
Mentre è molto di più di quello che sembra: una questione importante oggi non solo per ogni singola scuola d’Italia, ma dirimente per la configurazione futura della nostra professione docente e dunque per il volto che assumerà la scuola di domani. Un problema di tutti e non solo degli insegnanti.
Leggiamo attentamente il documento firmato dalle OO.SS che siedono al tavolo delle trattative e che appaiono del tutto incapaci di arginare la demolizione, pezzo per pezzo, della scuola italiana.
E’ un documento originale. Sono solo 3 pagine. Basta uno sguardo, vi si troverà un lapsus calami assai significativo (pag 1, punto 4), che, da solo, suscita moltissime preoccupazioni.
Indica un elenco di requisiti cui attingere per identificare gli insegnanti più adatti in ogni singola scuola. Quali requisiti prediligere? Sono tutti auspicabili e tutti importanti, nessuno meno di un altro. E già solo questo rende difficile una selezione. Ma non basta. Guardiamoci intorno. Nelle scuole i docenti posseggono questi requisiti? Qualcuno sì, qualcun altro no. Qualcuno ne possiede più d’uno, qualcuno nessuno; qualcuno ne possiede altri, non presenti nell’elenco proposto dal Miur. Un esempio? Una seconda laurea o un master o un dottorato in discipline non affini a quelle d’insegnamento; oppure essere entrato in ruolo avendo vinto uno o più concorsi nazionali, anche in classi di concorso diverse da quella che si è scelta. Oppure, avere rapporti di collaborazione di insegnamento e/o ricerca con l’Università, evidentemente non considerata dal Miur attività significativa e qualificante.
E l’esperienza? Non compare. Ma siamo sicuri che non sia un requisito importante? Quanto abbiamo imparato insegnando? Io, personalmente, tantissimo. Quando ho iniziato ero una giovanissima supplente terrorizzata, rigidissima e severissima, preoccupata solo di difendermi dagli studenti, priva di qualunque strumento psicopedagogico e didattico. E il confronto con i colleghi più grandi e più esperti, formale e informale ma mai ‘burocratico’, è stato per me importantissimo, sotto il profilo personale e professionale.
Potrei continuare anche su altri piani. Potrei dire che la ‘chiamata diretta’ nelle 8000 scuole d’Italia – con o senza la condivisione dei collegi dei docenti – può essere (e sarà) foriera di ingiustizie; può essere (e sarà) legata a criteri discrezionali i più disparati; può essere (e sarà) la fotocopia di quanto accade nei ruoli apicali di tante istituzioni pubbliche o negli ambienti privati, in cui spoils system e raccomandazioni costituiscono l’unico, vero ‘requisito’ di assunzione; può essere (e sarà) non sempre e non ovunque in grado di rispettare “il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione” (art. 97 della Costituzione italiana); può essere (e sarà) lesiva della nostra libertà d’insegnamento; può essere (e sarà) un pericoloso strumento di cooptazione e controllo, di pensiero acritico e conformista. Che gli studenti osserveranno e introietteranno.
Potrei dire, infine, che nessun curriculum e nessun elenco di requisiti può garantire la qualità del lavoro di un docente, indipendentemente da questo o quel Rapporto di autovalutazione, da questo o quel Piano dell’offerta formativa, da questo o quel dirigente scolastico. Che è fatta di conoscenze disciplinari ma anche di capacità relazionali; che è fatta di empatia, equilibrio, serenità, serietà e disponibilità; che è fatta di intuizione, osservazione e ragionamento; di studio costante; di critica e autocritica, di valutazione e autovalutazione; che è fatta di esperienza e di emergenza, di progettualità e di improvvisazione. E che è fatta di mille altre cose ancora, e che non è mai definitivamente data ma è precaria e intermittente perché noi insegnanti siamo – ancora – esseri umani, imperfetti e in divenire.
Sarebbe facile liquidare questa faccenda indicando due o tre dei requisiti previsti per chiudere rapidamente l’ultimo collegio dei docenti di quest’anno. Ma sarebbe un drammatico errore. Per questo, sappiatelo, tanti docenti dicono NO alla chiamata diretta nelle scuole.

Testo apparso anche su Micromega

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Perché i docenti dicono NO alla chiamata diretta nelle scuole ultima modifica: 2017-07-05T21:57:18+02:00 da
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