Permessi retribuiti per motivi personali, il Ds non può chiedere dettagli al docente

di Fabrizio De Angelis,  La Tecnica della scuola, 15.2.2019

– Ancora una volta un lettore ci contatta per sapere se il comportamento del proprio Ds al momento della richiesta di un permesso sia legittimo. Una docente di Como ci spiega che per prendere un permesso retribuito per motivi personali deve dare spiegazioni molto dettagliate al preside. Cerchiamo di capire cosa è legittimo e cosa non lo è.

Permessi devono essere documentati con autocertificazione

E’ vero che al momento della richiesta è necessario esplicitare alcune cose.

Intanto è bene ricordare che i permessi retribuiti per quanto riguarda i docenti, ai sensi dell’art.15, comma 2, del CCNL scuola 2006/2009, sono un diritto contrattuale e possono essere fruiti fino a un massimo di nove giorni ad anno scolastico. Tali disposizioni sono rimaste inalterate nel nuovo CCNL.

Inoltre, “il dipendente, ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi e con le stesse modalità, vengono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all’art. 13, comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”.

Pertanto è giusto fornire una motivazione, anche mediante autocertificazione. Lo ribadisce anche l’ARAN, che tramite uno degli orientamenti riferisce proprio che il dipendente è tenuto a fornire una motivazione, personale o familiare, che deve rappresentare il presupposto giustificativo del permesso e che la disposizione contrattuale stabilisce altresì che la stessa deve essere documentata, anche mediante autocertificazione del dipendente interessato.

Illegittimo chiedere dettagli sulle motivazioni

Altra cosa invece è chiedere nel dettaglio i motivi che stanno dietro la richiesta del permesso. Infatti, in ogni caso, i motivi addotti dal lavoratore non sono soggetti alla valutazione del dirigente scolastico.

La clausola prevede genericamente che tali permessi possono essere fruiti “per motivi personali e familiari” consentendo, quindi, a ciascun dipendente, di individuare le situazioni soggettive o le esigenze di carattere personale o familiare ritenute più opportune ai fini del ricorso a tale particolare tutela contrattuale.

E quindi, non essendo la valutazione del Ds contemplata, il dipendente non deve fornire spiegazioni dettagliate al proprio dirigente.

Gli altri permessi retribuiti

Il docente con contratto di lavoro a tempo indeterminato, ha diritto, sulla base di idonea documentazione anche autocertificata, a permessi retribuiti per i seguenti casi:

  • partecipazione a concorsi od esami: gg. 8 complessivi per anno scolastico, ivi compresi quelli eventualmente richiesti per il viaggio;
  • lutti per perdita del coniuge, di parenti entro il secondo grado, di soggetto componente la famiglia anagrafica o comunque convivente e di affini di primo grado: gg. 3 per evento.
  • Il diritto ad un permesso retribuito di quindici giorni consecutivi in occasione del matrimonio, con decorrenza indicata dal dipendente medesimo ma comunque fruibili da una settimana prima a due mesi successivi al matrimonio stesso.
  • I permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 10412 sono retribuiti come previsto dall’art. 2, comma 3 ter, del decreto legge 27 agosto 1993, n. 32413, convertito dalla legge 27 ottobre 1993 n. 423, e non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi né riducono le ferie; essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti.

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Permessi retribuiti per motivi personali, il Ds non può chiedere dettagli al docente ultima modifica: 2019-02-16T06:07:45+01:00 da
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